Peter von Kant - Film (2022)

Tratto da un'opera di Fassbinder intitolata "Le lacrime amare di Petra Von Kant", il film di Ozon cambia il sesso ai personaggi, mantenendo la materia di cui era impregnata. Un regista molto apprezzato e famoso s'innamora di un giovane magrebino, illudendosi di poterlo comprare con il successo e il danaro. Ma tutti i nodi alla fine arriveranno al pettine. Un'opera dalle movenze e dai tempi teatrali, tutto soffocato in un'unica ambientazione interna, in cu si consuma il dramma e dove si avvicendano i personaggi. Ambizione e tematiche ormai usurate si attorcigliano su se stesse.

Ozon conferma la sua passione per Fassbinder rivisitando, al maschile, “Le lacrime amare di Petra Von Kant” a cinquant’anni di distanza. Viene mantenuto l’assetto teatrale dell’originale con il protagonista, il convincente Menochet, nella parte di un regista che si consuma in un amore tossico per un giovane attore senza accorgersi della sincera devozione del suo assistente. Ben fatto, ma parossistico e claustrofobico.

Certamente si presenta come un remake al maschile dell'originale di Fassbinder, ma è al contempo un tributo da parte di Ozon alla tempestosa biografia sentimentale del regista tedesco. Un assetto teatrale ambientato in un appartamento sovrabbondante e kitsch che si confà all'estrosità e alla megalomania del protagonista ormai perduto dietro al giovane Amir confondendo l'amore con la sottomissione. Straordinariamente sopra le righe la grande prova di Ménochet (a cui fa da contrappunto Crepon, il servo "muto") e significativa la presenza della Schygulla non più Karin ma madre di Peter.

Un regista famoso tratta come una pezza da piedi il suo segretario/servo ma è destinato a subire la stessa sorte da parte del giovane maghrebino di cui si è invaghito... Ozon ,che in uno dei suoi primi film aveva già trasposto un'opera teatrale di Fassbinder, qui alza il tiro proponendo un remake in chiave maschile de Le lacrime amare di Petra Von Kant in cui il regista tedesco diventa il personaggio centrale. Il risultato è un dramma claustrofobico che spiazza per il kitsch impudico e affascina soprattrutto grazie alla prova maiuscola di Ménochet, corpo imponente e spirito fragile.

Dramma da camera godibilmente kitsch, che estremizza il materiale offerto da Fassbinder con ripetute crisi di isteria e clamorose litigate che si trasformano, grazie alla bravura di Denis Ménochet e alla notevole confezione (regia geometrica ed elegante, fotografia satura e fascinosa, musiche efficaci con altra citazione fassbinderiana inclusa) in puro spasso. Ritmo sempre rispettoso dello spettatore, sebbene con uno stacco troppo brusco tra la fase crescente e quella calante della relazione, specialmente in rapporto alla lunga fase finale.