Discussione
Rebis • 21/08/16 16:23
Compilatore d’emergenza - 4439 interventi All'inizio del film, mentre nel bar giocano a flipper, il compagno di Nana le racconta di aver letto i temi di alcuni bambini sul loro animale preferito. Una bambina, parlando della gallina, dice che è un animale con un interno e un esterno: se le togli l'esterno, rimane l'interno; se le togli l'interno, rimane l'anima. Siamo dalle parti di Aristotele, della teoria del sinolo costituito di materia e forma, potenza e atto, che porta alla definizione dell'essenza delle cose, che per Aristotele è appunto la forma; e il suo compimento - la messa in atto della forma che era in potenza - è il fine cui la Natura mira. Questo solo per dire che spetta a una bimba delle elementari l'incarico di spiegare l'operazione che Godard sta cercando di realizzazare con il suo film: una sospensione del giudizio, l'annullamento dei criteri di valutazione ed elaborazione individuali, il congelamento e la rimozione dell'ideale soggettivo e collettivo del reale - che in filosofia si chiama epoché - l'interno che "inquina" la nostra percezione, per restituire la fenomenologia del vivere, il suo manifestarsi; cogliere l'esterno inteso come forma, l'anima o l'essenza dell'esistere.
All'inizio del film i personaggi parlano dandoci le spalle: non sono lì per noi, nella posizione utile per farsi ascoltare dal pubblico, disattendono le nostre aspettative, sono lì per se stessi. Questo per dire che la restituzione - cinematografica in questo caso - dell'essenza dell'esistere, una volta colta, deve comunque avvenire sul piano del linguaggio - fonetico, filmico, letterario: è un limite per noi invalicabile. E allora quale forma di linguaggio usare per mantenere integra la realtà fuori dalla nostra soggettività, della nostra idealità? Delle volte, come Nana, vorremmo dire qualcosa, ma ci blocchiamo, nella nostra testa tutto ci sembra chiaro, ma non troviamo le parole, perché quelle conosciute non bastano, perché il linguaggio è limitato, insufficiente. E tuttavia dobbiamo esprimerci.
E' di questo, credo, che stanno parlando Nana e il filosofo al bar. Stanno dicendo che non esiste una verità, che non esiste un approdo ultimo riservato all'uomo saggio - bambino, adulto, giovane, vecchio, uomo o donna che sia. L'unica verità è la constatazione che non si può prescindere dall'errore e dalla menzogna, perché sono costitutivi della verità stessa, poiché deve essere data attraverso il linguaggio. La menzogna non è l'inganno subdolo e malevolo che riserviamo al prossimo, ma il fare "come se", sostenere una verità, una rappresentazione di essa, il concedersi un appoggio, un approdo transitorio (dogmatico anche), un credo "conquistato" con la riflessione, che ci convince; non è il traguardo ultimo della saggezza o della maturità, ma quello che ci consente di continuare a vivere, di dare un senso al mondo che costituiamo, di conferire un significato al nostro agire. La maturità regala tutt'al più la consapevolezza che la certezza che sostiene il nostro vivere è basata sull'errore, sul compromesso; la consapevolezza insomma che la logica non può boicottare se stessa, i principi che la costituiscono, e quindi deve "crederli" se vuole continuare a sussistere. E così Nana
non è una prostituta,
ma fa la prostituta. Una menzogna, insomma, ciò di cui ha bisogno per continuare a vivere. Così Godard riforma il linguaggio cinema, lo sovverte, lo trasgredisce,
mente non per spirito contestativo, ma per approssimarsi il più possibile a ciò che non riesce altrimenti a esprimere. In fondo anche il cinema è una menzogna.
Scusa Fauno se mi sono dilungato tanto, ma ci tenevo a chiarire quanto ho maturato in questi giorni ripensando al film. Le tue considerazioni, che condivido solo in parte (come avrai avuto modo di intuire leggendo quanto ho scritto) mi sono state tuttavia immensamente utili. Grazie ancora!
Ultima modifica: 21/08/16 20:13 da
Rebis