Parajanov narra la storia del leggendario poeta armeno Sayat Nova dipingendo un meraviglioso affresco onirico, in cui i colori sgargianti conferiscono dinamismo a delle inquadrature apparentemente statiche. Incompreso, contrastato e ostacolato per anni, apparve nella Top 10 dei Cahiers du cinéma del 1982. Fellini, Godard e Antonioni lo considerarono un capolavoro. Vale la pena di guardarlo, no?
Mirabile opera dell'armeno Parajanov. Cinema pittorico al massimo grado, fra invenzioni surrealiste, iconografia bizantina, colori sgargianti e superbamente usati come gli aspri paesaggi, i bellissimi costumi e l'accompagnamento musicale. Un tessuto di allegorie che fa del film "un'esperienza visiva" (com'è stato detto dell'intera opera di Parajanov). Certo, probabilmente non l'ideale per un sabato sera con gli amici che non siano tutti nostalgici di cineforum, ma assolutamente da vedere.
Poema visivo e pittorico di rara bellezza in cui il grande regista armeno ci racconta
la vita del poeta Sayat Nova. Lo fa attraverso una serie di "quadri", termine non casuale vista l'importanza che riveste il colore nell'opera e considerata la staticità della mdp, che ritraggono pezzi di vita del poeta ed i luoghi da lui frequentati. Il tutto condito da molti simbolismi (non tutti pienamente comprensibili) e da immagini di tale bellezza che è impossibile non farsi ammaliare da esse. Imperdibile.
Pura poesia, pura bellezza, puro incanto. Paradjanov traduce vita e versi dell’antico poeta armeno Sayat Nova in uno straordinario universo simbolico ed enigmatico (imperniato sulla frontalità ieratica e su una bidimensionalità pittorica), che si nutre della cultura del suo popolo. Film lirico, visionario, ma anche nazionalista e fieramente politico nel contrastare il grigiore sovietico con i colori del Caucaso e l’esaltazione dell’amore, del mistero, della religione, tra riti sacri e profani, che reclamano il diritto alla memoria e alla sua persistenza.
Inquadrature fisse, frontali, tutte suggestive e ricche di fascino e visionarietà, accompagnate da sonorità stranianti. Tutto il resto è allegoria, ovvero: tutto il resto è noia. Se le arti devono essere in grado di comunicare universalmente, nel caso de Il colore del melograno ciò vale solo a livello visivo-pittorico. A livello contenutistico il privilegio sussiste solo per i pochi eletti, mentre agli altri (sottoscritto compreso) conviene focalizzarsi sulle immagini o affidarsi al beneamato fastforward. In definitiva, una discreta mattonata.
Una sopraelevata verso il Sublime (e oltre) che sovrasta il cinema. Troubador del sacro e medium del mistico, tritacarne del realismo e dei più ortodossi gangli culturali russi, Paradžanov opera una spericolata crasi tra mitologema, Corano, Bibbia, poesia, supericonicità (disposizione frontale delle imago docet), simbolismo, biografia, liturgia, folklore, sintetizzati in pittorici, trasognati e surreali tableaux vivants che lasciano ipnotizzati e incapaci di proferir verbo. Un'esperienza epifanica ed extraterrena come pochissime ne offre la settima arte, un assaggio d'Eden, una cena con Dio.
Il cinema di Paradžanov è qualcosa di unico e anche parecchio difficile da descrivere a parole. Il suo è un viaggio esistenziale tra i colori, i suoni, le tradizioni, soprattutto religiose, del popolo armeno. La sua armenia è una terra interiore, sognata-celebrata-desiderata da un poeta mistico e visionario. Immaginate di perdervi dentro coloratissimi quadri surrealisti in movimento, affollati di santi, di allegorie, di popolo, di sangue, di vita. "Il colore del melograno" è un'esperienza visiva che ti segna nel profondo.
Sebbene il regime russo abbia ostacolato la realizzazione dell’opera (o come detto nel film si narra di una pantomima), Parajanov mette in mostra le sue doti tecniche e confeziona un capolavoro di visual art. Immagini dai ricchi contrasti cromatici che anche nella loro staticità danno luogo a una profondità di stile pittorico. Ogni inquadratura potrebbe essere un ritratto a sé, tanto da lasciare in disparte anche le vicende del poeta armeno protagonista.
Una pellicola distante anni luce da quello che è il comune lungometraggio commerciale. Un via vai di immagini e rappresentazioni più o meno suggestive intrise di significati extra allegorici che incarnano la vita e il pensiero poetico/artistico del poeta armeno Sayat Nova attraverso un'eterogenea composizione di affascinanti costumi, musiche, coreografie, scenografie. Capolavoro o no è senz'altro un bel film, ma un po' troppo particolare per raccomandarne la visione (che personalmente non mi ha entusiasmato granchè...).
Originale biopic dedicato ad un poeta armeno vissuto nel Settecento. Privo di una trama, è scandito in capitoli composti da sequenze a cinepresa frontale fissa in cui si muovono con movenze da marionette e gesti ieratici alcuni attori-mimi. L'effetto è quello di una galleria di tableaux vivants di straordinaria bellezza figurativa e forte valenza allegorica, accompagnata da una colonna sonora che mescola musiche tradizionali a sonorità moderne. Affascina ma anche respinge per l'"alterità" culturale dei riferimenti rispetto a quelli a cui è abituato uno spettatore occidentale.
Impossibile da giudicare con strumenti tradizionali e dalla prospettiva di uno spettatore occidentale che, nella mancanza di riconoscibili punti di riferimento, sarebbe a tratti persino tentato di assimilarlo alla videoarte. Il cinema di Paradzanov, al contrario, è antichissimo e persino antimodernista, permeato di una tensione simbolica verso il sacro che predata la Storia: nelle coloratissime tableaux vivants che si susseguono lungo gli otto capitoli della narrazione vanno in scena nascita, maturazione e morte di un mondo soffocato dall'avanzata brutalista del Contemporaneo.
MEMORABILE: Preghiera prima della caccia.
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Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (mercoledì 18 giugno 1986) di Il colore del melograno:
A tal proposito vorrei incorniciare il favoloso commento del buon Deep
DiscussioneBubobubo • 19/04/21 15:10 Archivista in seconda - 271 interventi
Il titolo originale del film non è Sayat Nova, ma Cvet (o Tsvet a seconda della traslitterazione di riferimento) granata, ovvero la versione russa del titolo italiano.
DiscussioneZender • 19/04/21 15:25 Capo scrivano - 48117 interventi
Sicuro? Imdb non lo mette nemmeno tra gli aka Cvet. sayat nova quindi, che Imdb segnala proprio come titolo originale, cosa sarebbe? Io le locandine le vedo col titolo Sayat Nova:
DiscussioneBubobubo • 19/04/21 17:31 Archivista in seconda - 271 interventi
Zender ebbe a dire:
Sicuro? Imdb non lo mette nemmeno tra gli aka Cvet. sayat nova quindi, che Imdb segnala proprio come titolo originale, cosa sarebbe? Io le locandine le vedo col titolo Sayat Nova:
Sicurissimo. Sayat Nova è il nome del poeta armeno alla cui biografia si richiama liberamente il film.
DiscussioneZender • 19/04/21 18:07 Capo scrivano - 48117 interventi
Ok, ma le locandine con "Sayat Nova"? Devessere comunque il titolo di qualche paese importante, visto che ce n'è più d'una con quel nome in grande. Lo metterò come aka.
DiscussioneBubobubo • 19/04/21 22:13 Archivista in seconda - 271 interventi
Zender, io purtroppo non so nulla di titoli internazionali. La mia obiezione era circoscritta al solo "titolo originale" (russo), che è appunto Cvet (o Tsvet) granata.
Attualmente, nel titolo originale in scheda, manca la parola "granata". Infatti il titolo dovrebbe essere (come giustamente ha detto Bubobubo) "Cvet granata" o "Tsvet granata". Anche Imdb riporta "Tsvet granata" come titolo della versione censurata in URSS.