Rassegna estiva:
Melò d'agosto-Un'estate melodrammaticamente melodrammatica
Spietatissimo uno degli ultimi Wyler, dove la sua regia, che taglia come un bisturi, non fa sconti, tra infamie, cattiverie, malelingue, diaboliche messe in scena, dialoghi al vetriolo, alienazione, isolamento, dei pregiudizi che pesano come un macigno e diffamazioni che portano alla rovina (dei sentimenti, della vita, dei rapporti umani, della "colpa" di avere una passione " contronatura" per la persona dello stesso sesso, "colpa" da espiare con il gesto più estremo possibile).
Il grande leone di Hollywood innesta una luciferina tessitura alla "piccole donne", tra giochi di bimba che mutano in invenzioni perverse e maligne, per poi sfociare nel dramma più cupo, fino al durissimo e impietoso finale, dove l'infamia cede il posto alla più drastica delle scelte.
Wyler che, in dirittura di arrivo, non ha peli sulla lingua e sferra pugni allo stomaco (l'apoteosi avverrà con
Il silenzio si paga con la vita), in un cupo teatro della crudeltà che inizia come un soave e leggiadro proto
Picnic ad Hanging Rock, dove le ragazzine hanno il diavolo in corpo (e la bimbetta del
Giglio nero e lì a fare le boccacce), leggono libri proibiti, si fingono ammalate di cuore, ricattano le amichette (il braccialetto rubato) che sono , a loro volta, delle piccole ladre, origliano dietro alle porte, spiano e vivono di pettegolezzi e fandogne, inventandosi turpi storie di "perversioni" di amori proibiti tra donne, scatendando così la pandemia e il sospetto, che si espande come un virus, fino alle estreme conseguenze.
La scuola c'ha i finestroni che piangono come la villona di
Amityville Horror, ma qui, a fare davvero paura, sono le piccole silfidi in erba (da antologia i fiori raccolti dal bidone dello sporco, piccolo pezzo di macabra ironia), che per capriccio o per vendetta mettono in piedi un meccanismo di illazioni che non avrà redenzione o pentimento, innescando la miccia della paranoia e dell'infame marchio (i genitori portano via a frotte le proprie figlie dalla scuola, l'uomo delle consegne guarda le due donne come se fossero delle aliene-con lapidaria risposta della MacLaine: "
Guarda, ho sei dita e due teste, sì, sono un mostro!"-, i villici si mettono con il furgoncino, dietro la siepe, a spiarle -un pò come succederà a Kathy Bates ne
L'ultima Eclissi-e l'amore si sgretola sotto il peso dell'atroce tarlo del dubbio).
Vecchie e gelide maliarde (gran pezzo di regia la sequenza in cui, una volta smascherata, la piccola vipera c'ha un espressione di terrore in cima alle scale, e la nonna , dopo un lieve malore, la fissa con disprezzo) che non ci pensano su due volte a tacciare di infamia le due insegnanti, credendo alle parole di due ragazzine (e il loro "smascheramento" è un altro pezzo di antologia, con la scatolina che contiene la refurtiva della piccola ladra-una Veronica Cartwright ancora piccina picciò-).
Wyler, tra disperazione e angoscia, mette in luce i sofferti rapporti di una amore che non sarà mai corrisposto (e alla fine c'è un fondo di verità nell'impostura del piccolo mostro travestito da ragazzina innocente) che sfocia nella lancinante dichiarazione d'amore che fà la MacLaine alla Hepburn.
E dopo tanta sofferenza (e ad una svolta straziante), Wyler mostra, in una sequenza di grandissimo cinema, la Hepburn che cammina a testa alta uscendo dal cimitero, circondata dalle persone che l'avevano tacciata di vergogna e dal viale alberato in fiore.
Straordinario parterre attoriale (la Hepburn e la MacLaine in una gara di assoluta intensità, anche se più compita e mesta la prima, tanto è istintiva e tormentata la seconda) e chiaroscuri da cinema dei bambini cattivi e dannati, che lambisce l'horror dell'infanzia corrotta e distruttrice (le parole, spesso, sono più letali di falcetti e armi contundenti).
Dall'inizio tra le schermagliette delle ragazzine, ai ricatti e alle perfide crudeltà, alle gelosie della MacLaine verso la Hepburn che si stà per sposare, alle zie egoiste e vanesie, a quel terribile pre finale nella camera da letto, dove Wyler regala-ancora-pezzi di regia maestosi, come la Hepburn che, in giardino, sente che stà succedendo qualcosa di terribile.
Tutto è lucidamente perfetto, dallo script chirurgicamente ferreo, dalla regia lucida, spietata, impeccabile e senza sbavature di Wyler, dalle svolte dolenti, ai dialoghi intensi e , spesso, crudeli, all'atmosfera soffocante e angosciosa, alla straziante-allorchè molto realistica e, ahimè, parecchio attuale- vicenda che stringe sempre più come una morsa, fino al raggelante finale.
Cinema che non fa sconti, inesorabile trattato di perfidia e maldicenza e durissimo gioco al massacro di muliebre perfidia.
Bravissima (e giustamente detestabile) la piccola Karen Balkin nel ruolo della iniqua e scellerata Mary.
Curioso come IMDB, tra le foto di scena del film, ne riporti una con la Hepburn e la MacLaine alla sbarra davanti al giudice in tribunale. Nel film si menziona il processo, ma non c'è traccia fisica di esso. Sequenze processuali eliminate al montaggio da Wyler stesso, che rallentavano la narrazione e avrebbero allungato il film oltre le due ore.