La più sfacciata shock value al supino servizio della stilizzazione, della maniera e del più pneumatico e patinato dei vuoti. Interessante la sua quasi totale afasia che assieme al commento sonoro genera rarefazione e un senso di sospensione che lo rende quasi ieratico. Fuor di questo, noia incoronata e un'affannata smania di epater che sembra di essere tornati indietro di 30 anni. Gli schizzinosi, i verginelli e gli ingordi di extreme-for-the-mere-sake-of-it ci cascheranno con tutte le scarpe, soprelevando a rango di culto un'insincera porcheria.
Nel trasporre su pellicola la storia (vera) del cannibale di Rotenburg, Dora preme a fondo il pedale del macabro e del disgustoso senza risparmiarci nulla, tra un pene tagliato e poi saltato in padella alla macellazione della vittima conseziente, dopo interminabili sequenze di sesso e dialoghi ridotti all'osso. Film pretenzioso e noioso e se voleva sconvolgere e far inorridire probabilmente ha fallito nel suo intento, considerato che uno spettatore medio e non avvezzo al genere probabilmente se ne terrà alla larga.
In cerca di finanziamenti per The angels’ melancholia, Marian Dora gira un film a basso costo basato sulla nota vicenda di Armin Meiwes, che uccise e divorò il proprio partner consenziente. Privilegiando una descrizione realistica degli eventi anziché perdersi in onirismi pseudo-filosofici, l'autore firma una delle sue opere più riuscite, che esalta la brutalità dell'atto così come i malsani risvolti poetici che dietro di essa si celano, lasciando al pubblico il (non necessario) compito di coglierli. Certo che novanta minuti di accoppiamenti e macelleria antropofaga possono stancare.
MEMORABILE: Tentativo fallito di castrazione a morsi; L'evirazione e la conseguente minzione; La cottura e la consumazione del membro virile; I tagli di cadavere.
Una discesa compiaciuta nell’abisso del voyeurismo più sordido. Priva di qualsiasi tensione narrativa o riflessione morale, è un esercizio di provocazione fine a sé stesso, incentrato su immagini ripugnanti (fra l'altro, solo l'ultima mezz'ora) che non illuminano nulla sulla condizione umana. Un film che confonde il tabù con l’arte e la trasgressione con il pensiero. Non disturbante: solo vuoto e di una noia mortale. Il killer pensa di essere probabilmente l'erede di Hannibal Lecter, ma non ne ha certo la stessa espressività.
MEMORABILE: Il rapporto anale con i nitriti di sottofondo; L'evirazione; La cena a lume di candela.
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Il film di Marian Dora è curiosamente tratto da fatti di cronaca nera realmente avvenuti, ossia la vicenda di Armin Meiwes, soprannominato "il cannibale di Rotenburg an der Fulda" (in Assia, Germania). Questo soprannome è dovuto all'episodio cannibalistico di cui è stato protagonista: Meiwes è stato artefice dell'evirazione, del cannibalismo e del conseguente omicidio assistito di Bernd Jürgen Armando Brandes, che aveva risposto ad una sua inserzione su una bacheca virtuale sul Dark Web.