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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Gaspare Pisciotta fu condannato per aver ucciso Salvatore Giuliano. Rinchiuso all'Ucciardone, venne qui a sua volta eliminato. Da poco prima parte il film di Eriprando Visconti, che ancora ci mostra Pisciotta (Modugno) in vita per passare poco dopo ad annunciarne il decesso in cella. Avvelenamento. A cercare di stabilire le reponsabilità dell'omicidio è incaricato il procuratore Francesco Scauri (Musante), palermitano richiamato in Sicilia da Bergamo, dove viveva e lavorava. Il ritorno in famiglia non è tuttavia salutato felicemente: suo padre vorrebbe che abbandonasse subito l'inchiesta, troppo scottante e che si capisce subito quanto appaia scomoda da qualunque parte...Leggi tutto la si osservi; vi si aggiunge la consapevolezza che alzare la polvere significa rischiare la vita, in cella ma anche fuori. Davanti al tavolo del procuratore sfilano i possibili testimoni dell'omicidio, persone che qualcosa dovrebbero sapere ma che preferiscono tacere. Perché la mafia è anche e soprattutto questo: omertà; un muro di silenzio dietro al quale si riparano tutti. Nelle risposte date a Scauri variano i toni (ironici, irritati, schivi), mai la sostanza, perché chi sgarra sa che il proprio destino è segnato. Lo capisce presto anche Scauri, progressivamente vittima di una rabbia insopprimibile che esplode nei confronti di chi non mostra di volerlo aiutare in nessun modo. E così, mentre si lascia proseguire l'indagine che rimbalza costantemente contro un muro di gomma, si prova a delineare la figura del protagonista: a casa con i genitori e la sorella, fuori con la donna (Gravina) che conosceva prima di partire e che ha piacere a ritrovare. Tracce rosa insignificanti tuttavia, che fanno il paio con le ben più lunghe fasi in carcere (quasi tutte) nelle quali poco si può fare per allontanarsi da caratteri inevitabilmente prevedibili in ogni loro mossa e atteggiamento. Da una parte i secondini (Del Prete, Mezzogiorno) e la legge (Casagrande, Gaipa, Merli), dall'altra i reclusi (Urzì, Angrisano, Pinciroli...). In mezzo, da valutare per il loro carattere più sfumato, Don Ferdinando (Randone) e Amerigo Lojacono (Placido), un ragazzo dall'aria buona e semplice che ha appena messo incinta la sua donna (Stefanelli) e sogna di tornare libero quanto prima. Troppo poco per costruirci attorno una storia interessante, e difatti il film scivola via incolore, vivacizzato dalle buone interpretazioni di un cast folto di attori e caratteristi di valore (eccellente Arturo Dominici nel ruolo di padre di Francesco) che nascondono molti difetti ma appesantito da una regia anonima e una sceneggiatura che non sa bene come rendere più personale una fiera della banalità in cui nemmeno il protagonista ha modo di emergere davvero: si limita perlopiù a osservare disarmato rituali e giochi che non viveva da tempo e che forse a tratti gli sfuggono. Mai si avverte un'accelerazione in grado di uscire da una fiacchezza generale che le modeste musiche di un Riccardo Lucciani morriconeggiante non aiuta a sorvolare. Visconti non riesce a colpire a dovere nemmeno quando offre il fianco all'exploitation in una sodomizzazione urlata, il che è tutto dire... Guardabile soprattutto se non ci si stanca dell'uso insistito del dialetto siciliano e si desidera godere delle qualità indubbie di un cast di livello.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 13/01/09 DAL BENEMERITO RENATO POI DAVINOTTATO IL GIORNO 26/02/22
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Renato 13/01/09 14:32 - 1648 commenti

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Bel film drammatico-carcerario, con un cast di grande livello ed una sceneggiatura che mischia sapientemente il lato pubblico e quello privato della vita del protagonista Tony Musante. Il riferimento obbligatorio è il cinema di impegno civile di Petri e Damiani, ma c'è qualche concessione in più all'exploitation, e la cosa non dispiace affatto. Forse solo il personaggio di Carla Gravina è poco approfondito, per il resto nulla da dire; ottimi invece Urzì, Randone e la Michelangeli. E Placido si concede un inaspettato full frontal.

Fauno 11/06/11 12:06 - 2212 commenti

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Visconti non funziona in La orca, ma qui va elogiato a piene mani. La tenacia e la costanza di questo giovane procuratore che sfida da solo la Palermo bene è paragonabile a quella di Cesare Mori... La storia di Pisciotta e di Salvatore Giuliano è appena sfiorata; viene piuttosto descritto sia ad immagini che a parole l'orrore di un carcere come quello dell'Ucciardone, ove le intimidazioni sono più morali che fisiche, a parte la scena celeberrima di Placido. Piuttosto che citare i soliti, meglio sottolineare che tutto il cast è al meglio.
MEMORABILE: Gli interrogatori, la predica di Scauri senior, i pizzini, la verve del procuratore e le risposte dei due "Don" (Randone e Urzi).

Daidae 13/11/11 13:09 - 3184 commenti

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Ci si aspettava forse un film su Pisciotta che fosse un po' sulla scia del Siciliano. Eventuali aspettative deluse; si tratta invece di un film carcerario-impegnato lontano dallo stile proprio di Eriprando Visconti, regista che spesso infarcisce le sue opere con scene di sesso. Non è a dire l vero un film così mal realizzato, ma certo è difficile vederci troppo di buono.

Nicola81 17/05/23 21:31 - 2862 commenti

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Iniziando esattamente dove aveva finito Francesco Rosi, Visconti prende i classici due piccioni con una fava: da un lato mette il dito nella piaga di uno dei tanti grandi misteri italiani, dall’altro denuncia l’omertà e la brutalità dell’ambiente carcerario (gran parte della vicenda si svolge tra le sinistre mura dell’Ucciardone). Rispetto al fatto di cronaca si romanza fin troppo, ma il messaggio arriva ugualmente (ricorda qualcosa il nome di Bernardo Mattarella?), affidato a un cast di quelli che fanno la gioia degli amanti del cinema di genere. Luciani riecheggia Morricone.

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  • Curiosità Zender • 23/03/13 17:16
    Capo scrivano - 47802 interventi
    Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film: