A un tizio il postino consegna un bel braccio amputato e impacchettato. L'uomo immagina già chi possa essere il mittente, perché raggiunge un amico e subito parte un flashback chiarificatore: tempo prima lui e un piccolo gruppo di ricercatori erano rimasti intrappolati sottoterra, e per salvarsi dopo una decina di giorni di digiuno s'erano sbranati il braccio di chi aveva avuto la sfortuna di essere stato tra loro sorteggiato per il pasto. Poco dopo ecco giungere i soccorsi, con inevitabile furia del superstite senza il braccio, che anni dopo saprà come vendicarsi andando in giro a mozzare gli arti degli amici (ammesso che il colpevole sia davvero lui, visto che non è...Leggi tutto mai ripreso in volto) con un'accetta "da passeggio". Prendendo per il flashback iniziale chiaramente spunto dal noto dramma dell'aereo precipitato sulle Ande pochi mesi prima (e portato su schermo solo qualche anno dopo), il film passa presto al thriller classico tentando vanamente la via delIa suspense e dell'omicidio sanguinario ma allineandosi invece ai tipici prodotti americani di serie B dell'epoca, spesso anonimi, immersi in una tenebra perenne e dallo svolgimento elementare (salvo per gli ultimi dieci minuti rivelatori, in questo caso). Particolarmente invadente e irritante la colonna sonora elettronico-psichedelica, con suoni e rumori piazzati a casaccio, ma è tutto l'insieme ad evidenziare una preoccupante carenza registica che rende questo THE SEVERED ARM (almeno il titolo originale era più indicativo) un film scadente e tediosissimo.
Non è un capolavoro e gli attori (tranne il bravo Kaplan) sono quello che sono, ma si fa vedere con piacere. Alcuni amici tagliano il braccio a un loro compagno mentre sono bloccati in una caverna, per mangiare. Inutilmente perché vengono liberati pochissimo dopo aver compiuto il misfatto. 5 anni dopo un assassino comincia a farli fuori: è il mutilato o qualcun'altro? In alcune scene c'e una buona tensione e anche il finale è azzeccato. Se volete un filmetto senza pretese, è consigliato.
MEMORABILE: L'omicidio di Kaplan nella stazione radiofonica di notte.
Discreto thriller che, pur percorrendo strade già note (si tratta di una storia di vendetta) e non mantenendo costante la tensione, riesce a raggiungere risultati apprezzabili soprattutto nella seconda parte grazie ad una certa professionalità dell’insieme. Ottimo il finale duro, beffardo e crudele.
La collana "drive in cult" sta portando alla luce film del terrore dimenticati nel tempo e grazie ad essa si possono riesumare grandissimi b-movies di cui si ignora l'esistenza. "La grande paura" è un gioiellino del thriller settantiano, con uno sguardo ad Alfred Hitchcock (la lama taglia ma non si vede quasi mai il contatto con la carne); un precursore dei film sui serial killer psicopatici che taglieranno ad accettate negli 80 fino ad oggi. Gioiellino da collezione.
Nonostante non contenga scene particolarmente "forti" e la fotografia non si riveli proprio eccezionale, è da considerare un valido thriller, non troppo ingarbugliato e con un ottimo finale. Buona la prova del cast, mentre le musiche entusiasmano particolarmente. Anticipa per certi versi gli "slasher" degli anni 70-80. In ogni caso sicuramente da riscoprire.
Un gruppo di amici rimane intrappolato in una caverna e per sopravvivere si ciba del braccio di uno di loro. Anni dopo una mano vendicatrice inizia la strage. Sorprendente thriller americano che sopperisce alla povertà di mezzi con atmosfere spettrali (è quasi sempre notte) e una certa eleganza formale (assente il sangue). Gli omicidi sono ben congegnati e la tensione sempre elevata. Sebbene lo svolgimento sia prevedibile e i personaggi stereotipati, l'impennata finale lo eleva decisamente oltre la media del genere. Poco conosciuto ma da vedere.
MEMORABILE: Il macabro regalo per posta; L'agguato sotto la doccia; L'omicidio sulla scogliera; Il raccapricciante finale, che da solo vale la visione.
Un film piccolo, girato in economia, che tuttavia anticipa certi luoghi comuni del cinema slasher. Troviamo qui, prima che in altri film, telefonate minatorie provenienti dallo stesso edificio di chi le riceve, un killer misterioso con arma bianca, omicidi in serie, un bodycount elevato. L'incipit e il finale sono cupi e indovinati, ma in mezzo c'è molta noia, anche a causa di una regia statica che non valorizza le scene di tensione. Fotografia e musica piuttosto misere. Gore censurato nell'edizione italiana.
MEMORABILE: Le urla disperate di Ted, condannato a sacrificare un braccio per sfamare i suoi compagni; La telefonata rintracciata; Il twist finale in stile Psyco.
Appartiene al genere revenge, sottogenere contrappasso. Il film si conduce monotamente per tutta la sua durata; sia la scena capitale del "crimine primario" (l'amputazione di cui al titolo) che gli omicidi (con la blanda eccezione di quello del DJ) riposano su un tessuto di perfetta ordinarietà. A smuovere le acque sono i dieci minuti finali: se la svolta e il conseguente prosieguo rimangono abbastanza prevedibili per i cultori, è vero che la densità di follia macabra risale improvvisamente da zero a livelli non indegni. Finale aperto e crudele. Cast un po' scialbo; brava la Walley.
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La versione integrale dura 91 minuti (quasi 92)
e confermo la versione Brentwood è tagliata nella scena dell'omicidio di Kaplan.
SPOILER !
Allo spettatore viene risparmiato la visione del corpo col braccio a lato della vittima
FINE SPOILER
Qualcuno sa la durata del dvd ita ?,penso però sia la versione cut.
CuriositàZender • 11/07/11 20:46 Capo scrivano - 48839 interventi
La prima parte del film, con un gruppo di speleologi che rimane intrappolato in una caverna in attesa dei soccorsi che non arrivano, è chiaramente ispirata alla vicenda reale dei "sopravvissuti delle Ande", portata al cinema da Renè Cardona solo tre anni più tardi ma verificatasi nel 1972.
E' curioso che, durante l'intrappolamento, uno dei prigionieri parli della vicenda riferendola però a un gruppo di uomini "dispersi in mare" per giorni che finirono per mangiarsi a vicenda, ovvero quello che sarà invece Cyclone, film del 1978 di Renè Cardona figlio. Che questo "La grande paura" abbia ispirato l'intera famiglia?