Asciutto, di poche parole, adornato giusto da qualche tramonto di Helsinki e da un po' di musica classica (tra cui il nostro Puccini) con una piccola spruzzata di rock, il film racconta la solitudine di un uomo triste e dimesso. Nella monotonia della sua vita di guardiano notturno (la pellicola è anche piuttosto lenta) entra una femme fatale che pare una speranza. Film girato bene ma non c'è una sola nota di allegria in tutti i 78 minuti, che paiono molti di più. Di una malinconia infinita.
Forse si può pensare che Kostinen, la guardia giurata che finisce in galera e perde due impieghi per colpa di una donna con pochi scrupoli, sia un ingenuo, uno stupido; ma non è così. E'un eroe, un puro che fino all'ultimo non perde la speranza in una vita migliore. Lui non si ribella alle distrosioni e alle ingiustizie della vita ma le affronta fino in fondo pagando per tutti. Ho trovato il film estremamente piacevole.
In quanti hanno aspettato il capitolo finale della trilogia sulla 'perdita' di Kaurismaki, che anche questa volta riesce a creare un'atmosfera tesa, soffocante, morbosa e disturbante con immagini asettiche e statiche. La vacuità del protagonista è enfatizzata dall'immagine che lo vede sempre al centro dell'attenzione ma mai protagonista della scena: prepotentemente lo sfondo prende vita e oscura una presenza massiccia ma vuota. E l'alcool, nella sua dicotomia tristezza-allegria, torna protagonista.
Come nel suo precedente L'uomo senza passato, anche ne Le luci della sera il regista finlandese Kaurismaki mette in scena la storia di un perdente, circondanto da un vuoto totale e da una società (e collettività umana) che pare non accorgersi di lui e quando lo fa lo sfrutta e lo umilia. In questo desolato contesto un piccolo spazio finale è dato dalla tenue speranza. Film ben girato con l'efficace (ai fini narrativi) sfondo di una Helsinki fredda in tutti i sensi.
Un condannato alla solitudine non è fuggito, oppure sì. Altro approccio favolistico e apologante di Kaurismaki che, con i suoi tratti distintivi, inonda la sua opera di valori umani sobri e silenziosi; la moralità e la dignità di un uomo, un perdente della società, sorta di cyborg metropolitano di fronte alla disperazione, solo, si aggrappa con tutto se stesso all’unica persona che abbia mai amato, pagando a caro prezzo tale scelta. Registro minimale e sullo sfondo una Helsinki mai così fredda e sfuggente, ma ancora pulsante di umanità.
Kaurismaki dipinge l'ennesima variazione sul tema per cui vive una vera e propria ossessione: la solitudine. Nella visione del mondo del finlandese l'amore non è mai somma di due anime che vivono un'attrazione irrefrenabile ma l'unione di due solitudini che faticano a comunicare. Le pennellate sono asciutte, appena accennate, ma al tempo stesso hanno una forte carica di pessimismo. Perfetta è l'identità fra ambiente circostante e animo avaro di pulsioni dei personaggi.
Il protagonista si è arreso già in partenza di fronte ai giochi del destino, manovrati da quella che sembra essere una cupola divina: il boss e la fatalona, come due dèi mitologici che si prendono gioco dei mortali. Ma lui, la guardia notturna caduta nel tranello, reagisce nell’apatia, apparentemente indifferente alla vita. E tutti sembrano marionette dal volto impassibile e rigide nelle loro azioni. Una visione agghiacciata del mondo, che scorre gelido e respingente, lasciando vittime passive. Una favola malinconica sulla resa.
Guardiano notturno viene raggirato per favorire una rapina. Asciuttezza narrativa, tanto che l'unica battuta fuori contesto è un "Vuoi sposarmi?"; poi si assiste al dramma della solitudine con forse uno spiraglio finale. Gli elementi peculiari sono gli ambienti minimalisti, la fotografia fredda e il contorno attoriale avverso al protagonista; la parte musicale è meno incisiva o non si voleva togliere attenzione alla vicenda.
Tassello conclusivo della trilogia dei perdenti iniziata con Nuvole in viaggio e proseguita con il capolavoro de L'uomo senza passato. D’accordo che lo stile freddo e laconico del regista finlandese è divenuto col passare del tempo il suo marchio di fabbrica, ma la totale assenza d’emozioni e un protagonista impassibile fino all’autolesionismo rendono questo film asettico e tedioso. Per fortuna che con il successivo Miracolo a Le Havre il regista tornerà a commuovere e divertire lo spettatore con i suoi apologhi sugli umili.
MEMORABILE: Gli squarci notturni di una Helsinki moderna e insieme senza tempo.
Koistinen è un poveraccio apatico i cui ingenui progetti di riscatto sociale sono destinati al fallimento. Senza amici e senza amore, viene facilmente sedotto da una bella bionda complice di una banda di ladri che intende servirsi di lui... Ambientato in una Helsinki anonima in cui i rapporti umani sono rarefatti e ostili, il terzo capitolo di una trilogia sugli umiliani ed offesi nel senso dostoevskijano del termine è un'altra parabola straniante e malinconica che riserva nel finale un gesto di timida speranza: in un mare di solitudine, le mani intrecciate di due naufraghi.
Ecco un Kaurismäki in versione noir, genere di cui vengono qui rispettati tutti i topoi, seppure alla maniera del finlandese. La storia è semplice, more solito, così come i suoi sviluppi e il tratteggio dei personaggi ma le emozioni non mancano e si spera che le cose non vadano come si pensa: il bellissimo finale lascia uno spiraglio, in tal senso. L'atteggiamento arrendevole di Kostinen può infastidire ma è chiaramente una scelta della sceneggiatura. Cromatismi e ambientazioni sono in linea con altre opere del regista, ma stavolta ricordano la pittura di Hopper.
Koistinen, il protagonista di questo film di Kaurismäki, è il classico perdente che accetta in maniera incondizionata ciò che il destino gli para innanzi. Tutto questo senza curarsi delle conseguenze sia immediate che future. Uno dei film sulla carta più pessimisti del regista finlandese, che fa venire quasi rabbia per come il personaggio principale si faccia raggirare senza battere ciglio. Ma qui è presente un po' tutta l'essenza del cinema dell'autore, che come sempre lascia intravedere spiragli di speranza anche laddove sembra impossibile ce ne siano.
MEMORABILE: Koistinen alla cassa del supermercato; Il finale.
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Sono affetto dalla "Sindrome Capanelle": sono convinto di averlo commentato poichè è un mio cult personale...
DiscussioneZender • 1/08/12 09:32 Capo scrivano - 48291 interventi
La cosa migliore di tanto in tanto da fare è stamparsi i commenti. Così si è certi.
HomevideoRocchiola • 17/06/19 14:54 Call center Davinotti - 1274 interventi
Disponibile a pochi euro in DVD marchiato 01/BIM. Video praticamente perfetto pulito e ben definito, audio di buon livello sia 2.0 che 5.1. Mai uscito in bluray.