L'ultima notte di un condannato a morte dà vita a un corto non troppo entusiasmante. Tra scenografie di cartone che stonano e non poco, gli incubi del condannato (che ripercorre il perché del suo arresto e della sua condanna) non sono gran cosa e il momento dell'esecuzione non è memorabile.
Le tappe del racconto sono implacabili: un ladro uccide durante un furto, viene catturato, imprigionato e infine ghigliottinato. Il film stesso ha una tensione asciutta e nervosa, con sequenze di alta intensità drammatica (l'omicidio iniziale e l'esecuzione finale) alternate a inattesi squarci biografici che il condannato sogna (con un bell'effetto di immagini in piano rialzato sopra chi dorme). Intrigante poi il ribaltamento prospettico finale, che sbalza lo spettatore dalla parte della ghigliottina vista in lontananza in un primo momento.
Interessante l'utilizzo, in contesto cinematografico, di simmetrie che ricordano gli affreschi di Piero della Francesca: la dimensione onirica nella parte superiore dell'inquadratura, quella reale nella parte inferiore, una specie di split-screen: i due piani vengono fatti coesistere, evitando il ricorso alla dissolvenza. Nell'insieme, il corto ha una drammaticità impressionante nel suo rigore, nell'asciutto realismo consueto di Zecca... l'anti-Méliès!
Efficace, asciutta narrazione. Dall'omicidio a scopo di rapina all'esecuzione mediante ghigliottina. Il primo quadro è un po' debole (l'omicidio è reso male), ma poi si assiste ad un crescendo con momenti indimenticabili, come i quasi-flashback con i ricordi del condannato a morte, il quale ripercorre col pensiero le fasi della sua vita, che vediamo nella parte alta dello schermo, con i vari episodi separati dal non casuale calare di una tetra, rapida lama. Notevole.
Se Méliès utilizza scenografie e dissolvenze per rompere la staticità dell'inquadratura, Zecca si affida al dinamismo delle scene e a una rigorosa sobrietà. L'omicidio iniziale è troppo teatrale, ma le scene successive (il riconoscimento del cadavere e la sequenza onirica) mostrano una notevole cura nell'impostazione. Colpisce nel finale la contrapposizione tra la fatale visione prospettica del patibolo e l'esecuzione vera e propria, resa con un realismo quasi cronachistico.
Zecca riesce in pochi minuti a raccontare una storia densa di avvenimenti. Buona la realizzazione tecnica di alcuni momenti salienti (si pensi a esempio alla ricostruzione dei "sogni" del galeotto addormentato o al sapiente ribaltamento scenico che porta il condannato a imboccare il viale che lo porterà alla ghigliottina, per poi trovarsi accanto a essa). Un corto davvero da conoscere, realizzato da uno dei più interessanti pionieri della settima arte.
Un ladro s'introduce in una casa allo scopo di svaligiare la cassaforte. Colto sul fatto, ucciderà il padrone di casa con rara efferatezza. Dopo qualche tempo verrà catturato e giustiziato in maniera sommaria. Non c'è spazio per trucchi o magie in questo corto di Zecca che si affida a un crudo realismo per narrare una vicenda torbida dai risvolti poco rassicuranti. Se la prima parte non rende al massimo, la seconda dalla cattura in avanti è un crescendo di tensione che culmina in un finale asciutto che non lascia repliche di nessuna sorta. Assolutamente imperdibile.
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