Uno Scola dimenticato, con Mastroianni in versione sicula e brillante; piccolo gioiello da rivalutare. Molto originale il montaggio a mosaico di andirivieni temporali; molto bella la costruzione in crescendo, con l'escalation di rapporti tra Lauren Hutton, bella e fredda e il "pesante" Papaleo. Un pò tirato via il finale, comunque beffardo e anarcoide. Caso raro, non è granchè il cast di comprimari, sicuramente causa location. Film comunque oggi ancora molto fresco.
Altro che American Dream, questo è il lato oscuro, è la miseria più nera nella sua forma più esplicita, ed è anche la sconfitta più cocente per quei poveri ingenuoni che credono che ci sia sempre un mare di bontà dietro un paio di begli occhi... Boccadoro, Gengis Khan, la confessione finale di una Hutton scelta magnificamente, Papaleo che fa il resto, ma anche un Trovajoli che sforna uno dei suoi brani più belli, le scene al ralenti... ma cosa si può volere di più?
MEMORABILE: La scena al salumificio (peraltro di Bondeno, non degli States!), la Hutton di una bellezza dannata, una scelta molto embrionale per quei tempi...
Rocco Papaleo è il protagonista di questo film di Scola. Un personaggio alla ricerca di accettazione e amicizia in un mondo carogna che non vuole saperne di queste cose. Un mondo schiavo dell'apparenza e dell'arrivismo. Mastroianni è perfetto nel portare alla luce l'ingenuità e le illusioni di Papaleo. Eppure al film manca qualcosa per poter essere considerato completamente riuscito. Concettualmente molto forte, l'opera perde colpi nell'eccessiva svagatezza di alcune scene e nell'uso non sempre apprezzabile del ralenti.
Uno Scola in trasferta a stelle e strisce imbastisce questa pellicola col solito tocco popolare, giocando molto con la novità dei paesaggi americani, mostrandoci (forse ricordandosi della lezione di Schlesinger e del suo uomo da marciapiede) un'umanità reietta e miserabile, ai confini col grottesco. Il quadro d'insieme francamente non incide: troppo macchiettistico per convincere, con una sceneggiatura che si prende le sue pause. Marcello Mastroianni presta degnamente i tratti ad un personaggio timido, buono e ingenuo; ma non basta. Finale insipido.
Ennesima grande performance di Mastroianni in un film da tempo assente dai palinsesti tv. In cerca di accettazione, di amicizia, di se stesso, Rocco si imbatte in una serie di situazioni e personaggi che lo fan sentire ancora più emigrante in terra straniera. I dialoghi sono brillanti e le tematiche del film sono tratteggiate con verismo e sensibilità (in particolare quelle dell'omosessualità e della presunta impotenza). In alcuni momenti il film ha un vago sapore felliniano. Da riscoprire.
Non riuscitissimo, ma imperdibile in quanto testimonianza della capacità del cinema tricolore settantiano di ibridare alto e basso, italianità e internazionalità, leggerezza e sgradevolezza. E così un Mastroianni più o meno compaesano del barone Cefalù veste i panni di un piccolo principe risucchiato da una metropoli statunitense tutta rock-blues (lode a Trovaioli), prostitute, clochard e poliziotti corrotti. A non convincere un soggetto fatto di alti e bassi, che alla resa dei conti lascia perplessi. Ardita la parentesi maladolescente.
MEMORABILE: Credi a me, un figlio ti dà una sola grande soddisfazione nella vita: esattamente 9 mesi prima di nascere.
Minatore finisce a Chicago dove conoscerà una modella. Visione pessimista a livello sociale e malvagia a livello umano: c’è solo un barlume minimo, in un ambiente sporco e corrotto (ben delineato). Mastroianni interpreta un ingenuo al limite dello stupido e sembra sia sbarcato da una nave d’inizio Novecento; meglio la Hutton, anche se acerba. Scola in trasferta americana non sembra in linea coi tempi per quanto riguarda l’omosessualità e accenna solo alla prostituzione minorile.
MEMORABILE: Il pupazzo Pancho col coltello nella schiena; La croce con la rotella; In negativo: i replay.
Insolito ruolo per Mastroianni reso con grande efficacia. La commedia, dai risvolti melodrammatici, riesce con semplicità a introdurre temi come la bonaria ingenuità del protagonista, lo stalking (o è amore?) e la solitudine interiore, mascherata da una vita piena e mondana della co-protagonista. Regia talvolta spiazzante con cambi repentini di location sia fisica che temporale, che mostra le vicende quasi come un puzzle da ricostruire.
Il film di Scola racconta la triste storia di un uomo talmente ingenuo e buono da essere sovrastato dall’egoismo del prossimo. Premessa carica di ambizioni e prospettive interessanti a cui fa seguito una narrazione scombiccherata, priva di quadratura, che sembra girata con approssimazione. Lo confermano un montaggio spesso inspiegabile, movimenti di camera poco fluidi e un qualunquismo generalizzato abbastanza fastidioso. La recitazione di Mastroianni è caricaturale e restituisce una figura macchiettistica e poco empatica; stessa cosa per i ruoli di contorno. In una parola: brutto.
Ettore Scola HA DIRETTO ANCHE...
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CuriositàZender • 12/05/16 20:28 Capo scrivano - 48949 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film:
DiscussioneRaremirko • 10/06/18 21:24 Call center Davinotti - 3863 interventi
Il film mi è piaciuto molto, con una regia piena di brio e simpatia (i ralenty), un Mastroianni in forma (ad un passo dal patetico), un ambiente credibile e una bella Hutton.
L'American dream, mi sa, ha più lati negativi che altro.