Piccolo ma efficace dramma dalle suggestioni sovrannaturali ambientato in una Bormio innevata e tetra, vede protagonista una donna segnata dalla morte del figlioletto, che incontra uno strano bambino... Discreta la caratterizzazione della piccola comunità montana, tra pettegolezzi, superstizioni e pregiudizi. Non un capolavoro, ma merita una visione. Finale spiazzante.
Il bimbetto gioca a rimpiattino, ti fa "cucù" col mantellino. Sant'Agostina a quel punto sbrocca: o son pazza o son shocca (oltre ad avere una pazienza di ferro). "In te ipsum redi" dev"essersi detta perpetrando la via del bene (ultra?)terreno che, ne siam certi, a qualcuno farà un pochino male, giacché la questione è piuttosto spinoza. Gli ingredienti nella credenza ci sarebbero anche tutti, ma la pasta cotta al dente riuscirà meglio a Risi 3 anni dopo.
Curioso e sottovalutato dramma dalle venature soprannaturali (le credenze popolari dure a morire, soprattutto nei piccoli paesini). Partenza e sviluppo (giocato su atmosfere soffuse e un buon duetto d'attori) ne fanno un film particolare, senz'altro da recuperare. Ottima la colonna sonora di Cipriani.
Simpatico ghost movie, leggero e pregno di dialoghi, consigliabile solo agli appassionati del genere. La sceneggiatura risulta prolissa ed è incentrata per tre quarti del film sulla figura di un misterioso bambino. La suggestione del film che dovrebbe derivare dalla storia è invece quella dei paesaggi innevati, che permeano la pellicola. Il giallo affiora solo in parte, ammantando come la neve del film l'ambiguità della situazione al centro della storia. Un mistero dal sapore invernale.
Bellissima e avvincente ghost story ambientata in una imbiancata e assolata Bormio dove il regista riesce a imbastire una vicenda dalle atmosfere soffuse e impalpabili creando nello spettatore un vago senso di inquietudine. Il finale imprevisto, la ambientazioni e le stupende musiche meritano senz'altro la visione. E anche più di una, volendo.
Film di contraddittoria valutazione che non si saprebbe se definir sfuggente o piuttosto evanescente, al limite della svaporazione. Gobbi lo immerge nell'amniotica atmosfera montana di Bormio affrontando con lungimirante prevedenza un tema, quello del lutto per la perdita di un figlio, che conoscerà altri esiti cinematografici. Debitore di suggestioni altmaniane (le "proiezioni" alla Images della convincente Belli), saturato dalle musiche di Cipriani, si regge sulla sensibile sincerità del piccolo Nino e di Satta Flores debordando però in languidità.
Inverno rosso shocking a Bormio, tra lutti mai superati e bambini misteriosi. Gobbi non calca la mano sul lato paranoico della vicenda e subordina il lato fantasmatico ai vuoti lasciati dalla perdita, impone una fotografia glaciale che negli esterni sfiora il b/n e se da un lato si lascia andare a qualche eccessiva lentezza, dall'altro regala momenti emotivamente avvolgenti. Intrigante la descrizione della popolazione montana, finale accettabile, Agostina Belli di sorprendente intensità. Insolito e maturo, per quanto imperfetto.
Una donna ritiene il marito colpevole della morte del figlio e comunica a tratti con un bambino che riesce a vedere solo lei. Il regista riporta sulla scena l'ambiguità di una storia che solo sulle nevi silenziose del Bormio poteva svilupparsi, fra i candidi silenzi, interrotti solo dalle chiacchiere della gente del posto. Il titolo del film è un insieme di due parole francesi, bambino e fantasma, che ben sintetizza lo sfuggente contenuto. Brava Agostina Belli in un ruolo centrale e determinante.
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MusicheClaudius • 1/09/15 09:20 Servizio caffè - 216 interventi
A metà film è presente una citazione (il giradischi) dalla colonna sonora del film Il triangolo delle Bermuda, anche questa firmata dal maestro Cipriani