A trent'anni di distanza da Scene da un matrimonio, Bergman fa reincontrare i personaggi di Johan e Marianne, ma questa volta il regista svedese non li lascia soli sullo schermo. Anche se di struttura palesemente teatrale, è un bellissimo compendio di quello che è stato il suo cinema, e termina nella cosiddetta "Ora del lupo", con una commovente sequenza con in scena solo i due grandi attori protagonisti, ottimamente doppiati in italiano da Vittoria Febbi e Gianni Musy. Un bel commiato, non c'è che dire.
Se tecnicamente è seguito di Scene da un matrimonio, in Sarabanda Johan e Marianne fanno in realtà da (ricca) cornice alla vicenda tripolare di Henrik, Karin e la defunta Anna. Epicentro delle indagini di Bergman è ancora il poliedrico volto dell'amore, in perenne lotta tra ossessione del possesso e desiderio di indipendenza visto come istinto vitale (un anelito di libertà che corre al pari della conoscenza di se stessi). L'autore si astiene meravigliosamente dal giudizio ma, accanto a qualche carezza consolatoria, si limita a esprimere dolori e rabbie coinvolti nelle relazioni (quali esse siano; e qui le combinazioni sono più d'una), lasciando intravedere lo stesso spettrale abisso di trent'anni prima.
MEMORABILE: Anna e Karin, inquadrati l'una di fronte all'altro. Tenerezza e disperazione.
Questo seguito non necessario del monumentale Scene di un matrimonio, gravato da esasperante lentezza e svilito dalla finalità televisiva – e la tv del 2003 non è più quella di trent’anni prima -, gira su se stesso con uno scambio di dialoghi freddi e incomunicanti e una suddivisione in dieci parti che, concepite come gli atti di una recita teatrale, paiono invece segmenti di una moderna soap-opera. Anche i sommi maestri del cinema possono sbagliare ed è scusabile che ciò avvenga dopo una carriera immensa come quella di Bergman. Pace all’anima sua.
Gli stessi personaggi interpretati dagli stessi attori a trent'anni di distanza: nel suo ultimo film Bergman torna al passato affrontando il presente e se nelle prime sequenze pare prefigurare, insieme alla rappacificazione degli ex coniugi, una serena accettazione dell'esistenza, nel seguito emergono risentimenti, rabbie, frustrazioni, segreti custoditi gelosamente, ferite insanabili, mentre il quadro dell'incomunicabilità si allarga da coniugale a inter-generazionale, tra padri inaffettivi oppure troppo opprimenti e figli che possono salvarsi solo tagliando i ponti con essi. Amaro.
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CuriositàDaniela • 8/12/20 00:57 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Nel corso nel film si vede più volte la fotografia di una donna morta un paio di anni prima rispetto agli eventi narrati, ossia la nuora del protagonista interpretato da Erland Josephson. La donna ritratta nella fotografia è Ingrid von Rosen, quinta ed ultima moglie di Ingmar Bergman. La sua morte nel 1995 provocò una profonda depressione nel regista che riuscì a riprendersi solo riprendendo a lavorare. Questa la fotografia che si vede nel film.