L'ora legale non più solo come il momento in cui spostare le lancette ma anche quello in cui il paesino siciliano di Pietrammare tenta di dare una svolta alla sua politica eleggendo un nuovo primo cittadino: basta coi politici corrotti che si rispecchiano nel sindaco Patanè (Sperandeo), sorriso a 32 denti che nasconde il prevedibile malaffare ("Votate Patané senza chiedervi il perché", recita il suo meraviglioso slogan elettorale). Il candidato "pulito" è quell'altro, Natoli (Amato), cognato di Ficarra e Picone che hanno un chiosco (abusivo) nella piazza centrale del paese. Picone lo appoggia apertamente, Ficarra fa propaganda per Patanè...Leggi tutto ma quando la spunta Natoli è il primo a salire spudoratamente sul carro del vincitore. Tutto bene, sembrerebbe, ma quando il sindaco dimostra davvero di voler mettere in pratica il suo programma tra piste ciclabili, raccolta differenziata, multe a tutto spiano, chiusura delle villette abusive sul lungomare, la gente si accorge che forse tanta onestà non è esattamente quel che cercavano. E la cosa è piuttosto inquietante, dal momento che le simpatie nel film se le attira tutte Patanè. Il povero Natoli è visto come una mosca bianca di nessuna utilità, fautore di una politica retta che in fondo nessuno mostrerà di volere. Un atto di denuncia contro la propensione al lassismo degli italiani e in particolare dei meridionali? Parrebbe, solo che qui non emerge lo stesso linguaggio di forte critica che in altri anni fece grande la commedia all'italiana dei "colonnelli"; qui il registro è ampiamente farsesco e la risata scaturisce soprattutto dalla simpatia travolgente di Ficarra, bravo nel far apparire come fuori da ogni logica le proposte "civili" del sindaco. Sono insomma i due comici a nobilitare l'opera, ancora una volta, altrimenti ferma a una satira all'acqua di rose buona appunto giusto come spunto per una commedia facile facile. Molto più riuscita infatti la prima parte, in cui ci si diverte a scoprire il lato grottesco nello stupore dei cittadini di fronte alla semplice “buona educazione” civica. Quando invece, nella seconda, si pensa a come combatterla per ripristinare lo status quo ante, il film mostra la corda vivacizzandosi solo in alcuni singoli sketch dovuti al confermato affiatamento della coppia protagonista. Ma diventano troppi gl intermezzi inutili e si vira presto in direzione di un finale ampiamente prevedibile, con i “congiurati” (tutto il paese, di fatto) più volte riuniti nella chiesa di Padre Raffaele (Gullotta) a decidere come attuare l'auspicato ritorno al passato. Altalenante e poco omogeneo. Anche la figura del vigile interpretato dal bravo Catania inizialmente convince, poi scivola eccessivamente nella macchietta. Si rivede il palermitano doc Francesco Benigno.
Commedia che resta in linea di piacevole galleggiamento fino a quando il cambiamento dà la possibilità di realizzare gag più o meno riuscite (l'enigma dell'indifferenziata unito ai vari problemi portati dall'improvvisa legalità fatta rispettare). Poi il tutto inizia un po' a ripetersi, tentando anche di fare la morale seria...fortunatamente spazzata via dagli ultimi fotogrammi (dopo il discorso ai cittadini). Ficarra e Picone sono piuttosto simpatici, mentre il resto del parco attorico è senza infamia e senza lode, a parte il prete e l'ex sindaco Patanè, un gradino sopra.
MEMORABILE: La mesta marcia dei forestali, costretti ad andare al lavoro; La gente in fila che si indigna, perchè il cognato del sindaco non può saltarla.
Fedeli al loro "metro" artistico, Ficarra e Picone raccontano la legalità e la fatica di adattarsi ad essa di un popolo anarchico riluttante alle regole. Lo fanno in modo bonario, secondo il loro stile che fa della gag l'elemento centrale ma non rinuncia alla morale di fondo, purché sia di comprensione facile e non troppo profonda. Efficace nella prima parte, perde quota nella seconda, chiudendosi in modo un po' monco. Simpatica l' ambientazione, ottima la scelta dei comprimari come sempre avviene nei film dei due artisti siciliani. Non male.
La commedia sembra voler ricalcare il successo dell'ultimo film di Checco Zalone, con la denuncia, sia pur farsesca, del noto malcostume italiano diffuso a tutti i livelli nel Paese. Il risultato non è però lo stesso; in primo luogo perché qui si fatica a ridere, nonostante gli sforzi dei due bravi e simpatici protagonisti. Personalmente ho trovato molto più riuscito e originale il loro precedente Andiamo a quel paese.
Ficarra e Picone tornano nelle sale con una buona commedia, piuttosto divertente (merito soprattutto delle gag di Ficarra) ma anche veritiera. L'obiettivo è rappresentare il rapporto non idialliaco tra i cittadini e le regole (rappresentate dal nuovo sindaco). Il tutto è quasi sempre trattato con leggerezza, puntando più sul comico che sul serio, ma consegnando una morale alquanto amara. Oltre ai due protagonisti, bravi Gullotta (il prete) e Sperandeo (il sindaco uscente con le mani in pasta). Piccola parte per Francesco Benigno. Buono.
MEMORABILE: La gente sconvolta perché il cognato del sindaco è "costretto a fare la fila" come gli altri; L'arrivo dei vigili.
I primi venti minuti non hanno grossi sussulti, poi il film prende il volo non appena subentra la fase di legalità imposta dal nuovo sindaco e quindi Ficarra (a tratti irresistibile) e Picone coi loro comprimari iniziano a regalarci gag più o meno riuscite che vengono meno nella seconda parte, più abbottonata. Va dato merito agli autori di aver reso l'idea di un certo malcostume italiano e di come certe abitudini è difficile cambiarle.
Un film che non fa granché ridere ma che se non altro fa riflettere e ci mostra alcune caricature grottesche poerfettamente riuscite (il sindaco Patané di Sperandeo e il parroco di Gullotta). Per il resto è semplicemente un furbo ritratto della società siciliana moderna ai tempi della crisi italiana.
Il nuovo avanza, politicamente, in un paesino del sud Italia e tutti sono entusiasti per l'elezione del nuovo sindaco. Ma la novità coinvolge ogni residente e demolisce ogni certezza acquisita. Commedia diretta e recitata con garbo, che rifugge volgarità e dialoghi banali in virtù di una vena polemica purtroppo pessimista come denuncia il finale. Nei confronti politici è facile ravvedere simboli attuali e la sceneggiatura (ottima) oltre a smuovere amari sorrisi, ricorda le responsabilità sociali di cui ciascuno di noi deve farsi carico...
MEMORABILE: L'opportunista parroco locale (un grande e significativo Leo Gullotta) protesta per l'applicazione dell'IMU a un bed & breakfast legato alla Curia...
L'idea era interessante, ossia il tema della legalità che in Sicilia desideriamo ma che alla fine non siamo disposti ad accettare per indolenza e maleducazione innata; il film ha un buon ritmo all'inizio ma sinceramente avrei preferito qualcosa in più. Ficarra meglio di Picone, ma un plauso va a loro per aver portato in scena numerosi attori palermitani dotati di buon talento. Presenze gradevoli per il sottoscritto quelle di Friscia e Benigno. Sperandeo meno debordante del solito.
La cittadina siciliana di Termini Imerese diventa la simpatica e ridente location del paese di Pietrammare, dove l’illegalità e il malaffare sono una routine come in qualsiasi località italiana. Ficarra e Picone hanno un’idea semplice e valida per il soggetto del film: cosa succederebbe se scoccasse l’ora della legalità, se a governare ci fosse qualcuno che fa rispettare tutte le regole? Saremmo tutti più contenti? La trama diviene quindi occasione di comicità e motivo di riflessione sociale, binomio che raramente un film comico assicura.
Il soggetto non era niente male e aveva ottime potenzialità. Purtroppo alcune scelte non sono il massimo. La comicità è alquanto insipida e dispiace, perché il duo quando si ci mette riesce a essere divertente solo con le battute, ma evidentemente i tempi cinematografici non aiutano la coppia. C'è poi la scelta dell'attore che interpreta il neo-sindaco: davvero non capisco perché non scegliere un attore migliore! Morale finale beffarda che esalta la paradossale realtà.
MEMORABILE: Zapping alla tv e si sente solo "regole, regole, regolate, da regolare in regola".
Gradevole excursus simil Bellusconiano per il duo siculo attorniato da un piacevole cast autoctono o quasi. L'ora legale è semplice ma, seppur non dotato di particolar acume satirico, riesce a far sorridere e, persino, farci sospirare per quest'Italia in crisi che non può permettersi di stare nelle regole. Ficarra si prende la scena lasciando il ruolo di spalla a Picone ed entrambi ben funzionano. Un po' forzato il dandy-Roja.
MEMORABILE: Il portatore di handycap maleducato all'ora di pranzo; La veranda.
Cosa accadrebbe se un politico (sindaco di un paesino siculo, in questo caso) tenesse fede al programma presentato e portasse ordine, giustizia e pulizia pretendendo la collaborazione dei cittadini? Lo spunto è interessante e attuale, la sua realizzazione invece è un po' fiacca, lontana dall'ironia e dalla coralità di commedie simili. Un'occasione mancata, peccato.
In un paesino della Sicilia finalmente i cittadini eleggono un Sindaco che promette un cambiamento nel segno della legalità. Ma le regole sono dure da rispettare per chi non c'è abituato... I due comici restano nel solco tracciato già dal loro film d'esordio, finora anche il più riuscito: una comicità bonaria, mai volgare, basata sugli stereotipi regionali e sul contrasto caratteriale fra il rassegnato Picone e il mercuriale Ficarra. Il difetto è quello di una certa superficialità, che dopo un brillante inizio, banalizza annacquandola una morale della favola che sarebbe invece amarissima.
MEMORABILE: Il canto alpino dei forestali che attraversano il paese
Commedia di costume dagli intenti semplici ma non per questo meno riusciti in quanto può contare su di un discreto ritmo e su diverse battute niente male ed emblematiche della vita di certa Italia stretta attorno al parroco, all'usciere e al posteggiatore. Ogni virtuosismo registico o tecnico è bandito per dare spazio alle caratterizzazioni, delle quali alcune buone altre di puro contorno.
MEMORABILE: "Buonissimo il pesce spada" "Eh 50 euro al chilo"; La telefonata a Milano per sapere della differenziata.
Gustoso apologo a tinte farsesche sul rapporto fra eletti ed elettori, fra amministratori e amministrati. Paradossi, gag briose dei due protagonisti (e non solo), trovate divertenti garantiscono un’ora e mezzo di apprezzabile svago. Il tutto senza volgarità: evento raro nelle performance comiche di questi tempi. Il messaggio di fondo, peraltro, è amaro: quando si pretende da tutti i cittadini un esame di coscienza, un cambiamento nello stile di vita basato su elementari principi di onestà e senso civico, il consenso vacilla inesorabilmente.
MEMORABILE: Voi che pretendete il cambiamento, siete disposti a cambiare?
Peccato per la recitazione agghiacciante (si salvano solo Gullotta e Catania) perché l'idea non sarebbe neanche male. Cetto la Qualunque aveva già evidenziato tutto prima e meglio però è innegabile che alcune gag siano divertenti e che il ritmo non manchi. Solo, davvero, non si capisce come si possano tenere certi ciak (Amato è terribile, specie quando dialoga con la figlia). Per il resto è un prodotto accettabile, almeno per l'home video e ha senz'altro più dignità di certi orrori natalizi.
Divertente filmetto satirico, immune da volgarità e piuttosto arguto. Il bersaglio è la mitologia della società civile, che molti reputano dotata di un superiore livello di moralità (ogni riferimento ai grillini è, come ovvio, puramente casuale). Decisamente urticante la caratterizzazione del parroco, il solito bravissimo Leo Gullotta. La serie di gag è piacevole e senza cadute di tono, la durata ragionevole; certo, non lo si vedrà una seconda volta, ma è un intrattenimento onesto e ben fatto.
Il meglio che si possa dire di questo film è che non è volgare. E fin qui, ci siamo. Per il resto è uguale ai precedenti, con un maldestro sovrappiù di tentata (e fallita) critica sociale che ha la consistenza del nulla. Sembra il filmino amatoriale della processione del santo patrono dei luoghi comuni, la chiacchiera da bar della banalità, la giunta comunale dell'ovvietà. Sostanzialmente, è un Qualunquemente senza parolacce, fa ridere uguale, cioè poco, non ha nemmeno la verve di Albanese da gettare in campo. Veramente scarso.
Commedia che ha avuto un'ottima popolarità a livello d'incassi e vede il ritorno del duo siciliano Ficarra e Picone, questa volta alle prese con la questione legalità. Il filo sottile che lega l'onestà e il voler accontentare un po' tutti mette in difficoltà i due protagonisti, che hanno un familiare che diventa sindaco ed è, per loro disgrazia (e non solo), onesto. La regia è buona e anche i momenti di comicità non mancano, soprattutto nella prima parte; il succo del messaggio è che alla fine scegliamo sempre ciò che siamo.
Ficarra e Picone tratteggiano nel loro consueto stile una realtà siciliana (ma potrebbe essere un paese qualsiasi del nostro Mezzogiorno) piuttosto paradossale e non troppo lontana dalla realtà. Il film prende forza dai comprimari, di alto livello e si avvale di una sceneggiatura che strappa molte risate, ma il tentativo di satira sociale, sebbene pungente, stenta a trovare il colpo risolutore. Buono il tentativo di restare attaccati alle vicende quotidiane di un'Italia difficile, ma per crescere i due protagonisti dovrebbero osare di più.
Satira ficcante e divertente, che esaspera le situazioni della politica e del malcostume italiano rimanendo comunque in alcuni casi pericolosamente vicino alla realtà. La comicità di Ficarra e Picone è questa volta perfettamente valida, scatenando risate grasse senza rinunciare alla riflessione e dotando la regia di quel giusto ritmo che serve per far scivolare via bene la storia. Bene il cast di contorno con un ottimo Gullotta e figure indovinate come i vigili Catania e Friscia. E alla fine il popolo torna a scegliere Barabba.
Commedia sorprendentemente pessimista nel tratteggiare l´italiano e il siciliano medio. Si pecca in un´eccessiva linearità e nel tenere fuori dalla sceneggiatura i lati più scomodi ma anche quelli potenzialmente positivi della realtà trattata (la mafia è appena menzionata, ma al tempo stesso la controparte onesta è limitata al sindaco e sua figlia) ma il film risulta scorrevole e pungente, per quanto più amaro che divertente. Ficarra penalizzato da un personaggio troppo caricaturale, Amato credibile sindaco onesto, Sperandeo perfetto.
Si ridacchia nei primi 15 minuti per la verve di Ficarra, che quasi dà l'impressione di poter reggere da solo il film. Poi anche lui si spegne. E il film annaspa in un mare di luoghi comuni, senza neppure trovare una gag appena divertente. Picone invece non prova nemmeno a incidere: dal ruolo di "spalla" di Ficarra, sembra qui ridotto più a un'ombra. Il tentativo di "satira" è appena accennato; anzi, ci si impantana in una moraletta puerile e in un sentimentalismo familiare per compiacere i difensori dei "valori della famiglia". Film da Italia del 2000.
La pellicola racconta uno spaccato d'Italia in modo molto ironico e piuttosto grottescamente. E' una commedia dalle molte sfaccettature, che pur divertendo cade in alcuni frangenti nel banale, facendo scemare l'interesse. Finale amaro, che evidenzia la cruda realtà. Ficarra e Picone meglio attori che sceneggiatori. Intrattenimento di discreto livello. Buona la fotografia.
Probabilmente il Trinacria-movie meglio ispirato della coppia sicula, che in pieno ribollìo politically correct alleggerisce un po’ i toni, smontando quella leggera aura ipocrita così affezionata al nostro paese. Ideologie a parte, ci si diverte con gusto tra permessi edili negati, raccolta differenziata e green progress del tutto inaspettati. La cittadinanza si ribella a cotanta riprensione, questione di abitudine, mentre i due protagonisti giungono alla faida familiare, spassosissima. La metafora oraria non delude nemmeno nel finale, “onesto” in quanto plausibile. Da vedere.
MEMORABILE: Ficarra che non sa come differenziare la scorza dell’anguria...; Friscia che, con orgoglio dinastico, provvede a modo suo a smaltire la spazzatura.
Piuttosto divertente grazie soprattutto a un frizzante Ficarra (Picone rimane, invece, un po' in ombra) e ad alcune divertenti personaggi di contorno (bravi Catania, Friscia, Gullotta e Sperandeo mentre Amato convince assai poco): si ride abbastanza, tuttavia la satira non graffia come ci si potrebbe aspettare nonostante si intraveda la voglia di creare un cinema più adulto e che vada oltre la solita sequenza di gag. Ad oggi rimane comunque la migliore prova cinematografica del duo: amaro con moderazione e vagamente gattopardesco.
MEMORABILE: I forestali che vanno al lavoro come se fossero i guerra; La testa di pesce spada; "Chiamo i carabinieri"!!!; La differenziata.
Era abbastanza prevedibile, dopo la contaminazione grillina nella politica italiana, che cinema italiano mostrasse la sua commedia tipica sull'argomento. Che nonostante l'ambientazione locale ben si adatta a un graffiante satira globale. Chiaramente il centro dell'opera è l'indole contraddittoria del cittadino medio, reo nel pretendere morale ed etica solo negli intenti ma abbracciando la peggior politica corrotta nei fatti. Eccessive ricadute in luoghi comuni e toni farseschi da commedia popolare pregiudicano in parte il risultato finale, che avrebbe meritato maggior sviluppo.
MEMORABILE: Il discorso finale del sindaco Natoli (Amato)... e l'agghiacciante epilogo che ne segue.
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