Tiepido horroruccio dalla landa dei ghiacci, Reykjavik whale. Kemp non sa dove strascicare la sua rete: se nelle secche del torture-porn o per fondali noir della commedia. Fra navi labirintiche più di Cnosso e prefinali-aperti che avrebbero meritato un mulinello con più corsa sbotta su un mal di mare di quelli che non bastano le gomme antiemetiche. La famiglia che sussurrava ai cetacei contro il resto del mondo (un gruppo di gonzissimi turisti multietnici), ma la trama salta in padella troppi stimoli e le suggestioni s'affastellano ritorte come file di denti squaliformi. Non aprite quella orca.
Dopo aver dato fondo ai treni, per il torture-slasher era evidentemente turno dello sluaghtering nautico. E così, durante una visita guidata di avariata umanità e attorialità, Capitan Findus si fa la bua di bruttissimo, e il suo equipaggio viene tratto in salvo su una baleniera. Solo che, guarda un po', fin da subito non tira propriamente aria da Love boat e non vi si preparano filetti di platessa, ma un buonissimo spezzatino di passeggeri. Ciò inorgoglirebbe Cousteau, non così resta la ciurma spettatoriale, che dopo ben altre marette dovrà vedersela con un seavage deliverance multifallato. A quando il torture ad alta quota?
Tu vuò fa l’Americano, andrebbe cantato all’ambizioso Kemp. C’è dell’ardimento però nel suo girato: gli agnelli sacrificali sono multirazziali, multisessuali, polifunzionali; il gore abbonda pur non eccedendo in fantasia; i personaggi deviano talvolta dalla presunta sorte e nei titoli di testa ci sono anche delle (deprecabili?) immagini sul massacro delle balene, neanche fosse Seed. Non nego che a ogni pregio corrisponda quasi matematicamente una castroneria, ma questi film sconclusionati e traballanti a me fanno simpatia: Harpoon allez!
Come Hooper aveva ubicato nel suo Texas una famiglia di macellai con un debole per la carne umana, così l'islandese Kemp riadatta alla geografia patria il macabro quadretto, gettando un mucchietto di turisti fra le fauci di balenieri maniaci. Idea simpatica sulla carta, tuttavia non sfruttata al meglio. Gli influssi politicamente scorretti, manifesti specialmente nel satirico tratteggio del corpus multietnico dei protagonisti, mancano dell'arguzia necessaria, mentre lo sprint salsheristico non offre guizzi d'inventiva degni di nota. Confezione gradevole e gore di discreto livello.
MEMORABILE: La particina di Gunnar Hansen (di origine islandese); Il fuggitivo in mare arpionato; L'esplosione incendiaria suicida; Il misunderstanding romeriano.
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DiscussioneZender • 31/05/10 08:17 Capo scrivano - 48904 interventi
In effetti pare anche a me Schramm. In fondo il titolo che si vede nella locandina è quello senza Harpoon. Quello che dici Imdb lo segnala come "nuovo titolo lungo". L'ho inserito negli aka.