Dalla penna di Francis Durbridge uno dei migliori gialli prodotti dalla Rai, sei puntate (di circa un'ora ciascuna) fitte di colpi di scena e indizi impensabili raccolti durante una maratona che ha la straordinaria capacità di avvincere grazie anche alla strepitosa caratterizzazione dei due personaggi chiave: il Guy Foster di Rossano Brazzi e l'ispettore Cameron di Scotland Yard cui dà il volto Turi Ferro. Il primo è un uomo di grande tempra, profondamente sincero (o almeno così pare), autenticamente straziato dalle evoluzioni della vicenda, il secondo un funzionario di estrema umanità che stabilisce con Foster un rapporto dai tratti talvolta memorabili, originale...Leggi tutto pur ricalcando stilemi tipici del genere. Melissa Foster (Ruspoli) è la vittima, donna elegante e in aperto contrasto col marito Guy al quale rimprovera di non volersi cercare un lavoro dopo aver lasciato il giornale per cui scriveva. Partita insieme agli amici Paula (Adani) e Felix Hepburn (Tieri) per raggiungere una festa in casa dell'amico pilota di auto da corsa Dan Page (Serato), Melissa non vi arriverà mai, strangolata sulla strada in circostanze inizialmente del tutto oscure. Paula e Felix, alla sua richiesta di tornare a casa, l'accompagnano al taxi e di lei non si saprà più nulla fino al ritrovamento da parte della polizia. Guy, rimasto a casa per scrivere un suo romanzo, distrutto, risulta essere il primo indiziato, dal momento che Felix dice di aver provato a telefonargli a casa senza trovarlo proprio nelle ore in cui la moglie veniva uccisa. Lui sostiene di non aver ricevuto nessuna chiamata, ma sono anche altri a mettere in discussione le sue parole in diverse circostanze. Un neurochirurgo (Volpi), ad esempio, testimonia di aver avuto in cura sia Guy che Melissa; perché allora Guy afferma di non averlo mai visto? Ce n'è abbastanza per far precipitare nel caos non solo l'ispettore Cameron ma lo stesso protagonista, sempre più sconvolto da dichiarazioni che da più parti lo dipingono come un bugiardo o, mella migliore delle ipotesi, uno smemorato. Da queste basi la storia - ambientata a Londra - prenderà il via coinvolgendo due cittadine nei pressi e un buon numero di personaggi (senza tuttavia eccedere come in altre opere di Durbridge). Lo sceneggiato ha infatti il grande pregio di rimanere sempre estremamente chiaro nei suoi sviluppi e di sommare nuovi incontri e nuove piste in modo assolutamente armonico e omogeneo, con una perfetta gestione dei tempi (e di questo bisogna dare merito all'ottimo D'Anza, autentico specialista del format) e permettendo a Brazzi e Ferro di sfruttare i minuti in più rispetto a un film per ispessire la psicologia dei loro personaggi, resi vivi sì dal copione ma soprattutto dalle loro interpretazioni. Eccellenti performance, comunque, anche per il resto del cast (Tieri e Volpi impeccabili, Serato meravigliosamente in parte), con l'unica eccezione - forse - di un'Adani in versione troppo macchiettistica; e c'è anche un giovanissimo Satta Flores come braccio destro dell'ispettore. Le divagazioni sono sempre rigorosamente riconducibili al segmento principale e dei difetti nel copione ci si accorgerà solo nell'ultima puntata (con finale spettacolare inaspettatamente ben girato anche dal punto di vista della realizzazione tecnica), quando cioè i nodi verranno al pettine e la difficoltà di portare a conclusione l'enorme quantità di questioni aperte si fa evidente. Si tralascerà qualcosa dando l'impressione che alcuni indizi siano stati inseriti solo per stupire lo spettatore e senza un vero perché (specificatamente quelli che nel romanzo di Durbridge non esistono): l'approfondimento sul primo matrimonio di Melissa ad esempio, o più in generale tutta la parte conclusiva, inventata da noi di sana pianta (nel libro l'assassino viene scoperto in modo molto più tradizionale e sbrigativo). Si concederà in coda molto all'immaginazione di chi guarda e si appesantirà la narrazione con flashback un po' superflui perdendo la rigorosità e la concisione in favore di una chiusura alla Agatha Christie in cui sembra sempre obbligatorio che i sospettati restino tutti tali fino all'ultimo momento. E' quindi un peccato che proprio la sesta puntata non riesca a mantenere lo stesso alto livello delle precedenti; anche così, comunque, le spiegazioni non lasciano quasi mai l'amaro in bocca. E poi c'è Brazzi: con la sua mimica e la sua travolgente carica (attenzione, mai forzata) lascia davvero il segno.
Tratto da un romanzo di Francis Durbridge, è considerato il capostipite di quegli sceneggiati gialli Rai di cui proprio D'Anza diventerà il massimo artefice. Per metà è solo interessante, poi il coinvolgimento cresce fino alla soluzione, imprevedibile ma plausibile e ben congegnata. Brazzi credibile nei panni del protagonista al centro di una situazione dai contorni quasi kafkiani, ma Turi Ferro (l'abile ispettore di Scotland Yard) è ancora più bravo. Bella la sigla finale Regent's Park cantata da Connie Francis.
Sovrano degli sceneggiati Rai anni 60-70, D’Anza fonda il suo regno con “Melissa”, immettendo nell’intrigo poliziesco quel senso di inquietante mistero (telefonate di persone scomparse, oggetti che compaiono e scompaiono) che ne Il segno del comando imboccherà dritta la strada del soprannaturale. Ad ogni colpo di scena l’enigma si fa sempre più appassionante e ciascuna puntata – tranne forse l’ultima, che dura venti minuti in più delle altre – scorre velocissima, spinta dal caldo temperamento di un Brazzi preso nel gorgo degli eventi e dal severo raziocinio di Ferro.
MEMORABILE: Il simpatico personaggio di “Nottingham” interpretato da Carlo Bagno; la trappola all’autodromo.
"You just keep me hanging on...": con tutto il rispetto per Connie Francis, è il ritornello di Lou Reed quello che mi batteva in testa guardando questo sceneggiato; la curiosità sale, ma è bello restare in sospeso, cercando di interpretare dettagli che sono veri rompicapo (quale donna uscirebbe di casa dimenticandosi la borsetta? Perché comprare cappellini se non li si indossa mai? Chi può imitare così bene la voce di una morta tanto da ingannare il di lei marito?) Ammirevole la compostezza british degli italianissimi interpreti, impeccabile la soluzione a incastro del complicatissimo puzzle.
MEMORABILE: Il colpo di scena del ragazzino dal barbiere; la prima immagine di Melissa, un volto malinconico e misterioso.
Questo sì che è un po' più lento rispetto agli sceneggiati tratti Durbridge che verranno dopo... Meno intrigante di altri almeno nelle prime puntate, poi diventa sempre più interessante (anche l'azione e gli esterni aumentano, anche se sono davvero brutti i frequenti fondali finti, soprattutto nelle scene in macchina). Il finale non spiega alcune cose e si ha l'impressione che non si sia stati molto onesti con noi spettatori...
Durdbridge e Daniele D'Anza, un'associazione vincente nel tradurre in immagini e volti un giallo al solito intricatissimo e naturalmente inverosimile. Una affascinante donna viene trovata strangolata a Regent Park, ma il vero enigma è ricostruire la sua personalità. Brazzi, Serato, Ferro, Tieri, Adani... tutti a concorrere alla riuscita di una storia che fino in fondo riluce dell'ombra ambigua della contraddizione umana. Finale-trappola alla Agatha Christie.
E' molto figlio del suo tempo: poca azione, molti dialoghi, recitazione teatrale. Eppure regge bene i suoi oltre cinquant'anni, perché la trama è appassionante, i colpi di scena non sono scontati e alcuni attori (Laura Adani, Aroldo Tieri e soprattutto Turi Ferro) sono davvero molto bravi. E poi, dietro l'apparente semplicità di un giallo classico, ci sono (appena accennati) passaggi non convenzionali: lo spaccio di droga, le corna coniugali...
MEMORABILE: La scena al bagno turco, con Brazzi e Volpi che sudano per davvero.
Daniele D'Anza HA DIRETTO ANCHE...
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Purtroppo i primi 2 sembrano andati perduti per sempre.
DiscussioneDusso • 6/03/17 12:16 Archivista in seconda - 1831 interventi
Segnalo due ritrovamenti strepitosi per i fans di "Francis Durbridge" non so da dove siano spuntati ma su Youtube sono da due giorni disponibili due sceneggiati radiofonici della Rai proprio tratti da due opere del popolare(all'epoca) scrittore britannico:
La Boutique del 1968 con le voci principali di Ilaria Occhini, Mico Cundari e Lia Zoppelli
Margò del 1967 con le voci principali di Aroldo Tieri e Lia Zoppeli (che interpretano Paul e Steve Temple) poi tra gli altri Giuliana Lojodice e Corrado Gaipa