Il grande coltello - Film (1955)

Il grande coltello
Locandina Il grande coltello - Film (1955)
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Titolo originale: The big knife
Anno: 1955
Genere: drammatico (bianco e nero)

Cast completo di Il grande coltello

Note: Tratto dal dramma teatrale The Big Knife - Il grande coltello del 1949 di Clifford Odets.

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Tutti i commenti e le recensioni di Il grande coltello

TITOLO INSERITO IL GIORNO 2/06/09 DAL BENEMERITO ILFIGO
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Ilfigo 2/06/09 10:54 - 74 commenti

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Un noto attore, dopo aver investito un bambino, è soggetto a ricatti e ritorsioni, fino ad indurlo ad una tragica fine. In questo film, che reputo un mezzo capolavoro, c'è tutto. Dalla drammaticità intensa che mettono gli attori (ottimo Palance) alla regia. Da vedere.

Cotola 10/01/10 02:41 - 9423 commenti

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Notevole atto d'accusa, soprattutto se si pensa al periodo in cui fu girato, contro il sistema produttivo cinematografico del tempo. L'impianto è palesemente teatrale ma Aldrich è regista sapiente e sa creare un clima di tensione che diventa gradualmente sempre più cupo, ossessivo ed angosciante fino a sfociare nel tragico epilogo. Merito anche degli attori che forniscono delle prestazioni ragguardevoli con una menzione speciale per Pallance e Steiger che incarna un produttore viscido e malefico (forse un filino troppo).

Lupoprezzo 8/10/10 11:57 - 635 commenti

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Film dichiaratamente contro Hollywood e i suoi poteri forti, in grado di stritolare anche l'animo più gentile e sensibile, come quello dell'idealista Charlie (Jack Palance). L'incubo claustrofobico e soffocante è reso bene (il film è girato praticamente in una stanza, per creare un'atmosfera più intimista), ma l'impianto troppo teatrale, la sua fissità a distanza d'anni non ha giovato. Steiger gigioneggia come al solito. Wendell Corey è bravissimo. Dialoghi interminabili, ma ben scritti.

Pinhead80 6/04/12 04:37 - 5292 commenti

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Praticamente tutto girato in un'unica stanza, questo film di Aldrich si rivela essere un vero e proprio atto d'accusa contro lo star system hollywood e le sue dinamiche invasive e scorrette. Un cast di attori fenomenali (su tutti Palance e Steiger) rende l'opera unica e affascinante nonostante i dialoghi siano molto lunghi e a tratti logorroici. Bellissimo.

Didda23 1/12/13 17:23 - 2458 commenti

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L'opera di Aldrich, tratta dal testo teatrale "The big knife" di Odets, seppur interessante da un punto di vista di qualità dei contenuti (è oltremodo amaro il ritratto dell'industria cinematografica statunitense) è penalizzata da una regia poco brillante che appesantisce un'impostazione (quella teatrale) che di per sé stessa non è leggerissima. Se si scordano la perfezione di Lumet o la perizia di Friedkin, la pellicola può intrattenere anche senza entusiasmare. Alla fine, però, non va oltre la sufficienza.

Giùan 21/05/16 16:39 - 4865 commenti

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Se la pellicola regge ancora bene la prova del tempo, i meriti son equamente da distribuire a un soggetto (il testo teatrale di Odets) di veemente ma sentita programmaticità, alla consueta sapiente costruzione di un'atmosfera ossessiva da parte di Bob Aldrich e a un gruppo di attori in gran spolvero, alcuni dei quali impegnati in performance controcorrente rispetto alla loro carriera (Palance, Lupino, Winters), mentre l'istrionismo di Corey e Steiger cesella una delle coppie più viscidamente infami del metacinema. Deraglia appena nell'eccessivo finale.
MEMORABILE: L'agente di Castle/Palance interpretato dal grande Everett Sloane.

Daniela 24/04/16 17:28 - 13129 commenti

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Per salvare matrimonio e anima, un attore hollywoodiano di successo tenta di uscire da un mondo di menzogne ed illusioni, ma il produttore dei suoi film, a conoscenza di un segreto compromettente, lo tiene in pugno... Senza nascondere l'origine teatrale dello script, A. costruisce un atto di accusa durissimo nei confronti dello star system puntando sui dialoghi e sulle permorfances di un cast eccellente anche nei ruoli secondari, in cui spiccano l'istrionico Steiger, viscido e senza scrupoli, e Palance nel ruolo di un uomo fragile e tormentato, diverso da quelli per lui abituali.

Saintgifts 18/09/17 10:51 - 4098 commenti

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Un animo gentile e fin troppo fragile contrasta con la fisicità di Palance, ma è idoneo per il personaggio Charlie, che incarna perfettamente l'attore di successo in mano a produttori senza scrupoli che interferiscono fin nella vita privata. È (o era) il mondo di Hollywood, descritto nel dramma di Odets e portato sullo schermo dal bravo Aldrich. Qualche critica si potrebbe fare agli improvvisi cambi di umore del protagonista, che risultano però buoni per alleggerire le tensioni del dramma e utili per rendere più inaspettato l'epilogo.
MEMORABILE: Palance nei titoli di testa nell'ottima fotografia di Ernest Laszlo.

Rufus68 8/01/18 20:15 - 3932 commenti

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Qui non si ha intenzione di giudicare le belle interpretazioni degli attori (sorprendente Palance, ottimo il glaciale Corey): è l'insieme a deludere pesantemente, risultando datatissimo. Innanzitutto per la totale non credibilità delle dinamiche sociali e poi per le forzature in quelle psicologiche (la conversione dell'agente di Palance). Anche la drammatica svolta finale, viste tali premesse, sconta la piena prevedibilità. Sulla crudeltà nel mondo del cinema (se è vero che Steiger adombra il produttore Cohn) ha già detto tutto Louise Brooks.

Myvincent 20/12/19 08:08 - 3927 commenti

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Una star hollywoodiana all'apice del successo deve fare i conti con se stessa e soprattutto con un sistema attorno fatto di ricatti (anche sessuali), menzogne, marciume. Nulla è cambiato da allora e l'attuale caso Weinstein sembra echeggiare in quest'opera, dove "prima si insudiciano le persone e poi si bollano come sudicie". Un ritratto vergognoso dietro la facciata felice dei divi cinematografici e in cui spicca la bravura di Jack Palance, Rod Steiger e Shelley Winters.

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Paulaster 13/01/25 18:05 - 4770 commenti

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Star del cinema vorrebbe lasciare le scene, ma il produttore conosce un suo segreto. Il soggetto dell’industria cinematografica senza scrupoli è un tema di quegli anni ed è incisivo solo per l’interpretazione di Steiger. Niente di particolarmente nuovo, con Aldrich che usa la regia in maniera varia per dare ritmo a una vicenda girata in un luogo solo. Le intromissioni del reparto femminile (la moglie con scarso titolo, dato che sono separati di fatto; brava la Winters) danno qualche imbeccata per allungare la storia. Melodrammatico il finale.
MEMORABILE: La ex moglie che lo chiama “tigre”; Il gin drogato; La telefonata per il comunicato.

Marmotta 20/01/25 10:52 - 117 commenti

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Anatomia di un divo che il Grande Coltello di Aldrich seziona (Bel Air in cartoline). Jack Palance alias Charlie Castle al ruolo forbito: lo star system della nutrice matrigna Hollywood (ma il sottotesto è altro); la sua è un'identità-merce da cui tutti (compreso se stesso) attingono per nutrirsene: la moglie Ida Lupino, il manager Sloane, il capro espiatorio di Langton, la scalatrice sociale della Winters, il direttore degli studios Stanley Hoff-Rod Steiger che lo forza al lucro, la giornalista scandalistica... il prezzo per conciliare questo stillicidio è il disgusto di se stesso.
MEMORABILE: "Si può morire in tanti modi eh?", "Io sono più vecchio: si può vivere in tanti modi"; "Non studiare la vita Charlie: abituatici".
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