Sessantottino (ma non troppo), ingenuo. Molto più curioso che bello. La parte politica è uno spunto iniziale, che fa poi capolino con slogan e modi superati, quasi patetici nella loro (odierna) assurdità. Prevale la vicenda del "ménage à trois", con la Medici che in 10', a Bologna, si fa prima Noury e poi Lovelock e dopo se li fa insieme, a... Montecchio Maggiore (chissà se il gioco di parole fu volontario!). Balza agli occhi una certa improvvisazione, causata anche dall'inadeguatezza attoriale di reggere una trama già non di ferro. Bella la Medici. Si vede pure il cinema Odeon di Bologna...
Un bellissimo film e per nulla melodrammatico, che descrive ed esprime in maniera intatta e integra molte delle sensazioni presenti nei giovani, senza vergogna di scandagliare nel loro animo più recondito. Attori abbelliti e scenari selezionati con criterio, il film non ha pecche, non sfocia mai nel patetico e non cala. Dovendomi però trovare davanti alla biforcazione finale, umanamente son più dalla parte di Noury che da quella della Medici.
MEMORABILE: Non male neanche il personaggio dell'operaia.
Il finale, considerato l'inizio, è prevedibile, ma forse si poteva fare comunque qualcosa di più. Le intenzioni del regista sono buone ed è soprendente la recitazione dei tre giovani attori, purtroppo storie così, viste dai giovani d'oggi, risultano inguardabili. Io l'ho trovato in alcune cose grazioso, ma non mi ha coinvolto molto e la sceneggiatura è troppo vuota. Niente male il comparto musicale. La Medici è sicuramente controfigurata (quantomeno nel seno)...
Grande successo internazionale per questa pellicola basata su una storia vera. Avrei invertito i ruoli ai due attori per una propensione maggiore verso i rispettivi personaggi ma, detto questo, trattasi di una bella perla del cinema italiano. Il triangolo no, non lo avevo considerato, in un'ambientazione sessantottina, tra movimenti studenteschi e sentimenti difficili da gestire. Qualche remora sul finale, ma realistico al cento per cento. Ottima anche la scelta delle location.
Melodramma sessantottino che lascia subito cadere le tematiche contestatarie per concentrarsi sull'impossibile menage a trois fra Lovelock, la Medici e Noury. Impossibile anche perchè solo così il film poteva, nel 1969, sperare di uscire indenne dalle forche caudine della censura. Capogna si destreggia con un budget all'osso, ma l'indubbia cura formale non riesce a mascherare la povertà della sceneggiatura, spesso disturbata da personaggi inattendibili, come la prostituta-operaia. Insopportabili i due maschietti, bellissima (e basta) la Medici.
MEMORABILE: La quantità industriale di sigarette fumate dai tre protagonisti.
Ménage à trois consensuale delimita la carenza di affetti comunicata dalla voce flebile e sommessa di Lovelock e dalle sue crisi emotive. Pregevole la fotografia d’atmosfera – l’uggioso interludio riminese anticipa Zurlini - e uso sapiente della colonna sonora in cui si alternano indomito rock e malinconiche sinfonie classiche. I tre giovani attori se la cavano, ma si avverte il loro divario con la veterana Cosetta Greco, prostituta-operaia bella, saggia e rassicurante che appaga i sensi (a questi provvede anche la Medici) e l’animo. Solo sullo sfondo le contestazioni studentesche del ‘68.
MEMORABILE: La Medici alle esequie di Lovelock: «L’hanno lasciato fuori come un parente povero di cui ci si vergogna».
Ménage à trois alla bolognese (ma con qualche trasferta) con tocchi decadenti, un film piccolo piccolo che sta in piedi grazie all'elegante confezione. Brava la Medici, così così Noury, Lovelock davvero mediocre (come lui stesso ammetterà), intreccio banale ma nemmeno malvagio, anche se la conclusione non soddisfa. Curiosi gli accenni gay, anche se timidi quanto tutti il resto. Non imprescindibile, ma interessante per il suo mostrare un sessantotto vissuto nelle retrovie.
Se Capogna avesse avuto i soldi avrebbe girato The dreamers ante litteram (e viceversa: un Bertolucci povero in canna sarebbe stato costretto a fare qualcosa di simile a Plagio): a riprova che il budget, a volte, conta. E così ci ritroviamo un ménage à trois ambiguo, in cui la donna fa da catalizzatore alle pulsioni omofile degli amanti, ma condotto in tono esitante e bofonchiato e, quindi, devitalizzato e privo della morbosità necessaria a reggere la baracca drammaturgica. Curioso e nulla più.
A Bologna, poi a Rimini, infine in una splendida villa palladiana (luoghi visivamente ben restituiti), su musica pop e melodie mahleriane (le stesse che si sentiranno in Morte a Venezia). Angela, Massimo e Guido in un enigma erotico con i moti del '68 sullo sfondo. Dispiace che non tutto fili liscio perché il film non è brutto e anzi alcuni segmenti sono belli, girati con sensibilità e gusto per l'inquadratura; inoltre i cromatismi funzionano benissimo. Sensuale Medici, bene Lovelock, meno bene Noury. Interessante, peccato per i difetti.
Dramma (poco) sessantottino in cui ad interessare la sceneggiatura non è tanto la protesta e la ricostruzione storica, quanto piuttosto seguire il menage a trois dei giovani protagonisti. E sotto questo punto di vista le note sono
abbastanza dolenti a causa di una certa prevedibilità della storia e dei suoi sviluppi, compreso l'epilogo. Eppure la regia non è male e sa regalare una certa eleganza alle immagini e rappresenta l'aspetto migliore della pellicola.
Attori abbastanza anonimi e non molto ispirati: la Medici però è bellissima, ma poco altro.
Film ben poco sessantottino che ripiega verso l'intimità di tre studenti legati da un complesso ménage à trois. La realizzazione particolarmente elegante riesce a riscattare le limitazioni del basso budget ma non da quelle di una sceneggiatura priva del mordente necessario, forse anche per la necessità di scampare il più possibile dalle maglie della censura. All'epoca fu comunque un film di un certo scandalo. Notevoli gli sfuggenti scorci di una Bologna in piena contestazione, che aggiungono una buona dose di realismo.
MEMORABILE: Il personaggio della prostituta-operaia; Le musiche.
"Plagio" (di chi poi e per che cosa?) è un film inconsueto, anche nello stile, impegnato ma non impegnativo. La storia è quella di due giovani che ne incrociano un terzo, "ammalato" di ricchezza e solitudine che, inevitabilmente, cambierà loro la vita. Sullo sfondo la contestazione studentesca di quegli anni a Bologna, come fondamento la noia di chi non sa bene cosa aspettarsi dal futuro, il nichilismo delle nuove generazioni. Sorprendentemente bella Mita Medici, decorativo ma questa volta calzante Ray Lovelock. Il resto si lascia guardare.
Film coraggioso che narra con sensibilità e raffinatezza la storia sentimentale inusuale di tre giovani sessantottini sullo sfondo di Bologna. Bella e intensa Mita Medici, bravi Noury e Lovelock. Buona anche l'associazione musicale tra l'Adagietto di Mahler, che qualche anno dopo sarà ripreso da Visconti in Morte a Venezia, e un brano rock. Echi evidenti di questo film si ritrovano sia nel Zurlini di La prima notte di quiete che nel Bertolucci di Dreamers. Di ottimo valore la regia e il tono fotografico.
Il montaggio e il lettering dei titoli di testa, molto moderno per l'epoca, faceva pensare a qualcosa di più sperimentale; tolti gli accenni al clima politico/studentesco del '68 però il resto del film è invece molto classico nella forma, con un ménage à trois che punta più sull'aspetto drammatico, sentimentale e psicologico dei personaggi che su facili pruderie. Bella l'ambientazione bolognese/romagnola, con scorci molto suggestivi valorizzati da una fotografia curata, la stessa che ben immortala i giovani volti dei bei protagonisti; c'è però troppa retorica ed è un po' ripetitivo.
Pur coi suoi difetti, è un film interessante perché mostra il 1968 da una prospettiva esterna e lo rende sfondo delle vicende, che presto vanno tutte a confluire nel rapporto a tre che si instaura tra i protagonisti. Il loro sviluppo psicologico è altrettanto interessante ma non è sostenuto da una grande recitazione. Mediocre la prova di Alain Noury, Ray Lovelock meglio in altre pellicole, brava invece Mita Medici. Bella la colonna sonora, ma l'Adagietto di Mahler è ripetuto troppe volte. Buona la confezione e la fotografia, a tratti in bianco e nero. Merita un'occhiata.
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MusicheDusso • 27/09/12 13:41 Archivista in seconda - 1822 interventi
Le canzoni "Morning" e "I'Ve Lost You" di Johnny Davil (in realta l'italiano Gianni Davoli) sono presenti anche nel western di qualche anno prima "FAI IN FRETTA AD UCCIDERMI... HO FREDDO!" di Francesco Maselli
Solo una precisazione: "Fai in fretta ad uccidermi... ho freddo!" non è a affatto un western ma una commedia con qualche venatura gialla, almeno da quanto mi ricordo da una visione avvenuta parecchi decenni fa.
MusicheDusso • 27/09/12 14:50 Archivista in seconda - 1822 interventi
Caesars ebbe a dire: Solo una precisazione: "Fai in fretta ad uccidermi... ho freddo!" non è a affatto un western ma una commedia con qualche venatura gialla, almeno da quanto mi ricordo da una visione avvenuta parecchi decenni fa.
DiscussioneDusso • 17/10/12 08:16 Archivista in seconda - 1822 interventi
La gradinata che Massimo (Alain Noury) prende come scorciatoia per arrivare in tempo alla stazione, questa in verificate mi pareva fosse una location di passaggio...
DiscussioneZender • 17/10/12 09:20 Capo scrivano - 47698 interventi
Sì, comunque non è che son vietate le location di passaggio, tutt'altro (specie se bele come quella), cambia solo che di solito non le radarizzo. In ogni modo Lucius era riuscito a non farla sembrare di passaggio. Se però oltre che per di là per fare la scorciatoia passa anche da molte altre parti allora diventa già un po' di più di passaggio...