Primo numero 3 per una saga che finora aveva replicato se stessa in ogni modo possibile (tv, versione cinematografica giapponese, remake americano...) ma sempre fermandosi al 2 e sempre mantenendo alla regia Takashi Shimizu; il quale, di fronte alla proposta del 3, si sarà trovato evidentemente spaesato: “E ora come si continua?”. Ha fatto bene a rinunciare, comunque, perché le idee stavano a zero e Toby Wilkins si ritrova tra le mani il sequel più insulso che si possa immaginare, in cui la celebre famigliola sbiancata (il bimbo miagolante e la lungocrinita che si intorcola ruttando) non fa che ripresentarsi senza voglia alcuna di dedicarsi a variazioni particolari della molesta attività. In...Leggi tutto un appartamento di Chicago la maledizione prosegue e non ci vuole molto perché la bella teen protagonista (Braddy) si volti verso le scale e veda il solito bimbetto bianco accovacciato dietro la balaustra a osservarla. E si comincia a morire: chi nella vasca di casa (nell'indifferenza generale, la madre della vittima continua a dipingere come se niente fosse), chi al manicomio sbattuto a destra e a sinistra da un'allucinazione (un po' difficile da credere, per chi aveva ambizioni di studiare “seriamente” il caso...). Ma non c'è davvero nulla nella sceneggiatura che sappia dare forma alla storia, ferma alla ripresa dei due personaggi chiave della saga che accoppano in sequenza esibendosi nelle loro specialità. Di rara inconsistenza i "buoni": da una parte tre fratelli di diverse età (fratello grandicello, sorella adolescente e bimba asmatica) che interagiscono tra loro e scambian qualche parola con la dottoressa che si occupava del caso; dall'altra la sorella di Kayako, la quale ci spiega come la poveretta si sia ridotta così perché la loro madre, di professione esorcista, aveva la simpatica abitudine di trasferire tutti i demoni estrapolati dall'anima dei “clienti” nel corpo di lei, ridotta quindi a una specie di cestino per la raccolta indifferenziata di demoni (come stupirsi se poi quella minimo ti diventa un fantasma imbestialito?). Gli effetti si limitano all'ordinaria amministrazione riprendendo apparizioni e idee recuperate in gran parte dagli altri film della saga ma, quel che è più grave per un horror, manca del tutto la tensione. La quasi totalità de film si gira alla luce del sole o delle lampadine di casa e l'atmosfera silenziosa e cupa dei primi capitoli è un lontano ricordo. Riempitivi puerili il principale del fratello e il boyfriend della protagonista, avulsi dal contesto e infilati forzatamente per raggiungere una durata accettabile.
La maledizione cagionata dal padre di famiglia che ha massacrato moglie, figlio (e pure gatto) prosegue in un condominio di Chicago, nel quale abita e lavora Max (Gil McKinney) su commissione dell'amministratore, alla ricerca di clienti e in cerca di soldi per curare la sorella più piccola, Rose, gravemente ammalata. Dal Giappone arriva la sorella di Kayako, che si dice essere in grado, tramite apposito rituale, di scacciare le influenze maligne. Inutilissimo seguito di uno dei film più rifatti (a breve termine) nella storia del cinema. Non aggiunge nulla di nuovo e rasenta spesso la noia.
Torna la Ghost House Pictures. Torna il sequel di una delle saghe più famose dell'ultimo secolo. Un padre uccide, in un raptus d'ira, moglie, figlio e gatto (gettandolo contro il muro!). La maledizione, anni dopo, colpisce l'appartamento nella quale è avvenuto il fatto e la sorella di Kayako torna per eliminare gli spiriti dalla casa. Spento e fiacco sequel, diretto con la mano sinistra da Wilkins, prodotto con quattro soldi, con effetti ridcoli (le movenze dei fantasmi). Uniche motivazione per il mio *! sono Shawnee Amanda Smith e il bell'incipit.
Non così negativo come pensavo: alcune scene particolarmente azzeccate e un po' di splatter nudo e crudo aiutano nella visione. Niente di nuovo sul fronte horror ma quantomeno qualche piccolo sobbalzo sulla sedia non manca. Ormai la serie basata su Ju On non ha più motivo di esistere, visto l'utilizzo low-cost che ne viene fatto.
MEMORABILE: La scena in cui il fantasma rincorre la donna in corridoi con porte a chiusura comandata da un codice.
Ho vaghi ricordi dei primi due capitoli, ma preso come film a sé stante questo terzo installamento della serie mi pare aggiungere poco o nulla alla storia nata col prototipo; il tipico J-horror, tutto fantasmi coi capelli in faccia e dai movimenti tarantolati, nel 2009 cominciava a esalare l'ultimissimo respiro e in questo caso non si denota nulla che salvi la saga e lo stile dalla monotonia assoluta. Si segnala giusto la location, un palazzo tetro e fatiscente di sicuro impatto; per il resto, nulla assoluto.
Scialbo episodio di una saga che, invece, era partita piuttosto bene. Dal punto di vista narrativo si limita ad allungare il brodo senza nulla aggiungere ai due capitoli precedenti, rispetto ai quali perde il confronto anche sul piano della paura. Qualche sobbalzo lo fa pure fare, specialmente nel finale, ma nel complesso predomina la noia. Da vedere giusto per completezza, ma se ne può fare tranquillamente a meno.
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CuriositàZender • 29/08/09 11:30 Capo scrivano - 48848 interventi
D'altra arte la formula è quanto di più serialmente riproducibile a basso costo che esista: una casa, un po' di cerone bianco, due o tre attori. Quasi quasi un sequel me lo giro anch'io. Al piano di sopra c'ho pure una famiglia di giapponesi con bambini: volendo posso girare un sequel del grudge americano o del Ju-on giapponese, a scelta...