La struttura a flashback che segue a ritroso gli avvenimenti raccontati riguardanti la protagonista, è fortemente reminiscente Quarto potere. Su questo escamotage narrativo, il grande Joseph L. Mankiewicz costruisce da par suo un potente melodramma dallo spirito fortemente decadente, come molti dei suoi personaggi. Illuminata dal fascino solare della Gardner e dalla figura malinconica di Bogart, il film si dipana verso un finale dal forte impatto. Eccellente la prova del regista e del cast.
Ballerina spagnola di umili origini, star hollywoodiana, moglie di un conte italiano impotente: la vita di Maria è rievocata da chi la conobbe ed ora assiste al funerale di questa Cenerentola che odiava le scarpe ed ha trovato la morte per mano del principe azzurro. Materia da fotoromanzo di terz'ordine nobilitata a melodramma fiammeggiante dall'abilità del regista, evidente nella costruzione ad incastro del racconto da cui emerge un ritratto di donna indipendente ma fragile, alla quale Gardner presta il suo volto di dea carnale. Efficace il resto del cast, bella la fotografia di Cardiff.
Intenso dramma dai toni cupi e pessimisti, nonché un notevole e sfuggente ritratto di donna. Tutto è raccontato attraverso una complessa struttura narrativa composta da otto flashback, raccontati da quattro diversi personaggi. Per reggere bene un meccanismo simile ed una durata di due ore abbondanti erano necessarie una gran scrittura ed una solida regia. Trattandosi di un film di Mankiewicz, è ovvio che entrambe gli elementi siano presenti. Molto bene anche il cast. Ideale per chi ama i film di una volta.
MEMORABILE: Il ballo fuori campo di Maria e le reazioni che esso suscita sui volti del pubblico. Bogart toglie le scarpe a Maria e l'abbraccia per l'ultima volta.
Dramma disilluso ma sobrio e sottilmente ironico, tanto bello e spietato quando demolisce il mondo del cinema e il relativo sottobosco da far avvertire lo stacco qualitativo di un'ugualmente notevole parte finale (quella con Brazzi) che da tale ambiente prende le distanze. Tra regia, attori e sceneggiatura sempre dalle parti dell'eccellenza, riserviamo una menzione particolare a quest'ultima, con dialoghi di rara arguzia (anche per come giocano col matacinema) e consapevolezza. Giusto qualche - minima - riserva sullo snodo che porta all'epilogo.
MEMORABILE: Il povero Brazzi costretto a svelare il suo lieve difetto fisico.
Film biografico dalla struttura simile a Quarto potere: otto flashbacks sulla defunta protagonista raccontati da personaggi diversi e con angolazioni diverse. La Gardner è tzigana e aristocratica come il titolo-ossimoro impone, Bogart il suo imperturbabile pigmalione nonchè confidente personale; Brazzi e la Cortese due nobili d'altri tempi e senza futuro. Un'opera elegante, decadente, diretta e recitata con impegno e illuminata dal solare fascino della costa ligure.
Capolavoro del melodramma con una struttura simile a quella di Quarto potere: durante il funerale della diva Maria Vargas varie personalità a lei legate la ricordano, ritraendo un personaggio complesso e tormentato dalla divisione fra le sue origini gitane e il mondo di nobile decadenza nel quale vive. Mankiewicz non nasconde la propria amarezza verso il mondo del cinema e l'ambizione che lo pervade, ma riesce allo stesso tempo a creare una storia di grande sensibilità. Bellissima la Gardner, accompagnata da un Bogart di gran classe.
MEMORABILE: "La differenza fra un produttore americano e uno europeo è sorprendente: non esiste".
Maria Vargas: visto il film, difficilmente dimenticherete questo nome come accade con la Lola Montes di Ophuls. Opera di straordinaria complessità eppure spedita e godibile, La Contessa scalza si avvale, come sempre in Mankiewicz, di una scrittura invidiabile e una regia senza fronzoli. Ma a sostanziare questo capolavoro su cinema vita e sterilità sono la inafferrabile bellezza di Cenerentola Gardner (che nessuno dei punti di vista maschili, da cui la sua parabola è raccontata, riesce a compendiare) e l’inarrivabile Bogey col suo tenero ghigno di patrigno.
MEMORABILE: Il ballo off-scene di Maria visto attraverso le reazioni del pubblico; il confronto Howard-Bravano; lo schiaffo di Brazzi; Bogey stringe a sè Maria morta.
Un primo tempo da romanzo prolisso, dove i commenti fuori campo assordano e tolgono spazio alle azioni che nel secondo danno risalto alla bellezza indiscussa di Ava Gardner, donna vittima di se stessa, in un turbinio di esperienze maschili tutte sbagliate. Si tende al melodrammatico nelle accorate confessioni della protagonista, ma per fortuna intervengono le espressioni da Oscar di O' Brien, nonché quelle dei nostrani Rossano Brazzi e Valentina Cortese.
MEMORABILE: Valentina Cortese che appare col cognome Cortesa!
Una ballerina gitana viene ricordata durante il suo funerale. Trama ricca di sfaccettature, vista da diverse angolazioni, per stroncare il sistema cinematografico e il vario sottobosco; insistito, giustamente, il ruolo del denaro che rende arroganti. Come interpretazioni Bogart ha un ruolo tra il disilluso e il sottomesso, O’ Brien ha effettivamente qualcosa in più. La Gardner si apprezza per la fisicità. Il duo italiano Brazzi/Cortese dà un tocco di eleganza e cultura alla vicenda. Chiusura decisamente malinconica e decadente per i costumi nobiliari.
MEMORABILE: Il ballo nel prato; I quadri degli antenati.
Film che ha come sua arma principale l'ottima struttura narrativa, in cui le vicende vengono raccolte pezzo per pezzo da diversi punti di vista di narratori diversi, come un puzzle, sino a un finale abbastanza annunciato dal progredire del dramma. La regia è ottima, il cast all'altezza, con una Ava Gardner affascinante e convincente e un Humphrey Bogart in un personaggio che non gli è nuovo. Rovina però il tutto un'eccessiva verbosità. È un film eccessivamente dialogato, nel quale i tre concetti fondamentali ritornano spesso. Per il resto nulla da dire, anche sulla resa. Buono.
Partendo da un funerale, si racconta a ritroso la storia della diva Maria Vargas, col contrasto tra la voglia di anticonformismo della stessa e i vincoli che il divismo impone. Ava Gardner è al suo grado di massimo splendore e il film è elegante e ben girato, con un'ottima fotografia. Matura lentamente il suo interesse in quanto non gli giovano i lunghi momenti di narrazione indiretta con voce fuori campo, che finiscono per smorzare i continui segni di passione melodrammatica. Rimane ugualmente un classico da riscoprire.
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Per un corretta catalogazione e ricerca del regista consiglierei di togliere la L del doppio nome, o di aggiungerla anche agli altri film. Altrimenti quando si fa la ricerca escono
solo alcuni film e non tutti quelli presenti sul
Davinotti.
Si dice che il personaggio di Maria Vargas sia ispirato a Rita Hayworth alla quale venne offerta la parte.
Fonte:Imdb
CuriositàColumbo • 13/05/11 18:28 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Mankiewitz, qui per la prima volta regista, sceneggiatore e produttore, fondò la propria casa di produzione (Falcon Inc.) appositamente per poter girare il film, a cui teneva moltissimo.
CuriositàColumbo • 13/05/11 18:29 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Nei titoli di testa e di coda dell'edizione originale, Valentina Cortese è scritta CortesA.
CuriositàDaniela • 22/04/14 08:44 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Edmond O'Brien, per la sua interpretazione nel ruolo assai sgradevole di un pubblicitario sudaticcio ed opportunista, vinse nel 1955 sia il Premio Oscar che il Goldeb Globe, mentre Joseph L. Mankiewicz venne nominato all'Oscar per la migliore sceneggiatura originale, ma non si aggiudicò la statuetta, assegnata quell'anno a Budd Schulberg per Fronte del Porto