Tra i tanti “pornonazi” all'italiana quello di Fabio De Agostini risulta essere uno dei più ambiziosi e meno inclini alle esagerazioni erotico-splatter. E' soprattutto la totale assenza di sangue a colpire: Ia confezione patinata, la ricerca visiva di un De Agostini molto attento alle inquadrature si risolve in un rifiuto a "sporcare" l'opera con le abituali cascate di sangue e atrocità assortite. Pure il soggetto e la sceneggiatura vorrebbero essere più ricercati e strutturati della media ma, a ben vedere, anche in LE LUNGHE NOTTI DELLA GESTAPO si finisce per concentrare...Leggi tutto la storia nella solita "casa privata" in cui un gruppo di alti esponenti della borghesia, tra verbose considerazioni sul disvalore dell'ideologia hitleriana e repentini scatti d'ira, si concede allegramente alle grazie dell'immancabile schiera di "sacrificate sessuali": prostitute compiacenti quasi sempre nude o in guêpière pronte all'orgia perversa e a spettacolini erotici stuzzichevoli (vedi lnga Alexandrova che s' infila una pallina da golf nella vagina). Perché allora tante parole? Perché voler dare ad ogni costo una giustificazione apparente al prevedibile campionario di sesso, divise e facce truci? In conclusione il risultato primo di tanto apparente sforzo in fase di scrittura è solo l'evidenza della povertà di contenuti, appesantita da musiche snervanti (di Francesco Valgrande) e da una lentezza narrativa a tratti insostenibile. Peccato per l'inattesa ricchezza della messinscena, sprecata al servizio di un’opera prolissa e mal gestita, con un finale drammatico e senza speranza che avremmo voluto arrivasse prima.
Un gruppo di borghesi tedeschi non intende condividere la politica "razzista" di Hitler e si oppone al regime: le SS organizzano una sorta di festino per incastrare i "ribelli" per poi ucciderli. Lo sceneggiatore di Amanti d'Oltretomba (1965) e Nelle pieghe della carne (1970) porta sullo schermo la versione meno sensazionalistica dell'eros-svastika, quella forse più celebrale, ricca di dialoghi spesso fuori posto rispetto alla sostanza del film, che rifugge il formalismo puro, ma nei contenuti non aggiunge nulla di veramente profondo.
MEMORABILE: "Il sonno della ragione genera Mostri"...
Dopo "Belle d'amore" De Agostini ci dà una sua personale interpretazione dell'eros svastika allestendo un demenziale campionario di perversioni e violenze condite da farneticanti disquisizioni politico-filosofiche, da grotteschi simbolismi e da penosi scimmiottamenti del cinema sperimentale. Al di sotto di ogni minimo standard comunque lo si guardi, è uno dei peggiori film italiani di tutti i tempi. Ma forse è proprio tutto ciò a dargli un alone di fascino così sinistro da sfiorare il sublime.
MEMORABILE: La povera bimba sciaguratamente trascinata su quel set. Oggi sarebbe da denuncia al Telefono Azzurro.
Comincia discretamente, ma quando poi entra nel vivo, con la festa orgiastica nel castello che porterà tragiche conseguenze (volute dai diabolici nazisti), il ritmo si allenta, la storia diventa noiosa e parecchie volte si cade nel ridicolo involontario. Si salvano qualche buon caratterista (la Torosh in un ruolo consistente), le belle scenografie, i titoli di testa. Poteva venire fuori meglio...
La trama, desunta da un romanzo dello stesso regista (“Solstizio di tenebre: memorie di Berta Uhland”) è talmente astrusa da far entrare in agonia persino la pazienza di un santo o la curiosità del cinefilo più tenace e la volontà di attribuirsi un minimo di rigore storico-politico si annichilisce nelle solite orge di sesso e morte dell’eros svastica e in nudi femminili privi di qualsiasi grazia ed erotismo. «La notte della ragione genera i mostri»: un tardivo atto di contrizione da parte di De Agostini?
MEMORABILE: La canzone “La notte della ragione genera i mostri”, equiparabile per delirio trash a quella dei titoli di testa di Estratto dagli archivi segreti....
De Agostini sembra voler dare un tocco personale e in una certa misura persino ambizioso a questa sua variante dell'eros-svastika: i dialoghi di discreto livello, le buone scenografie e le musiche ricercate (seppur la canzone portante abbia un testo involontariamente comico) fanno inizialmente ben sperare; anche il montaggio sembra realizzato con un certo stile. Il problema è che la tensione non cresce mai e si rimane allo stesso livello tedioso per tutta la durata, facendo ben presto perdere l'attenzione grazie ad un'interminabile logorrea.
Nazi-erotico con qualche ambizione di scrittura rispetto alla media, non del tutto realizzata. Malgrado la verbosità però proprio il suo andamento quasi teatrale e il tentativo di concentrarsi più su dinamiche psicologiche che sul consueto grand-guignol lo rendono interessante. Cast che affianca a regulares del genere i poco ariani Gaipa e Sportelli... La canzone di Giovanna ovviamente è uno dei punti più alti.
MEMORABILE: Una delle entraineuses a Luciano Rossi: "È vero che lei studia le particelle elementari?" "Effettivamente... "
Film nazi-erotico senza mordente, noioso e che si fatica a terminare. Eros capace di far addormentare un quattordicenne. Storia che vuole apparire sofisticata ma che non lo è affatto. Finale che poteva concludersi mezz'ora prima. Pessimo da qualunque angolatura si guardi ad eccezione forse della scenografia. D'effetto solo il titolo.
Come il regista Cadinot, Fabio de Agostini usa l'elemento filmico, in questo caso al servizio di una sceneggiatura nauseabonda, che fonde in un improbabile tessuto narrativo il nazi-softcore con lo pseudo storico. La differenza è che i film di Cadinot sono nobilitati dal cinema di cui sono permeati, questo invece ne è succube in quanto ripiegato su se stesso. Tedioso, insulso, volgare, irrispettoso, degenerato, caricaturale.
MEMORABILE: Il trucco circense: era davvero il caso di rendere pallido come i morti l'intero cast?
Vanamente ambizioso e sicuramente scombiccherato. De Agostini punta alto, qui ma non è all'altezza della materia trattata. La trovata dell'orgia (e del conseguente massacro) è davvero esile oltre che sviluppata con mano malferma e pavida: il regista non ha il talento dell'erotismo (nemmeno kitsch) e non osa la pornografia. Il risultato, a posteriori, è un filmino né carne né pesce impossibile da recuperare persino in chiave scult.
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"Il sonno della ragione genera mostri" è frase contenuta nel film di De Agostini (ma a qualcuno ricorderà anche il baviano Dèmoni) ed è una libera citazione di un'acquaforte realizzato nel 1797 dal pittore spagnolo Francisco Goya.
Ad ogni modo esiste una fonte letteraria che ha suggerito al regista la sceneggiatura di questo nazi-erotico nettamente sopra alla media per qualità artistica (ma non per intrattenimento): Solstizio di Tenebra di Bertha von Uhland.
Il professore è doppiato da Sandro Tuminelli
La prostituta che va col professore è doppiata da Noemi Gifuni
"l'agricoltore" è doppiato da Bruno Alessandro
SEX & VIOLENCE 2 - La serie completa Titoli della serie Sex & Violence 2 distribuiti da noi in VHS grazie alla Shendene & Moizzi, componenti il ciclo "Il cinema estremo italiano" (ogni titolo contiene il link alla scheda davinottica del film):
Nel film, ricco di belle presenze femminili al punto di competere, per gradazione erotica, con il solo (nel sottogenere) Le deportate della sezione speciale appare Alessandra Palladino, non nuova a calcare set di serie B (Una vergine in famiglia, La campagnola bella).
DiscussioneRufus68 • 13/09/16 00:19 Contatti col mondo - 218 interventi
Poco prima della scena saffica una delle protagoniste recita (in francese) una celebre lirica di Paul Verlaine (i primi dodici versi): Canzone d'autunno
Una scelta facile, ma azzeccata, che inietta un po' di genuino ed estenuato sangue decadente in questo filmetto altrimenti inerte.
Chanson d'automne
Les sanglots longs
des violons
de l'automne
blessent mon coeur
d'une langueur
monotone.
Tout suffocant
et blême, quand
sonne l'heure,
je me souviens
des jours anciens
et je pleure.
Canzone d'autunno
I lunghi singulti
dei violini
d'autunno
mi lacerano il cuore
d'un languore
monotono.
Pieno d'affanno
e stanco, quando
l'ora batte
io mi rammento
remoti giorni
e piango.