Gli alieni, a metà tra ET e il Piccolo principe, stanno per arrivare e l'umanità è indifferente: li aspetta come si aspetta che inizi un programma alla tv. Una favola grottesca che diventa anche involontariamente allegorica, ma senza troppe pretese, il che rende il film piacevole e onesto. Una regia decisa nonostante si tratti di un'opera prima; la sceneggiatura ha di tanto in tanto qualche inciampo. Buona la piega thriller (tuttavia poco sviluppata), deludente il finale.
Merita un'occhiata, nonostante la regia sia ancora acerba e gli attori tendano a recitare sopra le righe, descrivendo un'umanità di rara pochezza in attesa (ma neanche tanto) degli extraterrestri. Se non fosse per l'ultima parte, con il fattaccio, la rivelazione del padre e un finale facile facile, avrebbe meritato qualcosa in più, soprattutto per il personaggio (ultratimido, un po' lento, frequentatore di transessuali e donne dalle molte primavere, tranne una). Ci si abitua anche all'aliena, modello base, che funge da badante (se non altro originale). Non fa mai il salto, ma neanche degenera.
MEMORABILE: Il tifoso del Cesena che teme che gli alieni se li prendano solo i grandi club; Il "maestro di luce" e gli strumenti sacri (piffero e tamburo...).
Esordio niente male alla regia del fumettista Gipi per un film che è una libera interpretazione di una graphic Novel ed è l'esempio di come si può fare un bel film come mezzo espressivo di molte idee senza ricorrere ad un uso improprio di effetti speciali e senza doversi agganciare ai clichè del genere; qui un po' si ride, un po' ci si intristisce e si prova compassione per i personaggi di una realtà quasi priva di senso. Niente di troppo fantastico, con gli alieni che fungono da "semplice" rivelazione nella vita del protagonista. Non male.
Ma chi è più extraterrestre tra un Ufo e un italiano alienato? A questa domanda risponde il fumettista Gipi nella sua opera prima. Ambientato in un’Italia di poveretti e un po’ impersonale, forse la risposta è questa: sono gli altri gli strani, i superficiali e i biechi che popolano il pianeta. Con una fotografia livida e una regia stretta sulle riprese, forse il bersaglio grosso non viene centrato appieno, ma bisogna riconoscere il merito di una storia sincera e coraggiosa.
Al film riconosco la notevole delicatezza nella descrizione di vite alquanto borderline, la riflessione lucida sul degrado economico e conseguentemente morale dell'Italia di oggi, lo sguardo perfido su mondi allucinanti come i “Bingo” o le stravaganti convention rubasoldi, ma il film non c'è: c'è una visione d'insieme e null'altro, perché la storia è poca cosa, banalotta e sempliciotta; lo scavo “dentro” devi importelo e, una volta avuta l'illuminazione, nel cuore resta ben poco.
I primi due terzi della pellicola non sono nulla di eccezionale ma reggono: c'è il tentativo apprezzabile di costruire un film italiano un po' diverso dal solito. Regia e
sceneggiatura provano a dare spessore ad ambientazioni e personaggi, ma i risultati non
brillano. Peccato però che nell'ultimo segmento, il film si sfaldi ingloriosamente: gli
sceneggiatori, scelgono le strade più facili, forse non sapendo più dove andare a parare. Si può guardare senza aspettarsi particolari guizzi.
Tra alieni e alienazione: è originale (anche nello stile) l’intreccio tra la storia del cameriere amaramente contento della propria solitudine e spaventato dalle femmine traditrici, e quella dell’imminente sbarco degli extraterrestri. Un mix tra romanzo intimo e fumettone, che si tinge di pennellate nere (il crudele delitto della trans) e satiriche (gli imbonitori). Un’opera prima ben condotta grazie a una sensibilità straniante, sia nel ritmo che nell’ottima scelta di spazi e ambientazioni, che definiscono la terra come luogo di per sé alieno.
Il protagonista trascorre il suo tempo con i colleghi della sala bingo, il padre campagnolo che gli ha trasmesso la diffidenza verso le donne, un amico trans che si offre in strada, una stagionata prostituta con tariffe differenziate. Intanto spia timidamente la vicina di casa... Un alieno al mondo che lo circonda, che non può quindi temere l'arrivo degli extraterrestri, quelli veri. Opera prima incerta, con spunti satirici graffianti ma poco sviluppati ed un finale non molto soddisfacente, ma tuttavia non omologata, originale, interessante.
MEMORABILE: Le preoccupazioni dell'allenatore della primavera del Cesena calcio; il notiziario tv; il biglietto lasciato dall'aliena al padre
Che siano, gli alieni, l'espressione di un giudizio definitivo sull'umanità? Anticipatori di una palingenesi che discernerà finalmente il bene dal male? Un'utopia apocalittica per scansionare lo stato di salute della società odierna che conferma la tendenza del cinema di genere italiano a intraprendere la strada dell'allegoria politica: per intenderci, più dalle parti del surrealismo critico à la Petri che del realismo fantastico di Bava. Ma se la constatazione è coraggiosa nella sua presa d'atto, non sposta lo sguardo dello spettatore dal relativismo, oltre a ricadere in diversi stereotipi.
Film molto particolare e apprezzabile, che si svolge quieto ma crudo in un'atmosfera instabile tra romanticismo fumettistico e decadentismo futurista. S'alternano scenari urbani algidi e minimali a generosi paesaggi rurali, tra i quali i personaggi marcatamente borderline dalle vite alla deriva brancolano alla ricerca di cosa non si sa. L'espediente "sbarco dei marziani" funge da sorta di collante figurativo tra l'indomabile solitudine, celata dietro varie ed effimere forme illusorie, e la vastità dell'imponderabile cosmico. Inevitabile la domanda "Ma in fondo chi è alieno per chi?".
MEMORABILE: L'aliena pacifica (dipinta secondo lo stereotipo della creatura bassa, glabra e dagli enormi occhi scuri) che cucina perfettamente come una terrestre.
Beati gli invisibili, perché loro sarà - se non proprio il regno dei cieli - almeno un mondo diverso da quello terreno. L'esordio alla regia di Gipi è un imperfetto apologo sull'underdog definitivo, il remissivo Bertacci (Spinelli), che vive vicariamente una vita costellata di microtraumi (la morte della madre, l'incomunicabilità col padre, le vessazioni dei colleghi al lavoro) in chimerica attesa della personale Beatrice (Bellato). Storia composita, costellata di contrappunti dark (le sottotrame del padre e dell'amica trans Roberta), per un film che non conquista ma si fa ricordare.
MEMORABILE: Lo spregevole Geri (Celio); Il destino di Roberta (Marinelli).
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Questo è tatto! Il protagonista dice alla vicina di aver trovato il suo gatto morto. E lei, con gli occhi umidi: "E...dove lo ha sepolto?"
Risposta: L'ho sepolto...nel cassonetto".
DiscussioneThedude94 • 21/03/20 12:27 Call center Davinotti - 19 interventi
Anche questo film di Gipi è stato messo a disposizione gratuitamente sul canale ufficiale di Fandango