Un'autobiografia di una scrittrice... Discretamente crudo, soprattutto all'inizio. A quanto pare la miseria da lastrico, la migrazione dalle campagne alle città, la conseguente prostituzione, vita nelle stalle per non dire topaie e lavori sfruttati all'inverosimile con umiliazioni quotidiane si verificavano a pieno ritmo anche nel Nord Europa. Molto rappresentato il temperamento olandese, sprezzante e ironico, almeno in apparenza, alle grosse avversità e sfortune della vita e sempre molto schietto... ma niente e nessuno è fenomeno eterno!
MEMORABILE: Quando Hauer e la Van De Ven si scambiano quella specie di nutrimento bocca a bocca... l'inondazione e il cagnolino.
Il trio Verhoeven/Hauer/De ven si ripropone dopo Fiore di carne ma stavolta i risultati non sono altrettanto brillanti. L'inizio è promettente, i personaggi irriverenti il giusto e inseriti in una storia che procede senza sconti e senza fronzoli. Ma si vedono anche delle pause che successivamente confluiscono in un secondo tempo incolore dove la pulzella di strada, ribellatasi alla sua condizione, si ritrova a girovagare tra lussuosi bordelli e improbabili rivolte di piazza.
Racconto di una storia vecchia quasi un secolo, ambientata nei bassifondi della società olandese in un frammisto di disperazione e speranza che Verhoeven non disdegna di tratteggiare fin nei minimi particolari. La crudezza della realtà di alcune situazioni rendono bene l'idea di miseria e povertà, delineata soprattutto nella prima metà film. Nella seconda parte compare Rutger Hauer nel ruolo di sfruttatore della povera protagonista, ma purtroppo è proprio qui che la storia autobiografica della scrittrice si fa un po' meno interessante. Merita.
Infernale ritratto di signora narrato visceralmente da un Verhoeven al massimo del suo talento visionario, carnale e febbrile. Il pazzo olandese non si risparmia (come nel suo cinema migliore) e tratteggia strade olezzanti, imbarcazioni, casini, nosocomi pestilenziali, stupri al limite dell'hardcore, grotteschi balletti pre Salò, furia e violenza femminea, malattia, morte, sesso, liquami organici e resurrezione alla vita agiata. Cinema di stomaco, profondamente verhoeviano, tra poesia e lerciume, merletti e perversioni. Showgirls ne è quasi il remake americano.
MEMORABILE: L'inizio sull'imbarcazione; Tutte le scene al bordello con le perversioni dei clienti; Kitty reagisce violentemente alla provocazione di una sua collega.
Film di formazione-feilleuton biografico che ben si presta alle caratteristiche del buon Verhoeven che ogni tanto, come gli capiterà spesso anche in futuro, si lascia andare a scene di gusto non raffinatissimo. Ma stavolta il
film c'è e le "provocazioni" non sono fini a se stesse. La prima parte, con la sua ottima capacità di descrivere un'epoca ed i suoi ambienti, è buona e si fa preferire alla seconda in cui la storia prende strade risapute, finale
compreso. Assolutamente da incorniciare invece la fotografia.
Paul Verhoeven HA DIRETTO ANCHE...
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Non si capisce se una delle lavandaie muoia di tubercolosi o di cancro da inalazione prolungata di acido muriatico.D'altronde la piaga del ventesimo secolo non la conosceva ancora nessuno...ma è peso vedere la scena delle lavandaie e rifletterci sopra.FAUNO.
Eh sì...forte davvero. Da tempo non vedo suoi film e non ne ho neanche visti tanti, ma pochi mi hanno fulminato come Fiore di carne, e anche in questo il duo Hauer-Van De Ven conferma la sua bravura. E pensando all'anno di edizione del primo non mi discosterei neanche troppo dalle tue lodi...FAUNO.