Trascurabile rilettura francese, in chiave femminile, dei “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie. Girato tutto in interni (praticamente in un unico salone di una villa isolata dalla neve), strarecitato e contorto come la peggiore delle telenovele (persino la Christie sarebbe inorridita, di fronte a tanti artificiosi colpi di scena), il film di François Ozon è una dimostrazione lampante di come giallo e commedia raffinata andrebbero mescolate solo da chi è in grado di farlo. In più, per compiacere gli amanti del bizzarro e ritagliarsi un timido spazio nella memoria degli spettatori più sensibili al fascino discreto del cinema francese, Ozon ha pensato...Leggi tutto bene di inserire, qua e là, degli insipidi intermezzi musicali, cantati in serie da tutte le otto protagoniste (l'unico maschio, la vittima, si vede in qualche raro flashback ed è sempre in ombra). Detto della storia, composta dalle ricostruzioni di fatti immediatamente precedenti al delitto e dalle continue accuse rivolte dall'una all'altra senza esclusione di colpi (e con abbondanza di parentesi sessuali), è ovvio che tutto l'interesse sia volto alle performance delle otto attrici. Tra queste chi si salva lo deve a una recitazione misurata e intensa (Emmanuelle Béart, la serva, è decisamente la migliore, con Fanny Ardant/Pierrette subito dietro e Catherine Deneuve/Gaby a metà strada), mentre chi si rende insopportabile è la petulante Isabelle Huppert/Augustine, sempre pronta a ribattere come nelle più banali caratterizzazioni di zitella al cinema. La seconda parte, con i discorsi frivoli che lasciano spazio a qualcosa di più concreto, è decisamente da preferire e il finale a sorpresa ha (chiaramente) un suo fascino sinistro. Comunque una commedia teatrale inutile.
Lezioso pastrocchio quasi tutto al femminile. Laddove potrebbero funzionare una discreta trama giallo-polziesca direttamente tributaria ad Agatha Christie e Hitchcock e una commedia sarcastica costruita su vivaci dialoghi teatrali e caratterizzazioni da parte di valide attrici, rovinano il tutto ridicoli e patetici numeri musicali interpretati, a turno, da ciascuna delle otto protagoniste.
Il talentuoso ma discontinuo Ozon si diverte a servire allo spettatore un film in cui mescola tre generi tra loro antipodici come il giallo, la commedia e il musical che in effetti qui non si amalgamano troppo bene tra loro. In particolare è la parte musicale a stonare non poco: troppe canzoni che non possono non spezzare l’attenzione e l’interesse dello spettatore per altro non certo alle stelle. Anche il resto non vola alto a causa di una sceneggiatura troppo banale. Grandioso il cast ma sprecato.
Decisamente particolare ma in fondo godibile questo film del regista francese Ozon. La duplice sfida è quella della contaminazione di generi (commedia, thriller e musical) e della capacità di amalgamare sul set attrici caratterialmente forti e versatili. Se la seconda sfida può dirsi vinta, la commistione di diversi generi cinematografici appare spiazzante e il risultato non è sempre all'altezza delle aspettative ma valeva la pena provarci.
Un morto e 8 donne in una villa isolata: chi è l'assassina? Il film strizza l'occhio alle atmosfere malate hitchcockiane su un plot alla Agatha Christie, ma con un gusto francese per l'introspezione femminile e i siparietti canori e con una perfida ironia che sfocia nel camp. Il classico noir è l'occasione per un implacabile meccanismo che svela un micidiale universo fatto di menzogne e scheletri negli armadi nascosti dietro le apparenze e le canzonette, in una beffarda e divertita sinfonia di rivelazioni sempre più strabilianti. Strepitoso.
Un film vivace e molto particolare, che a volte risente dell'impostazione teatrale ma che si riscatta proprio a causa della sua totale artificiosità. L'impostazione da giallo classico permette di apprezzare i momenti comici e quelli musicali senza badare troppo alle forzature. Il tetro finale ci riporta alla dolorosa realtà con una risata amara. Grandioso il cast, con una nota di merito per la Béart e la Huppert. ***
Curiosa commedia in bilico tra noir e musical. Ozon dimostra talento in questa occasione realizzando un film piacevole e frizzante. Simpatiche le interpretazioni canore delle protagoniste e la sceneggiatura in generale. Amaro quanto basta per capire che non tutto e oro quel che luccica e che c'è differenza tra vedere e guardare, sentire ed ascoltare. Curiosamente intrigante.
Otto donne di diversa età e condizione si confrontano per un uomo non vedremo mai ma attorno alla cui presenza/assenza ruota tutto l'intrigo poliziesco.
Il cast tutto al femminile fa subito venire in mente l'illustre precedente di Cukor e in effetti l'eclettico Ozon si dimostra abile nell'orchestrale il via via di prime donne, nessuna delle quali sovrasta le altre. Tuttavia la trama è piuttosto banale ed anche l'inserimento dei brani cantati, se può piacevolmente sorprendere all'inizio, rischia di stuccare. Comunque gradevole, per quanto un pò futile.
Decisamente noioso questo film di Ozon, che non mi ha convinto proprio per niente. Verboso ai limite dell'accettabile, con intermezzi cantati inutili e a dir poco banali. La recitazione sembra un lungo esercizio di stile ma con toni svogliati. Un passo falso di questo regista, che si era fatto apprezzare per opere di ben altro livello. Bolso.
Teatro al cinema: teatro al cubo quando le otto attrici ricantano motivi di Dalida e Marie Laforet già decisamente teatrali di per sé, teatro francese nel gusto per l'introspezione sofisticata, teatro reso da Ozon con vivaci cromatismi e una regia essenziale per questa trasposizione del tagliente lavoro di Robert Thomas. Le prove delle otto attrici sono otto pezzi di bravura, ognuno a modo suo: citarne una equivale a un torto verso le altre. Non un film per tutti (Ozon non è un regista per tutti, in effetti), ma a quei pochi piacerà molto.
Un po' Agatha Christie e un po' Cluedo, un po' Piccole Donne e un po' Beautiful, con qualche spruzzata di Jean Genet: un intreccio inestricabile di stilizzazione e citazionismo a tutto tondo - dalla letteratura al cinema fino alla pittura e i tableaux vivant - che nasconde un cuore addolorato; un cinema di forma, anche frivolo e lezioso, che quando rivendica un'anima si fa - consapevolmente - grottesco (i sipari canori). Un iperbolico esercizio di stile che fagocita la matrice teatrale traducendola a sua volta in maniera. Godibilissime Huppert e Béart; improbabili e ardite Deneuve e Ardant.
Un po' commedia, un po' giallo, un po' musical: otto donne si confrontano in una casa dove è avvenuto un delitto e l'omicida è per forza una di loro. Film abbastanza interessante con recitazioni e situazioni molto teatrali; ottime tutte le interpretazioni delle otto donne, soprattutto quelle di Isabelle Huppert, della bella e brava Virginie Ledoyen e dell'affascinante Emmanuelle Béart. Gli intermezzi cantati annoiano un po', ma nonostante questo è un buon film.
È un mondo tutto al femminile; è il mondo della menzogna. Menzogna, anche questa, al femminile, sottile, perversa, ma mai fine a se stessa e confessata senza vergogna. Donne giovani, giovanissime, nel pieno della femminilità o già anziane o finte anziane; donne pronte a tutto, aperte e senza paura di nuove esperienze, donne trasformiste, insomma donne. Donne di fronte alle quali l'uomo è destinato a soccombere; troppe e tutte assieme. Film perfetto per il teatro, ma va bene anche qui, tra il gelo esterno e il calore colorato dell'interno.
Divertentissima opera teatrale trasposta al cinema. Giallo e commedia con inserti da musical: ogni personaggio racconta la sua storia con una performance canora. Ottima cura dei colori di scenografia e costumi, interessante l'intreccio misterioso e la spiegazione ultima. Azzeccatissima la scelta delle attrici.
MEMORABILE: In linea verso il "pubblico" alla fine.
Impianto teatrale per un omicidio casalingo che nasconde trame complesse. Basato sul gioco delle parti, riesce a mantenere l'interesse per lo svelamento della verità a piccole dosi e per dare singole pause canore a dar leggerezza o sentimento. Cast di livello sfruttato non al meglio per alcuni caratteri, ma nel complesso lascia un’impronta di ognuna nel loro stile francese. Ozon stringe i campi per restare sui personaggi e per esigenze di spazi. Conclusione un po' freddina, tenuto conto del colpo di scena.
MEMORABILE: La canzone della Huppert; Il ballo della Beart.
Divertente kammerspiel tutto al femminile in cui la trama gialla, comunque ben congegnata, funge da pretesto per svelare i tanti, insospettabili segreti del velenoso gineceo. Attrici in gran forma, a partire dalla bellissima Emmanuelle Béart, qui ambigua cameriera dal rapporto speciale col "signor Marcel" (sempre inquadrato di spalle). La regia è forse un po' statica ma la brillantezza dei dialoghi sopperisce. Coraggiosa la scelta degli intermezzi musicali, finale difficilmente prevedibile. consigliato.
MEMORABILE: "Aveva in mano un coltello bianco!" "Non era un coltello, stavo pulendo il mio pettine di madreperla!" "Alle 3 di notte?" "Non c'è orario per i pettini".
Commistione di generi intrigante e affascinante, con una regia elegante e un accurato lavoro su colori, costumi e scenografie. Il mistero del titolo la fa da padrone, in una trama che sembrerebbe da giallo classico, se non fosse per improvvisi intermezzi musicali, una cinica ironia e continui riferimenti sessuali. Il cast è superlativo e sopperisce a qualche momento un po' statico, che comunque la sceneggiatura cerca di limitare usando l'ambientazione unica nel modo migliore possibile. La soluzione dell'enigma non è scontata. Buono.
Come tutte le ostentazioni consapevoli, corre il rischio di risultar stucchevole e vuoto. Lo spettacolo (sarebbe il caso di definirlo forse così prima ancora che un film) di Ozon è infatti, quanto il musical e il teatro cui pervasivamente allude, messa in scena plateale di stereotipi e topos, in cui la sospensione dell'incredulità diventa essenza stessa della visione. Magnifiche le otto con la carnosa Deneuve e la serva cortigiana Béart un passo avanti le altre. Bellissime le canzoni (citazione per il "Papà t'è 'plus" della Sagnier). Fassbinderiano senza fiele da consumare in fretta.
Film "alla Agatha Christie", almeno apparentemente; infatti in una villa sono radunate otto donne che in qualche modo sono legate al padrone di casa, trovato morto con un coltello conficcato nella schiena. Se la trama è gialla lo svolgimento non lo è, in quanto la storia serve per portare a galla i soliti "fantasmi dentro l'armadio" che ciascuno dei personaggi possiede. Non siamo davanti a un prodotto memorabile: tutto è abbastanza prevedibile e anche l'inserimento di numeri musicali sembra fatto più per una ricerca affannosa di novità che per necessità artistiche.
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