Nuvole in viaggio - Film (1996)

Marito e moglie rimangono disoccupati e ogni tentativo di ricominciare sembra fallire. Curioso film sulla disoccupazione, ma soprattutto sulle fatalità della vita, sulla quale le nubi possono addensarsi o rarefarsi all’improvviso e casualmente. La storia è raccontata in modo distaccato, da favola realistica. Gli attori stessi recitano quasi straniati. Certo, l’impostazione intima e sospesa di una storia su un tema così potente è originale, ma alla fine non c’è coinvolgimento né stupore, e tutto scorre via come acqua fresca, o come le nuvole...

Realizzata in modo asettico e distaccato (in perfetto stile Kaurismaki), Nuvole in viaggio è una particolare commedia sulle conseguenze della disoccupazione che secondo gli autori del film sono soprattutto di natura psicologica piuttosto che economica. Per rappresentare questa strana teoria, il regista utilizza uno stile impersonale a partire dalla recitazione degli attori distaccata e surreale ma in fin dei conti utilizzando schemi narrativi da commedia classica compreso il lieto fine.

Ambienti spogli, mimica facciale pressoché assente, freddezza allo stato puro. L'idea di fondo (la perdita del lavoro parallela alla contrazione dei sentimenti e delle aspettative) è interessante, Kati Autinen è brava e anche simpatica nel suo ruolo di donna forte nonostante tutto, ma il particolare stile registico rende comunque la visione ostica, a tratti sinceramente soporifera.

Coppia di coniugi perderà il lavoro simultaneamente ma sapranno risollevarsi. Approccio malinconico per chi ricerca un lavoro, sottolinea la dignità del continuare a vivere e la voglia di rivalsa, anche se le condizioni di base non sono buone. Confezione scarna come il tenore di vita dei protagonisti, vive di saltuari dialoghi surreali e di un accompagnamento musicale che tende a rasserenare.

Lei è capo-cameriera in un locale da tempo in decadenza, lui un autista d'autobus: quando entrambi perdono il lavoro nel giro di pochi giorni, la ricerca di nuove occupazioni si rivelerà costellata da fallimenti e umiliazioni... Kaurismäki racconta una vicenda drammatica con il suo tipico stile rarefatto il cui effetto straniante risulta accentuato dalle interpretazioni distaccate degli attori e, per contrasto, dalla colonna sonora struggente. Ne deriva una sensazione di malinconia esistenziale non priva di risvolti umoristici incongrui ma paradossalmente teneri e rasserenanti.

Prima parte di una trilogia in cui il regista finlandese affronta le tematiche tipiche della sua filmografia: il lavoro, che spesso non c'è, l'alcolismo, le cadute, la "resurrezione". Tutto in puro stile Kaurismaki: la recitazione straniante, i cromatismi poco accesi ma efficaci, la colonna sonora che contrappunta, a volte in modo struggente, le varie scene. Nonché il fatto che anche i momenti drammatici sono squarciati da un bizzarro umorismo. Insomma... prendere o lasciare. Finale un po' favolistico, non è la prima volta, ma non certo assurdo o fuori da ogni logica.

Lui è un tranviere che perde il lavoro e lei una capo-cameriera lasciata a casa dalla padrona del ristorante per i debiti accumulati con le banche. Per i due inizierà un periodo nerissimo fatto di rifiuti e di delusioni che riusciranno a superare solamente grazie al sentimento reciproco e alla speranza di un futuro migliore. Kaurismäki ci ha abituati a raccontare storie di fallimenti e di riscatto, ma mai come questa volta riesce a toccare vette di drammaticità così elevate. L'opera vuole in qualche modo dimostrare che l'unità della coppia è la base per poter superare gli ostacoli.