Il libro ricordo era molto simpatico. Il film mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca. Per quanto riguarda gli attori niente da ridire, tutti molto naturali e in parte. La regia è invece confusionaria e spesso senza capo né coda in alcune scene, che sembrano appiccicate come intermezzi estemporanei di altri film. La scelta della voce dell'armadillo non convince, così anche come la scelta di renderlo esageratamente finto (corrugati al posto della corazza). Manca il focus che dovrebbe far arrivare il messaggio.
Qualche sbavatura ce l'ha e non si può parlare di arte per immagini, ma, nella sua semplicità, La profezia dell'armadillo riesce a conservare l'autenticità e la brillantezza del primo lavoro di grande respiro di Zerocalcare. Protagonista e spalla sono ben rappresentati e funzionano, l'immaginario è intatto (l'armadillo vi farà inizialmente storcere il naso, poi troverà il suo posto nell'estetica complessiva), la colonna sonora centrata, c'è qualche elemento di confusione qua e là e si tratta pur sempre di un film leggero, ma diverte. E tanto basta.
Un giovane disegnatore si interroga su se stesso dopo un evento luttuoso. Un’opera non completamente riuscita (a volte la sceneggiatura “divaga” un po’ troppo e l’armadillo come coscienza può risultare fuori contesto), ma interessante nell’esplorare le dinamiche giovanili nei quartieri periferici in un film intriso di una romanità e di un umorismo pungente che ne costituiscono il principale motivo di gradevolezza. Convincente la prova del protagonista, meno quella di Pietro Castellitto. Buona la colonna sonora.
Giovane disegnatore cerca il suo equilibrio tra il lavoro che cerca e la scomparsa di un'amica. Sorta di commedia generazionale che ha il suo punto di forza nelle riflessioni non banali. Sceneggiatura che mescola flashback al reale con gli interventi da grillo parlante dell'armadillo in questione, che risultano abbastanza inutili. Protagonista in parte, non bene Castellitto jr. che quando recita non sempre si fa intendere.
MEMORABILE: Panatta che dice di andare a casa; La ripetizione al ragazzo che deve scaricare L'odio di Kassovitz.
Agli occhi di chi guarda il film senza aver letto il fumetto risalta subito la pochezza dei dialoghi, sterili e palesemente fittizi che portano a un risultato posticcio e poco convincente. Probabilmente il tentativo è di rendere bizzarre le situazioni, ma la sceneggiatura e la regia risultano talmente povere che l'aspetto surreale è completamente fallito. Che resta? Qualche frase azzeccata di Aprea-Armadillo e poco più, per un film che non convince e anzi risulta immediatamente noioso.
MEMORABILE: Il simpatico cameo di Adriano Panatta.
Bel dramma crescere se si è degli inguaribili idealisti: si possono sognare mammut a Rebibbia e principi morali incorruttibili nel dialogo intergenerazionale, ma poi gli odiosi dilemmi dell'esistenza (la stabilità economica, la necessità di un compromesso, la malattia e la morte) bussano inesorabilmente alla porta e tocca fare i conti con sé stessi. Da una delle graphic novel più toccanti di Michele Rech-Zerocalcare un film che sperimenta coi linguaggi visivi (ma gli inserti animati non sono un granché), rischiando però di glassare di retorica la sincerità del messaggio. Medio.
MEMORABILE: Incontro amaro con Greta (Del Bufalo); In viaggio verso i funerali di Camille.
Il confronto tra questo film e Strappare lungo i bordi è inevitabile, considerando le forti similitudini tra i due lavori. Se nel caso della serie tv possiamo parlare di un'opera riuscita, in questo caso invece dalla penna di Zerocalcare esce qualcosa di interessante e con discreti spunti; ma ancora acerbo, frammentario e privo della necessaria maturità stilistica.
Intrigante pur se balbettante tentativo di riportare su pellicola la schizofrenicità concettuale e lo stream of consciousness zerocalcariano. Esperimento segnato in positivo da una fragrante sincerità di imprinting che però, oltre al coraggio di osare nel portar in scena protagonisti affrancati da passaggi televisivi o giovanilismi d'accatto (Liberati e Castellitto si rivelano scelte azzeccate), resta invece piuttosto incerto ed anzi abbozzato sul piano dello stile e dell'autonomia visiva ed emotiva. Risultato: un quadro piuttosto piatto al posto della tridimensionalità del fumetto.
MEMORABILE: L'armadillo di Aprea che conquista col tempo paradossale corporeità e incisività.
Il classico nichilismo dello stile di Zero calcare unito a una sorta di storia giovanilistica (con amicizia e forse amore che travalicano la morte) ma in fin dei conti poco interessante. Se la regia è buona e Liberati convincente, a non funzionare è proprio la sceneggiatura poco coesa, incerta su cosa vuole lasciare allo spettatore e dal passo troppo lento. Molto bravo anche Aprea, più incolore la sfilata di volti noti in piccole parti. Mediocre.
Per quanto dietro ci siano senza dubbio grandi idee (e siano convincenti le prove attoriali di Liberati e Castellitto), il film, a causa delle sceneggiatura troppo dispersiva e nonostante alcune buone scene, tende ad annoiare e operare "classicamente" non è sicuramente il miglior modo per realizzare una trasposizione delle opere di Zerocalcare (come ampiamente dimostrato nell'assai più fortunato Strappare lungo i bordi).
Film interessante, con qualche falla che forse si crea quando sarebbe il momento di osare di più e invece preferisce rimanere su binari sicuri. Se vi piace Zero Calcare sicuramente lo apprezzerete, in quanto vedrete il suo tocco e il suo modo di raccontare le cose e si percepisce la sensazione che ci sia qualcosa di autobiografico, nella storia raccontata. Viene offerto poi uno spaccato della vita giovanile nella periferia romana, interessante sia per chi la vive sulla propria pelle, sia per chi vive a chilometri di distanza da un mondo così caratteristico e unico.
Un film che vive a sprazzi, con alcune battute riuscite ma che lascia anche momenti di incertezza e nel complesso la sensazione di qualcosa che poteva funzionare meglio in altri contesti (magari quelli da cui è tratto) e se tagliato a dovere. Il fatto è che insistere sull'aria da sfigati di Liberati e Castellitto, sulle elucubrazioni mediate dall'armadillo del titolo, alla lunga non porta a grandi risultati e limita lo sviluppo della pellicola. Geniale però la comparsata di Panatta.
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il mondo delle metafore di zerocalcare non riesce ad adattarsi al grande schermo qualche bella immagine e bella battuta ma niente di piu'..
DiscussioneXamini • 20/09/18 11:59 Call center Davinotti - 559 interventi
Invece, secondo me la riduzione funziona. E non era per niente facile, considerato il media di provenienza, la particolarità della sua narrativa (la sua forza sta nell'ironia che sbuca dalla miscela sottocultura anni '80 e tratto) e il fatto che l'albo originale sia stato a sua volta concepito come una collection delle strisce che produceva sul blog.
Insomma, la difficoltà nel valicare il confine tra i media era molto alta, eppure il film ha una propria coesione, delle soluzioni stilistiche che a conti fatti funzionano (l'armadillo), delle idee inedite altrettanto centrate (il peperoncino, che non mi pare di ricordare nell'albo).
E infine un Castellitto Jr. che ha espressività e andrà esplorato.
Dove perde è nel momento in cui si fa confusionario (l'episodio al gate sopra gli altri). E poi, vabbeh, chiaramente non si può mettere sullo stesso piano di certo cinema "di peso". In questo senso, il mio resta un giudizio emotivo.