Ancora una volta lo spirito di Cinico tv aleggia, nella produzione di Maresco. Un film sulle origini della fortuna di Berlusconi (del quale si citano le relazioni con Stefano Bontate) diventa un complesso gioco d'incastri tra realtà e finzione, con vere interviste (Dell'Utri, tra gli altri), personaggi spontaneamente esilaranti (lo scopritore di talenti neomelodici Ciccio Mira) e un Tatti Sanguineti lanciato sulle tracce di Maresco stesso, che si dice essere scomparso. Una costruzione che mescola auto-mockumentary e film d'inchiesta con l'ambizione di raccontare una vicenda autentica (quella dei primi passi...Leggi tutto nel grande business per Berlusconi) vista da un'ottica del tutto inusuale; quella di chi con la mafia si dice abbia rapporti di contiguità (i cantanti neomelodici) e che contemporaneamente vede in Berlusconi poco meno che il salvatore della patria (un po' come Garibaldi, dice Erik, autore dell'hit "Vorrei conoscere Berlusconi"). Opera interessante, schizofrenica e frammentaria come nello stile di Maresco nonché genuinamente spiritosa, con la tipica voce fuori campo d'impostazione semi-fantozziana che pone domande scomode ricevendo in cambio risposte candidamente sconvolgenti. Un'opera sorprendente e sincera, impreziosita da filmati e foto d'archivio, partecipazioni inattese come quella di Ficarra & Picone e percorsa da una profonda sicilianità.
Non il solito film su Berlusconi, questa pellicola di difficile etichettatura ma di sicuro divertimento. Maresco si muove con grande mestiere tra realtà e finzione, filmati ed invenzioni, allusioni e "rivelazioni", "metafore" e concretezza. Firma così un film intelligente in cui pur non dicendo cose nuove, lo fa in modo riuscito e arguto. Alcuni momenti sono non poco esilaranti e colpiscono nel segno, ma... è un riso amaro, molto amaro.
MEMORABILE: Domanda: "Lei cosa direbbe se suo figlio volesse fare il carabiniere". Risposta: "Lo caccerei di casa". I "pilastrati".
Uno stile meno dissacrante degli inizi ma che lancia stilettate che lasciano basiti. Una diversa angolatura per raccontare storie già finite alla cronaca, i silenzi sui nomi oppure a dar voce alle nuove leve. E sono i giovani a lasciare interdetti, col loro rispetto e pronti a immolarsi per il bene delle famiglie. Maresco fa ben capire la situazione e la descrive in chiave farsesca per attutirne l’impatto: la questione è ancora ardua e una nuova generazione si sta formando.
Tragicomico spaccato di una realtà, che sembra davvero così romanzata da risultare difficilmente credibile. Si è infatti al cospetto di apparenti caricature umane (Ciccio Mira, i cantanti, alcuni abitanti intervistati), che se non fosse per ciò che si cela dietro alla loro involontaria buffoneria ("La gente veniva pilastrata..."; "Belluscone mangia e fa mangiare"), non potrebbero che suscitare solo ilarità (l'ignoranza può far sorridere, ma in certi casi può anche essere molto pericolosa e avere spiacevoli conseguenze). Pur sembrando quasi un antipasto, merita sicuramente la visione.
MEMORABILE: "La mafia uccideva solo chi era giusto uccidere..."; Il cantante, frainteso in un articolo, tiene a precisare "Io non ho mai detto no alla mafia!".
Non un documentario sul rapporto fra mafia e discesa in campo berlusconiana, ma un geniale spaccato antropologico tragicamente comico e/o comicamente tragico. Sanguineti segue le tracce dello scomparso Maresco, disperso in un girone dantesco popolato da organizzatori di concerti para-mafiosi, cantanti neo-melodici che lanciano messaggi agli "ospiti dello Stato", ragazzine obese che ballano il bungi-bungi in tv, mamme fans sfegatate del divo Silvio. E quando appare Renzi/Fonzie ospite di "Amici" in Mediaset, impossibile non pensare al motto gattopardesco: "Cambiare tutto perché nulla cambi".
MEMORABILE: Il rimpianto per la mafia di una volta che non uccideva donne e bambini ma "pilastrava" solo quelli che se lo meritavano
Stando alle regole della democrazia, se la maggioranza degli italiani fosse come quella che emerge dal film di Maresco, la Repubblica sarebbe condotta da loro. Una riflessione un po' grossolana e fortunatamente lontana dalla realtà. Quanto lontana? Sulla trattativa Stato-mafia mi sembra che nessuno abbia voluto esprimersi. L'ignoranza per una Nazione è una brutta bestia, poi c'è l'ignoranza furba e i furbi, non ignoranti, che gestiscono questo calderone. Mi ha colpito anche il mutamento dell'aspetto fisico, negli anni, dei protagonisti.
Maresco si caccia in un bel guaio e infatti sparisce lasciandoci una testimonianza grottesca e tragicomica di una Palermo che non faceva così ridere dai tempi di Stecchino. Inquietano i siparietti di Ciccio Mora, figlio di una DC che precorreva i tempi moderni; altrettanto lasciano basiti i neo melodici ahinoi asserviti e la gente del pueblo che osanna a Belluscone che mangiava e faceva mangiare, come fosse un semi-Dio disceso dall'Olimpo. Palesemente tendenzioso, offre tuttavia uno spaccato drammatico sulla moderna italianità.
MEMORABILE: La precisazione del Neo-melodico; I pilastrati; La soundtrack su Berlusconi.
Commedia grottesca che "usa" la figura di un popolare uomo d'affari e discusso politico per parlare di usi e costumi italiani e, nello specifico, siciliani. Maresco racconta del degrado morale che ha portato il nostro paese ad agognare la figura del salvatore come rimedio all'impoverimento morale e materiale degli ultimi anni. Filmati d'archivio abilmente mescolati grazie ad un buon lavoro di montaggio con una parte "narrativa" costituita da interviste a personaggi talmente particolari che sembrano finti ma che sono tragicamente reali.
La compiutissima incompiuta. La mancata opera maledetta, perfetta perché fintamente mancata e maledetta, così profondamente finta da sembrare vieppiù vera, e da gemellare il vero col falso in un gioco di specchi rotti tutto anamorfosi e rifrazioni. Maresco come il più penelopico e accidentato Welles: da una novella senza pretese approda a un’epopea di grottesche quanto apocalittiche interfacce di una regione che è calamitosa cartina al tornasole di una nazione assurta a raggelante barzelletta, ove mafia, mondo della canzonetta e culturicidio formano un triangolo. Delle Bermuda, si capisce.
Una delle commedie italiane più disperatamente riuscite del nuovo millennio, il cui formidabile atout sta tutto nella mise en abyme in cui Maresco decide di mettere se stesso e il suo stesso modo di fare cinico cinema. Con un gesto di umiltà intellettuale tanto alto da colludere chiaramente con un atto di sublime narcisismo cinematografico, l'autore palermitano, proprio nel momento in cui confessa la propria incapacità a narrare il fenomeno berlusconiano, denuncia invece la pervasività di un modo di essere e fare connaturato alla Sicilia e al paese.
MEMORABILE: "L'impudente" Ciccio Mira; L'intervista a Dell'Utri; Neomelodici e Carcerati; Tatti Sanguineti e i suoi deliranti monologhi.
Inutile docu-film di Franco Maresco impregnato di retorica vittimista (l'epica del regista perdente) che alla fine si rivela nella sua disarmante pochezza, non riuscendo a raccontare nulla di nuovo né su Berlusconi né sul suo rapporto con la Sicilia. Tutto si riduce a un folclore fin troppo insistito (i cantanti neomelodici) e all'ennesima riproposizione del fomat Cinico TV, con i freaks palermitani intervistati frontalmente dalla voce petulante di Maresco. Il suo cinema sarà anche rimasto fedele a se stesso, ma ormai non ha più nulla da dire.
Se formalmente ci troviamo di fronte a un'opera che, debitrice della lezione di F come falso, riesce a fondere cinema e metacinema sapientemente, dall'altro lato abbiamo un film che dietro il pretesto del documentario fallito si propone come inchiesta antropologica e sociologico-politica. Da questo punto di vista il film non fa che esibire l'ignoranza e la mentalità mafiosa - motori drammaturgici del film - evitando di individuarne le radici: l'intervista a Dell'Utri è un insulto all'intelligenza dello spettatore. Autoassolutorio e compiaciuto.
Purtroppo è cosi, in Maresco non c’è nessuna enfasi e l’ambiente e i personaggi da lui descritti esistono davvero. Ma la cosa cosa più grave è che l’imbarbarimento dei palermitani continua a crescere senza possibilità che possa essere arginato. Non è solo Brancaccio a essere stata la roccaforte di Berlusconi; Palermo conta numerosi quartieri (compreso il mio) che si sono schierati dalla parte di Silvio ovviamente in cambio di denaro, cibo o lavoro e questo (ahimè) lo so per esperienza diretta.
La trovata filmica di indagare sulla propria scomparsa permette a Maresco di produrre un film lontano dalle secche del documentario tout-court. In una Palermo volutamente grottesca e realistica insieme, si seguono le vicende legate al berlusconismo maniacale e ai presunti legami tra mafia e politica, con la figura di Sanguineti in funzione di narratore della storia e critico dei fatti. Rimane l'impronta Ciprì-Maresco con uno stile più impegnato e comunicativo, che fa riflettere attraverso il dico/non dico dei berluscones-siciliani. Originale!
MEMORABILE: Le canzoni dei neo-melodici: saluti e pizzini; Le interviste a Ciccio Mira; "Dalla discesa in campo al Renzi-Fonzie".
Tratteggio grottesco e documentaristico di una certa Sicilia a proprio agio con l'omertà e la mafia. Attraverso la figura-chiave del film Ciccio Miro (un impresario di cantati neo-melodici locali) la pellicola individua, tra le righe, i presupposti del successo della figura di Berlusconi. La sottolineatura importante del film è anche quella di palesare una diffusa ignoranza in Sicilia e non solo, in special modo negli ambienti popolari delle feste di piazza ("Belluscone" anziché Berlusconi e via dicendo). Divertente, ma anche inquietante.
Decenni di sproloqui sul personaggio Berlusconi quando, per abbatterlo, basta guardarsi allo specchio e prendere la mira. Viaggio dell'orrore metacinematografico di Sanguineti-Maresco che, tra interviste vere e ricostruite (difficile distinguerle), si spinge tra i gironi infernali di una grottesca semiosfera in cui brulica un popolino cinico, egoista e derelitto, adoratore del potere per il potere e attentissimo a non perseguire altro che il proprio bene. Verrebbe da dire che ci meritiamo tutto il male del mondo, ma sarebbe ancora troppo poco.
Riflessivo e divertente documentario incompleto di Maresco, che più che concentrarsi sull'ascesa politica, e non solo, di Berlusconi e della sua finale discesa, ci parla di uno spaccato siciliano poco conosciuto vicino alla criminalità: i neomelodici. Sì, perché protagonisti diventano un cantante siciliano (che canta in napoletano) e altri suoi colleghi, che hanno come idolo l'ex presidente del consiglio. Inoltre la mancata conclusione ci regala quella fascinazione tipica di alcune opere incompiute, che sono prive forse di un vero senso logico ma sono ricche di umanità e sincerità.
Se non fosse per la presenza di Tatti Sanguineti che vorrebbe essere ironico ma che appare solo ingombrante e autoreferenziale, il film sarebbe un piccolo capolavoro di humour nero. Vengono sovvertiti tutti i punti cardine del berlusconismo e anche dell'antiberlusconismo, e Maresco crea atmosfere surreali con gli elementi piu disparati, dai neomelodici ai giornalisti. Ma, come si diceva, occorreva un narratore diverso.
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Fra i numerosi personaggi palermitani ci sono Maurizio Prollo, presente come conduttore radiofonico, e Salvatore Termini ripreso nel documentario più volte, mentre si esibisce sul palco.
Entrambi si ricordano soprattutto per aver preso parte ai film Mery per sempre e Ragazzi Fuori.
Da ricordare la presenza di Pino Maniaci, illustre giornalista di Telejato che da almeno un decennio riceve continue minacce dagli ambienti mafiosi. Qui lo viediamo a colloquio con Tatti Sanguineti. Sullo sfondo Palermo e Montepellegrino: