La chiave di vetro - Film (1942)

L'ex gangster Madvig entra in politica senza cambiare metodi e si scontra con un'altra cordata, influenzata da un suo rivale in affari, ovviamente loschi. Durissimo, per l'epoca, ritratto di una classe politica, giornalistica e giudiziaria soggetta alla corruzione e all'intimdazione del crimine. Scene molto crude e un cast di attori notevoli per mettere in scena una storia di Dashiell Hammett, che filmata perde parecchio dello humor nero del grande scrittore. Il film è girato con mestiere e poco più, con tutte le convenzioni del genere.

Tradimenti, collusioni, intrighi: è un vero covo di vipere questo mondo in cui due boss si scontrano, in occasione di una campagna elettorale, con un morto di mezzo e un tirapiedi zelante. Politica, stampa, giustizia e malaffare: un intreccio laido in cui gli spiragli si aprono solo con ulteriori atti poco puliti. Il film ha un bel ritmo incalzante, con buon dosaggio di azione, mistero e sentimento, e una bella presenza di Ladd come eroe della fedeltà a tutti i costi. Ma un altro regista ne avrebbe potuto ricavare qualcosa di più incisivo.

La coppia noir del momento Ladd/Lake al centro di questo intreccio, tratto da un omonimo romanzo, dove l'assassinio di un uomo sembra non ben interpretabile, se non come pretesto per rovinare la campagna elettorale di un astuto faccendiere. I fisici pseudo-adolescenziali dei protagonisti si muovono buffi fra scenografie varie e una celebre, violenta scazzottata ha sempre valore se c'è una pupa di mezzo. Purtroppo i segni del tempo lasciano il loro marchio inesorabilmente.

Noir nella norma, con tutti i topoi rispettati, anche se il risvolto strizza maggiormente l'occhio all'intrigo giallo che alla disperazione classica del genere noir. Il film è girato con mestiere, senza, però, raggiungere mai picchi di qualità particolarmente significativi. Ingessati i protagonisti, interessanti alcuni interni che si sarebbero potuti sfruttare meglio.

Tratto dall’omonimo romanzo di Dashiell Hammett, un noir che dipinge un ritratto estremamente pessimistico della società americana, in cui a farla da padroni sono gli intrecci perversi politica/criminalità/giornalismo/magistratura, parzialmente attenuato da un epilogo fin troppo conciliante sul piano sentimentale. Qualche crepa nella definizione dei personaggi, ma il versante giallo (relativo all’identità dell’omicida) funziona, Heisler imprime un ritmo abbastanza spigliato e tutto il cast si esprime bene, con nota di merito per una Veronica Lake nel pieno del suo splendore.

Un buon noir nel quale sono apprezzabili il cinismo e il pessimismo firmati Hammett (autore del romanzo dal quale è stato tratto il film) ma che non ha nulla a che vedere con i classici del genere targati Warner Bros e interpretati da Bogart e Cagney. Ad ogni modo, rivisto oggi, Alan Ladd non fu affatto l'attore che la vulgata ricorda come "mediocre" e anzi forse appare come il migliore del lotto degli interpreti di un buon film che lascia un po' l'amaro in bocca, paradossalmente, per certi toni edulcorati propri della Hollywood dell'epoca. Buon film ma, purtroppo, nulla di più.