Un film allucinante e allucinato. Un viaggio onirico nella mente (o nelle menti) di una rock band, i The feminist, che deve preparare un solo concerto. Il chitarrista è uno stupratore, il bassista un omosessuale con morbosi legami familiari, il batterista un cinico scrittore che per partecipare al concerto deve fingersi menomato (e la sua menomazione è asserire di non saper suonare!). Metteteci la cover dei Devo per eccellenza (Mongoloid-nda). E il quadro è completo (???). Film da vedere, indescrivibile, oltraggioso, delirante, geniale.
MEMORABILE: "Voglio sapere esttamente dove eravate quando è morto il re Baldovino!".
Lo squallore impera in questa film: trasuda dai personaggi, dalle loro abitazioni, dai loro discorsi. Lo scrittore di successo (che diventerà il loro drummer) ben si cala in un mondo di cui non fa parte e che guarda con occhio cinico, quasi indifferente alla vita che conducono i derelitti con cui suona senza esitare a trattarli male in più di un'occasione. Film che vive più di episodi che di una vera e propria linearità (comunque presente), ma a tratti la violenza pare estremamente gratuita e fuori luogo. Una bella parata di perdenti.
Come tutto quel che è pianificato a tavolino per sconvolgere, disgustare e scandalizzare chiunque e comunque -cosa quasi impossibile, in anni assolutamente smaliziati come questi- anche in questo mercatino dell'urlata indecenza e dello squallore a tutta propulsione, è la noia sesquipedale a egemonizzare e intorpidire l'osservatore più accorto, che in quanto tale non si sente di certo risarcito e accontentato da 10' finali alla Refn. Vuole essere monnezza e ci riesce alla grandissima. E come il suo protagonista, ay no puede tener ritmo.
Basato sul romanzo omonimo (ultima parte di una trilogia) dello scrittore fiammingo Herman Brusselmans, il film offre uno sguardo delirante e crudo sul mondo della marginalità belga (mentre Der helaasheid der dingen offrirà una visione più ironica dello stesso ambiente, decisamente dedito all'etilismo). Paesaggi industriali, freddi e grigi, fanno da sfondo a questa storia di estraniazione nella quale non si vede nessun appiglio positivo ma che riesce ad essere, nel suo estremismo nichilista, un quadro ironico di un mondo becero.
Un uomo di successo, accettando di fare il batterista per una band di sbandati, si cala nel substrato più inquietante della società belga, una specie di salto nel buio che modificherà l'esitenza di tutti i protagonisti. Una racconto carico di atmosfere surreali e squallide, sottolineate da un'ottima colonna sonora fatta di brani rock-punk-underground. Viaggio allucinante tra violenza, perversioni, psicopatia, sesso e musica. Catastrofico ma in un certo senso avvincente. Bello!
Mortier si mostra molto determinato a trascinarci nello squallore esistenziale che connota la vicenda e le ambientazioni in un insolito e insospettabile Belgio contemporaneo. Spesso si fa prendere la mano dal suo programma ideologico, ma altrettanto spesso si dimostra capace di inventare un buon cinema, attraverso uno sguardo algido e distaccato sulle miserie rappresentate, e una sceneggiatura rapsodica che privilegia la singola sequenza al contesto generale.
La rock band di sfigati è uno squallido microcosmo di alienati: il rimosso di quella società incarnata dallo scrittore cooptato e manipolatore. Fin dagli originali titoli di testa siamo calati nel senso di questo chiassoso film: un mondo capovolto che è il mondo reale, ben riassunto nell'epilogo-apologo finale, carico di enunciazioni e simbologie. Peccato che in mezzo ci sia un'ora e mezza di puro gusto dello scandalo e della provocazione: un noioso épater les bourgeois astutamente programmato, che finisce per svilire tutto.
Debitore in larga parte verso il Boyle di Trainspotting, il belga Mortier dirige una pellicola esteticamente punk e molto scorretta sul piano etico; un'opera pullulante di figure borderline marce e senza speranza. Purtroppo la ricerca eccessiva di soluzioni a tutti i costi bizzarre e l'ostentato ricorso ad espedienti shock alla lunga finiscono per stancare, risultando vacui e fastidiosi. Il cult non lo crea l'autore ma il suo pubblico. Qui vale lo stessa discorso applicabile a film come Braindead e Ichi the killer: il troppo alla fin fine stroppia.
MEMORABILE: Il tunnel vaginale ed il satiro "proboscidato" Big Dick.
Ex Drummer, questo è sicuro, non lascia indifferenti. Ho trovato straordinari ed originali i titoli di testa e la colonna sonora mi ha esaltato parecchio. Il difetto maggiore è la testardaggine con la quale il regista vuol sperimentare il concetto di limite cinematografico: l'operazione risulta costruita a tavolino e poco genuina. Ottimo e riflessivo il finale. Consiglio la visione anche se, a mio modesto parere, non è un film per tutti.
Fastidioso e dissacrante. La realtà di una rock band di handicappati che vive al limite dell'umana tolleranza, viene sfruttata da uno scrittore di fama che ha bisogno di un'esperienza forte per poter scrivere qualcosa di successo. In mezzo c'è tutto ciò di degenere che si possa immaginare, a volte forzando un po' la mano, a volte per il solo gusto di scandalizzare senza motivo. Bello il finale in tipico stile revenge. Consigliata la visione per stomaci forti.
Che il regista intenda percorrere la via del "famolo strano" è chiaro fin dai titoli di testa en arrière, ed inizialmente seguiamo intrigati lo scrittore/manipolatore che ci fa da virgilio in questo inferno di marginali pazzi, violenti e tossici, mostrato con soluzioni visive sorprendenti nella loro semplicità (il tizio capovolto) oppure surreali (la vagina/antro), poi però, con l'accumularsi delle nefandezze, subentra un senso di stordimento anestetizzante, a riprova di come la volontà di scandalizzare a tutti i costi possa essere talvolta controproducente.
Fino a che la voglia di stupire a tutti i costi, anche a discapito di ogni logica elementare, non prende il definitivo sopravvento sulle vicende narrate, si tratta di un'opera penetrante, certo laccata nel suo voyeuristico rimestare nello squallore, ma nel suo efficace. Poi, nella seconda metà, il salto dalla no wave alla post-wave, dal punk d'autore all'autore che si finge punk; ed è un cedimento qualitativo importante. Il finale si avvita in un'ambiguità irrisolta e, con tutta onestà, abbastanza autoreferenziale. Ottima la soundtrack.
Scrittore famoso si unirà a un gruppo rock di handicappati per un solo concerto. Piega alla Trainspotting in stile punk (con diverse analogie) con lo scopo di scioccare in maniera provocatoria e plateale. La cultura dannata si unisce alla bruttezza esistenziale e produce solo sgradevolezza. Conclusione che abbina la violenza all’orgasmo e nella quale sono i dialoghi a fare effetto. Discreta proposta musicale e ambiente di Ostenda genuino, nel suo essere verace.
MEMORABILE: Big Dick; La parrucca della madre; Il sesso a tre; L’inizio girato andando indietro; Il brano cantato da Arno.
C'è chi fa l'alternativo e chi riesce effettivamente a esserlo; Mortier gioca a campana sulla linea di confine centrando istantanee di grottesco vigore (la sosta all'interno di una vagina gigante) e capitombolando su invenzioni shock che non godono di altrettanta spontaneità (l'inciso sulla pedofilia). L'ago della bilancia oscilla fra genialità weird-anarcoide e sciocchezza da auteur mancato secondo il gusto e l'indole dello spettatore. Restano memorabili soluzioni visive (il cantante a testa in giù) e la colonna sonora più che adeguata. Discretamente offensivo, mediamente riuscito.
MEMORABILE: I titoli di testa; Il re Baldovino; Sodomia con pene da 50 centimetri a riposo; Le dichiarazioni post-mortem dei personaggi durante l'ecatombe finale.
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DiscussioneDaniela • 7/04/15 08:17 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Oh Didda, è proprio il filmettino da consigliare per le festività pasquali ;oP
Certo merita la visione, se non altro che i geniali titoli di testa ed alcune soluzioni visive stranianti (il femminicida a capo in giù), ma è anche di un deprimente come non ne vedevo da tempo...
Però la tua prossima dritta - belga o meno - spero sia meno disperata e disperante :O)
Molto allegro non è... E non è nemmeno un film da festività pasquali ;)
Resta per me un film coraggioso ed interessante, facente parte di una filmografia (quella belga) da approfondire.
Ti prometto che la prossima dritta sarà più leggera e rassicurante;)
DiscussioneDaniela • 7/04/15 11:33 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Il Belgio è un paese piccolino ma ricco di contrasti, sia dal punto di vista storico/paesaggistico che sociale. Sarà per questo che è terreno fertile di film tanto eccentrici/ellittici?
Al momento, il film belga per cui nutro maggiori aspettative è diretto da Jaco Van Dormael, quello di Toto le héros, L'ottavo giorno e Mr.Nobody, e dovrebbe uscire a breve. Titolo: Le tout Nouveau Testament. Soggetto: un nuovo testamento scritto dalla figlia (sic!) di Dio...
Daniela ebbe a dire: Però la tua prossima dritta - belga o meno - spero sia meno disperata e disperante :O)
ma danyta, il belgio è il gran reame delle miniere di carbone, è grigio e nero per vocazione e disperato per psicogeografia! è la patria dove la piaga della pedofilia -e annesso mercato- è più purulenta (l'aereoporto di bruxelles è praticamente tappezzato di missing-manifesto di bambini), dalla sua cinematografia è quasi impossibile attendersi joie de vivre! è la patria di thierry zeno (des morts, the pig fucking movie), dopotutto, e de il cameraman & l'assassino, bullhead, l'enfer, l'incubo di darwin e kill me please!
come la sua insalata, il suo cinema è prevalentemente amarissimo!
Schramm ebbe a dire: Daniela ebbe a dire: Però la tua prossima dritta - belga o meno - spero sia meno disperata e disperante :O)
ma danyta, il belgio è il gran reame delle miniere di carbone, è grigio e nero per vocazione e disperato per psicogeografia! è la patria dove la piaga della pedofilia -e annesso mercato- è più purulenta (l'aereoporto di bruxelles è praticamente tappezzato di missing-manifesto di bambini), dalla sua cinematografia è quasi impossibile attendersi joie de vivre! è la patria di thierry zeno (des morts, the pig fucking movie), dopotutto, e de il cameraman & l'assassino, bullhead, l'enfer, l'incubo di darwin e kill me please!
come la sua insalata, il suo cinema è prevalentemente amarissimo! Aggiungerei l'atroce, in senso buono, Calvaire.
DiscussioneDaniela • 8/04/15 08:26 Gran Burattinaio - 5944 interventi
E si Schramm, in effetti non è una cinematografia tanto allegra: per questo ho precisato al buon Didda "belga o meno" ;o)
PS per Herrkinski: gran bell'horror Calvaire, ma anche Vinyan, il film successivo del regista, pur essendo meno riuscito, a mio parere merita la visione, soprattutto per la suggestiva ambientazione. Se ti capita sotto tiro...