V/H/S: Viral - Film (2014)

Incredibile e bruttissimo film ad episodi che si rivelano essere uno più brutto dell'altro. Si parte con un mantello assassino (sì, avete letto bene) che ha sete si sangue; si prosegue col "migliore"(si fa per dire) del lotto: il bello spunto di partenza viene man mano modificato ed affonda in un finale che più trash non si può; si chiude con quello che è più un videogioco che altro. E la cornice? Inutile è il termine che più gli si addice. C'è tanto sangue e se preso per il verso giusto (quello trash) potrà anche divertire qualcuno. Fossi in voi eviterei.

Chissà da quale briefing è scaturita la convinzione che il brand di 80’ di mdp usata per giocare a pallavolo mentre tira la bora sia cosa gradita dal pubblico. Probabile che facciano gioco a chi non ha anima di studiare l’abc tecnico, di fatto rieccoci all’horror lo-fi affetto da Corea di Sydenham. Anche sorvolando sul come, è il cosa a non tornare: l’incongruenza dei pov a rampazzo, i simpatici spunti che restano narrativamente tali, la cornice che beato chi l’ha capita. Vigalondo fa con l’ideantità quanto già fece coi piani temporali, ma il gap paradossale gli sfugge di mano fino al risibile

Isulso lavoro con effetti ridicoli nella parte più banale, le registrazioni VHS. Il resto è paccottiglia meno che dozzinale, con personaggi assurdi e urticanti. Di ardua visione per la quasi costante mobilità della camera, il film mette a dura prova la sopportabilità dello spettatore con una trama e una sceneggiatura decisamente infantile. Uno dei peggiori film dalla nascita del cinema.

Ulteriore riduzione degli episodi (qui 3 oltre una confusa cornice) incentrati questa volte verso temi Ai confini della realtà. A parte la piattezza del primo episodio, peraltro distante dal concetto POV e sconfinante più spesso nella noia, Parallel monsters e Bonestorm raggiungono abbondantemente la sufficienza; il primo grazie alla mai sopita curiosità generata dall'idea di un "universo parallelo" e il secondo grazie al concetto della video fissata al casco, già ottimamente sfruttato in V/H/S 2 e qui orientato su un set messicano allucinante.

Va bene giustificare il titolo e simulare il vecchio amato nastro, ma la disarmante e perpetrata sequenza di fruscii, interruzioni video, schermate blu, disturbi e graffi stavolta è pressoché insopportabile e diventa il fastidios(issim)o marchio di tutta la visione. Gli episodi? Qualche cartuccia da sparare ci sarebbe, specialmente in quelli di Bishop e della coppia Moorhead/Benson, ma l’irritazione, innescata tra l'altro da un segmento wrap-around stanco dal principio, è l’unica vera emozione virale. Il peggiore della trilogia.

Terzo e per ora ultimo capitolo della saga a episodi caratterizzata dallo stile di ripresa found footage/pov. Rispetto ai capitoli precedenti gli episodi sono confezionati in maniera ancora più professionale, con un'attenzione e una cura maggiori soprattutto rispetto al primo capitolo. Questo toglie quell'aura generale che caratterizzava l'idea di fondo, trasformando il tutto in una raccolta di semplici corti. Le storie sembrano essere particolarmente interessanti, ma praticamente tutte lasciano un senso di incompiuto.

Non è che nei precedenti capitoli ci fosse una grande idea d'insieme, ma qui si getta proprio la spugna e i corti stanno insieme solo per comporre un film da un'ora e venti, per non dire delle VHS relegate solo al titolo. La cornice narrattiva, troppo criptica e confusa, depotenzia quanto c'è di buono nei tre episodi, i più spettacolari e grotteschi dell'intero ciclo. Simpatici Bishop e Vigalondo, troppo ipercinetico Benson. "Gorgeous Vortex", che trovate tra gli extra, è stato giustamente espunto. La custodia del bluray a forma di VHS rimane la cosa migliore della trilogia.

Più fiacco e svogliato dei primi due capitoli, senza intermezzi degni di nota ma con alcuni momenti di rilevante e implacabile bizzarria. L’idea di partenza, che avrebbe dovuto fare anche da filo conduttore, cerca di intrufolarsi nel reconditi ripostigli del porn revenge e dell’iperconnessione patologica, ma a funzionare davvero sono gli eccentrici corti “Dante the Great” e “Bonestorm”. Comunque vedibile.