Deciso passo avanti di Asia Argento regista rispetto al confuso esordio SCARLET DIVA. Questa volta il film è più strutturato, scritto con capacità superiori dando l'impressione di voler raccontare con maggior precisione una storia senza affidarsi a flash sconessi. Eppure ancora si palesa una evidente difficoltà nel conferire organicità al materiale, nell'assemblarlo per costruire un percorso che non assomigli a un susseguirsi di scene slegate, intercambiabili, sovrapponibili, tessere di un mosaico programmaticamente provocatorio. Il piccolo Geremia (Bennett) è da subito la vittima, l'occhio...Leggi tutto innocente che osserva passivo una realtà deformata, resa caricaturale dall'atteggiamento sconsiderato di una madre (Argento) che l'ha riottenuto dai genitori adottivi andando contro la volontà del bimbo. Come dargli torto, d'altra parte? Come poter davvero amare chi in ogni momento della giornata non manca di dimostrare tutto il proprio disinteresse nei tuoi confronti? In questo Asia sa essere autentica, a suo modo originale in un approccio alla recitazione diverso dalla norma e che pare più figlio di trascorsi in cui non è difficile immaginare possa parzialmente rientrare quanto narrato nel film. Quasi un transfer conscio, la cronaca imperfetta di una disaffezione. Bennet (che beffardamente, anni dopo, sarà il minorenne che denuncerà Asia per stupro) è il volto ideale, capace di comunicare senza parlare, di trasmettere tenerezza e timore, di sbarrare gli occhi mentre affoga in un mare di incomprensione mentre osserva il mondo senza rendersi conto di quale forma sociale possa avere, al di fuori del rapporto instabile, triste con una madre che non perde occasione per sbattergli in faccia tutta la propria inadeguatezza. Poi il balzo di tre anni (con cambio d'attore: Bennett viene sostituito dai gemelli Cole e Dylan Sprouse, anch'essi impeccabili) e l'esperienza nuova con i nonni. Mamma scompare momentaneamente, ma la vita che passa dalla frenesia perversa al suo opposto, ovvero il rigido bigottismo di una famiglia ligia ai più intransigenti, grotteschi dogmi religiosi, non è certo quello che Geremia sperava, anima in pena al cui interno prima o poi qualcosa è inevitabilmente destinato a spezzarsi. Tormentato da incubi popolati da uccelli rossi mossi a scatti, braccia che si spezzano, pezzi di carbone che vede lamentarsi e piangere, il protagonista cammina in disequilibrio sull'orlo dell'abisso, ma è ancora sua madre a prendersi la scena. Asia impone una regia che guarda ai modelli americani in una ruvida avventura che entra ed esce da stanze arruffate, sbatte contro personaggi ambigui, rimbalza addosso a volti di disadattati (c'è persino Marilyn Manson "al naturale"), partner improvvisati di una donna inquieta, selvaggia, tramortita, orgogliosa senza un perché, a tratti schizofrenica. Casting ricco di nomi noti (Peter Fonda e la Muti nella parentesi religiosa, Wynona Ryder assistente sociale...) frullati in un cocktail allucinato come l'esperienza del piccolo Geremia. L'omogeneità mancante lascia tuttavia molto d'irrisolto, con un velleitarismo che può infastidire e ancora ci consegna una regia fresca ma ingenua, per quanto volonterosa e non priva di qualche indubbio spunto di alto livello. Che Asia credesse al suo lavoro si vede e si sente, ma al film sembra mancare una vera direzione, come se ci si preoccupasse solo di colpire il più possibile attraverso singoli quadri di follia e disprezzo piuttosto che inseguire una corente e matura visione d'insieme.
Un bambino e una madre prostituta e alcolizzata: una agghiacciante discesa agli inferi fatta di sesso, droga, violenza e abiezioni varie. Il film è la cruda sequenza di stazioni di una via crucis di dolore e emarginazione, che segue il modello di molti film sex&drugs&rock’n’roll. Asia Argento lo conduce con mano ferma e con una compassione senza censure verso il mondo infranto del bambino; e anche come attrice riesce molto bene nei panni della madre scoppiata.
Arrivata al secondo film, la Argento vuole a tutti i costi scandalizzare il pubblico promettendo degenerazione e urlando a squarciagola, ma senza emettere alcun sibilo. È per un credo inesistente che si finanziano produzioni infondate come questa, ove il sonno della ragione viene velato miseramente dal ritmo serrato del montaggio e dalla colonna sonora musicale. L'immedesimazione da parte della Argento è cristallina, ma non permette lo stesso di poter riconsiderare l'opera, perché tale dettaglio svela un acerbo studio metaforico del racconto.
Ecco un caso dove per poter giudicare a fondo un'opera cinematografica bisognerebbe conoscere anche l'opera letteraria da cui è stato tratta, opera autobiografica che io non conosco. Quindi il mio commento si limita a esprimere una impressione puramente filmica. Asia Argento è a suo perfetto agio nel personaggio, che però ho trovato un po' troppo stereotipato e con intenti e volontà di stupire, senza, per questo, creare una realtà che può pure esistere ma che qui è rappresentata troppo frettolosamente e meccanicamente.
Film di difficile sopportazione, narra della crescente degenerazione di un bambino fino alla completa assimilazione della figura materna in seguito a costrizioni e violenze continue. Sicuramente di forte impatto, ma dal punto di vista cinematografico non convince, soprattutto perché gioca troppo sulla visione con gli occhi del piccolo protagonista e poco sui personaggi esterni che sembrano solo dei torturatori improvvisati. Asia Argento interpreta un ruolo che le si addice, ma non la si può sentire mentre recita.
Pasticcio travestito da road movie; in realtà è un calderone nel quale tutto o quasi è fuori posto. Girato con uno stile a metà tra Argento padre ed un videoclip, sembra un pacco preparato unicamente per ribadire al mondo cinematografico il ruolo trasgressivo di Asia, che però come regista deve fare ancora molta strada ed un bagno d'umiltà.
Difficile per molti ammettere che la Argento appena al suo secondo film sia riuscita a realizzare una pellicola drammatica e di qualità, ma è proprio così. Una madre anticonvenzionale, troppo, una madre bruciata come la gioventù di Jeames Dean, che fa dell'incoscienza il suo status vivendi. E si resta rapiti dalle immagini, dal surreale e dalla vita di questa donna, che ci lascia pensare che in talune circostanze la vita è un sogno dal quale sarebbe meglio non destarsi. Uno sguardo puro nei meandri delle avversità.
Un film sporco, coraggioso nei temi anche se affiora spesso l'impressione che la sequela dei soprusi sia troppo programmatica. Come anche alcune comparsate (la Rider, la Muti, Manson) che servono solo per la locandina. Ma l'anima del racconto funziona (magari un po' acerba) e si incanala perfettamente nelle espressioni attonite del bambino/i protagonisti. Non male Asia attrice, visto anche che personaggio e dizione le vengono naturali; come regista non è sconvolgente ma svolge il compito in maniera furba.
MEMORABILE: "Quali salmi conosci?" e il bambino intona una canzone dei Sex Pistols...
Girato come un road-movie, questo film racconta la devastante fanciullezza di un bambino, continuamente sballottato da un affido all'altro. Un'infanzia negata e pervertita in un allucinante viaggio senza ritorno. La regia di Asia Aregento è un po' confusa e rende bene solo nei momenti di follia del suo personaggio. Sono presenti anche alcuni vuoti nella sceneggiatura, ma nell'insieme è vedibile.
Asia Argento dirige se stessa, nei panni di una mamma sgualdrina e di dubbia morale in un film che probabilmente sarebbe voluto diventare un piccolo caso cinematografico... Invece è un'opera rimasta a metà, con buoni spunti e una buona tensione (ma a tratti) e nulla più. Sicuramente bravo il bimbo, meno brava e non è una novità la Argento, perfino meno sexy del solito.
La consacrazione di Asia, qui non solo attrice di razza ma straordinaria narratrice tra il visionariohorror (gli incubi surreali del bambino, i corvi meccanici rossi, il carbone che piange e sanguina) e gli scorci zozzi e laidi di una provincia americana decisamente bukowskiana. Sperimentalismo, echi tra Lynch e Van Sant e schegge di grande cinema (la parte fanatico/religiosa in casa di Peter Fonda). Misto di ferocia e crudeltà, delicatezza e follia, dove Asia non ha paura di nulla, immergendosi tra perdizione e tocchi di poesia. Puro e denso cinema viscerale.
MEMORABILE: Jeremy Renner che abusa del bambino; Asia che trucca e veste suo figlio da donna; I corvacci meccanici; Il bambino che perde le braccia nell'incubo.
Fare meglio di Scarlet diva era piuttosto semplice, ma Asia fa molto di più che superarsi, confezionando una pellicola assolutamente degna, il cui miglior pregio sta proprio nella regia e nel montaggio, che conferiscono al film un'atmosfera inquietante e ricca di tensione per tutta la sua durata. I vari camei sono invece superflui, soprattutto quelli di Pitt e Manson; meglio Ornella Muti, mentre la Ryder (qui psichiatra) ha un personaggio abbastanza bidimensionale. Il Jeremiah bambino è molto bravo. Pellicola da rivalutare.
L'opera migliore di una mediamente dotata figlia d'arte su cui è diventato persino troppo facile sparare a vista. Storia non originale, ma "vissuta" e ottimamente interpretata: Jeremiah è figlio di ragazza madre snaturata e nipote di nonni ancora peggiori di lei, esposto a ogni serie di sballottamento e angheria da parte di perfetti sconosciuti e partner materni occasionali. Diversissima e assai meno autoindulgente, la messa in scena rispetto a un Korine qualsiasi. Finale tristemente realistico, aperto a svariate interpretazioni.
Madre naturale riottiene il figlio dai servizi sociali ma la conseguente deriva è inesorabile. La Argento struttura il film dando spazio alla libertà espressiva (che sa molto di anni 70) e al sapore della provocazione. Il coraggio non le manca nel mostrare violenze di ogni tipo, fisiche e psicologiche, e per descrivere il mondo allucinato che finirà per abbattersi contro il piccolo protagonista. A volte va a segno, con Peter Fonda e Renner, ma nel complesso manca un costrutto e tutto il segmento sul fanatismo religioso va a vuoto. Cast nutrito ma che finisce per fare passerella.
MEMORABILE: La figlia del minatore nello strip club; Il figlio vestito da donna; Le animazioni bruttarelle.
Tratto dall'omonimo romanzo. Un bambino ritorna in affido alla madre biologica e da qui frequenterà un mondo estremo fatto di droga e prostituzione. Sorta di on the road cupo, abbastanza macchinoso ma che miscela bene tragedia e dramma senza cadere nel melodrammatico. Si rasenta il psichedelico. Nel cast figurano bravi interpreti, da Renner a Pitt e dalla Ryder alla Muti.
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DiscussioneDidda23 • 2/04/14 14:34 Contatti col mondo - 5798 interventi
Sarebbe dopo la Coppola, la seconda figlia d'arte ad aggiudicarsi la palma. Curiosa come cosa!
il mio intervento era riferito solo alla parola "autobiografico" e non alla nota in se che giustamente il suscettibile Buio vuole inserire nella scheda, a tutti gli effetti J.T.Leroy e l'alias della Albert scrittrice.
questa storia del falso personaggio di J.T.Leroy (interpretato dalla sorellastra del compagno della Albert) ebbe parecchia eco ai tempi (ricordo servizi anche nei tg italici), ricordo di un'intervista della Argento all'epoca del lancio del film che parlava in termini entusiastici dell'incontro con J.T.Leroy senza sospettare minimamente della verità.
Oggi come oggi in questi tempi di condivisione e connettività globali il segreto di J.T.Leroy avrebbe avuto vita brevessima...