Quel che s'è riusciti a combinare con un film montato insieme a pezzi d'un altro film... Tre archeologi (due ragazze e un ragazzo) alla ricerca di reperti archeologici in un sito perso nel verde (quanto di meno credibile si potesse escogitare, per tre facce così) scoprono che in un caseggiato lì nei pressi una setta rapisce le persone per sottoporle a misteriose messe nere in onore di Astaroth durante le quali si cerca di realizzare la profezia rivelata durante una seduta medianica. I tre, utilizzando tutte le loro "apparecchiature per scoprire le cose dei morti" per "scoprire le porcate dei vivi", scattano fotografie, infilano periscopi nelle finestre e ascoltano i deliranti discorsi degli occupanti...Leggi tutto della casa sperando di venderne l'esclusiva a qualcuno. Nel frattempo una bionda (Cardinali), che qualcosa della villa "maledetta" sa, cerca di informare la polizia, la quale ovviamente non le crede e si limita a raccogliere cadaveri su cadaveri senza immaginare chi possa essere il responsabile dell'eccidio. I tre ragazzi, al contrario, capiscono facilmente che sarà proprio lei una delle prossime vittime ma si dimostrano più interessati al loro scoop che alla poveretta ("Se interveniamo adesso potremmo salvarla", propone una delle due giovani. "Non mi interessa, ha il seno piatto", risponde lui sprezzante). I due diversi segmenti procedono quindi in parallelo, con una prevalenza di quello in cui i tre "archeologi" perdon tempo nel bosco vicino alla villa (una di loro si diletta persino con freccette e bersaglio) e si dividono per seguire le loro personalissime indagini. La parte "horror" del film, quella con la setta che si dedica a sacrifici umani, ha persino meno da offrire e si inserisce in un quadro che dire povero è un complimento e che trova il suo apice trash nel citatissimo finale, in cui due dei protagonisti si inseguono e si affrontano lanciandosi dietro scale, catene e qualsiasi altro oggetto trovino sulla strada, polli compresi (!). Qualche buono spunto conserva un certo fascino apparentabile alla nobile serie B di casa nostra (l'idea della macabra villa dove si respira profumo d'orchidea, per esempio), ma tutto ciò che ci gira intorno (e nonostante location nella periferia romana che a loro volta avrebbero qualcosa di buono da offrire) è talmente tirato via e montato approssimativamente che non si capisce proprio cosa salvare. Particolarmente deboli tutte le scene legate ai sacrifici, in cui più è evidente la drammatica ristrettezza del budget e che si legano ad altre tracce "gialle" mal sposate al resto. I pazienti sforzi di Polselli nel tentare di organizzare in qualche modo i diversi spunti sono lodevoli, ma il materiale di base è decisamente scadente e i miracoli non si posson fare...
Sconclusionato thriller polselliano, deludente sotto ogni punto di vista. Delirante nell'assunto (tre giovani archeologi si imbattono per caso in una setta di torturatori di ragazze ed anziché chiamare la polizia decidono di stare ad osservarli per poi vendere la storia ai giornali) e dilettantesco nello svolgimento, paga l'evidente utilizzo di materiali eterogenei assemblati alla meno peggio, tra cambi di formato della pellicola e sedute spiritiche da barzelletta. 80 minuti di sbadigli assicurati.
Astruso pastiche casalingo di Polselli, caratterizzato dalla solita trama scombinata e dalla povertà assoluta di mezzi e di scenari. Privo della vena psichedelica di Delirio caldo e di Riti, si riduce ad un’accozzaglia di satanismo puerile e all’esibizione di note bellezze del circolo polselliano (la Rossi, l’abissina Mascitti e la Cardinali). Nella resa dei conti finale si adoperano le armi più improbabili: tra queste, una scala a pioli, una ciotola e persino dei polli usati a guisa di mazze!
Filmaccio che se raccontato potrebbe avere un senso dato forse dal narratore, visto è decisamente sconfortante: la trama, il cast, la fotografia e quant'altro contribuiscono a genererare un film di una noia mortale. Difficile non dormire, soprattutto se si decide la visione post-prandiale... Consigliabile a stomaco vuoto.
Modesto lavoro polselliano che supera, per bruttura, ogni altra pellicola ascrivibile all'autore, non a caso, in questo contesto, celato dietro l'anglofono pseudonimo di Ralph Brown. Più della scombiccherata sceneggiatura (leitmotiv dell'intera filmografia di Polselli) a non convincere è l'inserimento, sulla traccia erotica, di un'inadatta vena di denuncia sociale che appare, dati i contenuti, evidentemente forzata e non sincera. Non aiuta nemmeno l'anonimità dei personaggi, costretti a combattere con scenografie povere e testi impronunciabili.
Ennesima boiata di Polselli (regista del quale non riesco davvero a salvare un solo film). Cast anonimo e squallido, sceneggiatura da brividi, erotismo blando per un film pessimo. Consigliato solo ai collezionisti delle perle di Polselli: se non lo vedi non ci credi. Un pallino.
Questo è davvero un super-trash e la conclusione ha qualche attinenza con un'altra oscurità del cinema italiano avente un titolo simile, di Rose... Sgallinate, lotte all'arma bianca con la scala da fienile o le ciotole, l'uso dei mezzi da speleologo per fare i guardoni, pomiciare per non essere notati... tutto fa brodo per far sbellicar dal ridere. Finchè non si medita su una questione: la curiosità a volte ha una forza così inesorabile che ci può portare a dar valore o giustificare cose o situazioni di fronte alle quali a mente fredda inorridiremmo.
Il Polselli di fine anni 70 ha qualcosa di unico: poverissimo, delirante, fuori da ogni logica e perdipiù tramandato in copie generalmente allucinanti quanto il film stesso (come in questo caso). Qui si punta sul thriller satanico (con riutilizzo di materiale dall'incompiuto "Una vergine per Satana", di Alessandro Santini), con parecchi momenti non-sense, attori in perenne trance dionisiaca, uno scontro finale incredibile e abbondanti svarioni tecnici. Tremendo ma curioso, anche se gli preferisco il più radicale Torino centrale del vizio.
Siamo ai limiti del nonsense, dello scherzo sotto forma di pellicola cinematografica. Stento a trovare un senso a quest'eterna serie di fotogrammi che passano davanti ai miei occhi fra riti satanici, un gruppo di giovani archeologi (tombaroli?) e battutine. Polselli per aumentare il tasso di stramberia insiste con inutili primi piani come aveva fatto in Torino centrale del vizio ma lì almeno un pizzico di bravura nei monologhi interiori si rintracciava. Assurdo, quando ho letto la trama del film prima di vederlo pensavo ci fossero dei refusi non da poco...
Titolo strano e film (trash) ancora di più. Girato più con passione che con perizia, è un buon esempio dello stile del regista nelle sue opere "più razionali" (molto relativamente parlando, s'intende). In effetti qualche logica la storia la possiede, anche se poi intervengono gli effetti "polselliani" a complicare il tutto e rendere il film fruibile solo a chi si compiace di guardare "un certo tipo di cinema". Evidentemente realizzato con quattro lire, con attori tutt'altro che irresistibili, guardando al botteghino con chissà quale risultato.
Kamikaze lanciato contro estetica e sintassi (...ci fa? Ci è? Boh. Chissene), Polselli espelle surrogazione filmica attingendo dall'oltretomba della tecnica, della logica e del buon senso: dialoghi scritti sotto le macerie di una tipografia terremotata, e quanto a fotografia montaggio regia riprese attori impossibile -ben sappiamo- dare forma descrittiva all'inesistenza, che ben che vada assurge a ghirigori. All'incombere dei 10 minuti finali bisogna prendersi a sberle per crederci. E' ufficiale: siamo alla violazione dei diritti spettatoriali.
Spesso ci si dimentica che il cinema è (anche) un mezzo di espressione, che nella sua manifestazione più ontologica e pura potrebbe anche trascendere il suo stesso contenuto. Polselli ce lo ricorda con un opus che cavalca svariate tipologie di generi, senza fossilizzarsi sulla verosimiglianza di fondo. Ecco quindi un corpus che unisce sezioni sacrificali a passaggi investigativi, prurigini a deliri sadici. I nudi non mancano, le uccisioni pure ma quella sana vena di follia che pulsa in Mirella Rossi rimane a lungo in testa... Da riscoprire.
MEMORABILE: L'eccitazione della Rossi innanzi un Matera visibilmente su di giri; L'inseguimento tra strade sterrate e pozzanghere.
Delirio polselliano oltremodo infimo, arricchito da recitazioni al limite dell'inguardabilità e da momenti di smisurata ilarità (anche se involontaria) dovuta a dialoghi e situazioni ad alto livello trash. Trama campata in aria (come l'intera opera del resto): tre ragazzi (un maschio e due donne) assistono a strani delitti collegati a riti satanici consumati in una casa di campagna da persone benestanti. Non ci avete capito niente? Bene, questo è l'esatta sensazione che si prova a fine visione. Insalvabile, ma si ride di gusto!
MEMORABILE: "Cerca ossa di vecchi froci!", "Che vuoi che ti faccia una mano sul petto e una sul culo?", "Fatti il ramo per adesso!", "Eccomi qua puttane!".
Micidiale e simpatico putiferio polselliano; mai soporifero in virtù di situazioni e dialoghi trash fuori controllo - siamo comunque lontani dalla vette di Manìa (tra gli altri). Dopo aver contribuito ad anticipare temi, caratteri, atmosfere e deliri di certi fumetti pulp italiani (con Il mostro dell'opera, per esempio) il Maestro sembra, qui, nutrirsi dell'immaginario gustosamente psichiatrico e anarchico dei prodotti cartacei; o continuare a preconizzarlo: le analogie ci sono. Il livello tecnico è infimo, ma cosa importa quando si sogghigna?
MEMORABILE: "Io voglio in me la presenza degli extraterrestri"; "Ti ho richiamato io con la telepatia medianica"; Tutte le invocazioni all'ineffabile Astaroth.
Un improbabile terzetto di archeologi assiste al rapimento di una vergine e scopre una villa dove si celebrano messe nere. Polselli (insieme a Vani) assembla il film recuperando brandelli di un horror satanico incompiuto e incorniciandolo con umorismo cinico da fumetto e affibbiandogli un fuorviante titolo da commedia sexy. Peccato che il risultato sia così sciatto, perché in questa occasione il maestro dà l'idea di essersi molto divertito e finalmente, negli ultimi minuti, la simpatica cialtroneria del tutto riesce a contagiare anche lo spettatore.
MEMORABILE: La lotta finale con la scala a pioli usata come arma.
Scarso dall'inizio alla fine, dalla ricerca delle "ossa di froci" al duello con le galline e alla frasetta conclusiva buttata lì totalmente a caso. Diventa difficile anche esprimere un commento compiuto, perché di fronte lo spettatore si ritrova brandelli di film assemblati alla bell'e meglio, con la logica e l'unità di spazio e tempo lasciate al loro destino. Incredibile pure la presenza di certi doppiatori famosi, costretti a pronunciare sciocchezze.
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Scusate amici, qualcuno di Voi ha per caso notizia di passaggio televisivo di questa pellicola (così come "Torino centrale del vizio") nell'ultimo periodo e cioè diciamo da fine novembre a gennaio 2010? Grazie anticipato a tutti.
DiscussioneZender • 18/01/10 10:01 Capo scrivano - 49212 interventi
Non mi sembra sia passato. Però i canali son talmente tanti ormai che star dietro a tutti è diventata cosa veramente ardua.
DiscussioneGeppo • 18/01/10 12:28 Call center Davinotti - 4356 interventi
Mco ebbe a dire: Scusate amici, qualcuno di Voi ha per caso notizia di passaggio televisivo di questa pellicola (così come "Torino centrale del vizio") nell'ultimo periodo e cioè diciamo da fine novembre a gennaio 2010? Grazie anticipato a tutti.
Mah... non lo so, può darsi, io comunque in TV non l'ho mai visto passare!