I gatti persiani - Film (2009)

I gatti persiani
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Titolo originale: Kasi Az Gorbehaye Irani Khabar Nadareh
Anno: 2009
Genere: drammatico (colore)

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 23/04/10 DAL BENEMERITO REBIS
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Ciska 24/06/10 17:59 - 17 commenti

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Tra il documentario e il videoclip questo piccolo e coinvolgente film ci porta in un paese che conosciamo poco dove la musica e la sua continua censura sono le protagoniste indiscusse. Con un montaggio da video musicale si sviluppa la costruzione di una storia molto comune: la formazione di una band e il sogno di due giovani iraniani di suonare in giro per l'Europa. Non è assolutamente facile anzi. Ad interni scuri, scantinati nascosti in cui provare si contrappone una babele fatta di luoghi, volti e tanta, troppa repressione.

Rebis 23/04/10 17:53 - 2337 commenti

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Per le strade di Teheran con una camera a mano, in incognito, nell'assidua, esaltante ricerca di un complesso indie rock da lanciare oltremanica, via, lontano da un paese che bandisce ogni spontaneità... Ma quanto è bella la musica persiana? Ghobadi occhieggia all'estetica di Godfrey Reggio e ci introduce al folk, al rap, all'heavy metal, alla disco dance di un popolo che continua a cantare nonostante tutto. A metà strada tra (pseudo) backstage e ritratto generazionale, un film impavido, elettrico che rompe l'immobilismo politico-esistenziale urlando nel silenzio soverchiante della città.

Blsabbath 18/05/10 00:28 - 46 commenti

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Coraggioso mockumentary girato clandestinamente per le vie di Teheran, vede la presenza di giovani musicisti della scena underground iraniana alle prese con una ferrea ed assillante censura interna. Alcuni passaggi risultano lenti, altri denotano una certa economia, proprio per le condizioni nelle quali il film è girato. In sostanza un lavoro che offre allo spettatore uno spaccato della società iraniana (con tutte le ipocrisie del caso) evitando con cura un facile allineamento alla propaganda d'oltreoceano.
MEMORABILE: La struttura a "flashback" del film.

Capannelle 21/06/10 10:25 - 4411 commenti

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Se per temi esposti e coraggio civile può meritare il massimo dei voti, come racconto bisogna constatare che è (anche) alternante e ripetitivo: 20 minuti di meno avrebbero giovato. Questo non toglie che possieda carica vitale (certe canzoni a coominciare da quella rap, la caleidoscopica Teheran underground), passaggi divertenti (la musica nella stalla, l'arruffone al telefono) o rivelatori, come la stessa "ingenuità" dei dialoghi tra ragazzi che chiedono semplicemente un minimo di libertà.

Ford 11/07/10 14:48 - 582 commenti

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Spaccato culturale di un Iran dove esprimersi con la musica è praticamente impossibile; peccato che i dialoghi siano prolissi e artefatti, forse anche per colpa del doppiaggio italiano (ma quanto è ridicola la voce del protagonista?). Impacchettato e montato giovanilisticamente; molto belle le parti più videoclippare, ma così tante interruzioni musicali hanno bisogno di una sceneggiatura forte per non far perdere il filo; peccato che così non sia. Il finale è d'impatto ma un po' tirato per i capelli. Spaccato confusionario ma interessante.

Cotola 17/12/10 23:26 - 9043 commenti

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Dietro il tono apparentemente rilassato e divertito (e sicuramente lo è di più rispetto all’opera precedente del regista), si nasconde invece uno sguardo lucido che, attraverso le vicende di alcuni ragazzi, riflette ed illustra un paese in cui la parola libertà ha un significato ben diverso da quello che noi tutti gli attribuiamo. La conferma è data dalla virata finale nel tragico (comprensibile ma, forse, un po’ frettolosa). Sorprendentemente bella, gradevole e in taluni casi trascinante la musica persiana. Naturalmente in Italia non ha avuto la distribuzione e la fortuna che meritava.

Pigro 30/04/12 16:08 - 9666 commenti

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Incredibile la vivacità musicale underground a Teheran e notevole la vitalità dei giovani iraniani, costretti a dribblare divieti e repressioni. La storia dei ragazzi che vogliono formare una band diventa un avvincente viaggio nei reali ambienti indie della capitale, in cui si celano veri talenti. Il montaggio da videoclip non vuole solo richiamare un’estetica giovanile, ma serve a mostrare gli innumerevoli volti della società iraniana. Un bel film documento, un atto d’accusa gioiosamente politico, una festa della musica che... vincit omnia.

Saintgifts 13/03/14 09:25 - 4098 commenti

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Mi sembra che questo "film" non aggiunga nulla alla conoscenza dell'Iran e delle sue grosse limitazioni alla libertà individuale e al tentativo di precludere la conoscenza (con conseguente demonizzazione) del mondo occidentale. È difficile capire dove finisca il film e cominci il documentario e spesso si ha l'impressione (visto il tipo di riprese) che molto sia costruito ad arte. Non per questo il lavoro non ha un suo valore; tutto ciò che serve a inneggiare alla libertà è benvenuto. Le musiche sono belle, ma "rock" significa libertà?

Faggi 31/01/16 19:56 - 1549 commenti

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Realizzato a frammenti, a brevi sequenze e contrappuntato da parti musicali; c'è ironia, realismo metropolitano crudo e senso del tragico. Teheran è immensa, pericolosa, povera (ricca solo per pochissimi), complicata, controllata, asfissiante ma densa di vita e di voglia di normalità all'occidentale (europea). Si sogna la fuga (la band) ma c'è chi vuol restare (il rapper). La polizia è ovunque e non dà tregua. Film ben fatto che sputa il rospo, coraggioso e poetico con bella musica che è parte essenziale della struttura narrativa.

Paulaster 24/11/17 12:32 - 4419 commenti

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Coppia di ragazzi iraniani cerca di mettere in piedi un gruppo per andare a suonare a Londra. Con l’escamotage delle canzoni viene raccontata la situazione del paese mediorientale attraverso le speranze vane dei giovani. Interessante per l’esplorazione dei vari generi musicali (dal tradizionale all’heavy metal), lascia la repressione (per ogni cosa serve un’autorizzazione o un visto) sullo sfondo, percepita dietro una porta o fuori da una macchina. Conclusione repentina di grande drammaticità e simbologia.
MEMORABILE: Le prove nella stalla; Il rap persiano; La multa con le frustate; Il sequestro del cane da parte del poliziotto.

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  • Discussione Pigro • 12/11/13 10:27
    Consigliere - 1661 interventi
    da Corriere.it - 13 novembre 2013

    Ny, musicista rock iraniano viene cacciato
    dalla band. Uccide 3 colleghi e si suicida

    Sembrava una di quelle belle storie che il rock’n’roll ogni tanto sa offrire: il gruppo di esuli iraniani che scappa a New York, costretti a fuggire dal loro paese perché la loro musica è considerata poco ortodossa. E che poi, dopo aver fatto una discreta fortuna, accoglie altre band di connazionali.

    UN TRISTE NOIR- E invece la vicenda degli Yellow Dogs e dei Free Keys assume i colori del noir, un triste noir in quel di Williamsburg, il sobborgo ebraico e fu industriale di Brooklyn che ha visto la rinascita del garage rock a partire dalla metà degli anni’2000 (vedi gli Strokes e tutti gli altri ). L’ex bassista dei Free Keys, Ali Akbar Rafie ha ucciso due di quelli che un tempo erano i suoi amici del cuore, Arash e Soroush Farazmand, fratelli e rispettivamente batterista e chitarrista degli Yellow Dogs. E poi il cantautore e scrittore Ali Eskandarian, anch’egli iraniano, che faceva parte della stessa etichetta delle altre due band. Ma facciamo un passo indietro.

    SCAPPATI DALL’IRAN- La storia inizia a Teheran: quattro ragazzi sopra i vent’anni, gli Yellow Dogs, suonano in uno scantinato della capitale sognando di diventare i Joy Division. Ma di nascosto, perché la loro musica ( e le loro acconciature ) non sono affatto gradite nella Repubblica Islamica. Nel 2009 finiscono in un film che racconta la scena underground (davvero underground perché illegale) iraniana, «I Gatti Persiani» : il film piace e viene premiato a Cannes nel 2009. Ma i ragazzi, improvvisamente colpiti da tanta notorietà, entrano nel mirino della famigerata buoncostume iraniana. E decidono di scappare. Dopo uno show a Istanbul, nel 2010, fuggono a New York, dove gli viene dato un visto per rifugiati. Dal loro quartiere generale, nel cuore appunto di Williamsburg, inizia una lenta, ma inarrestabile ascesa : gli Yellow aprono per band quotate come i Black Lips, suonano al festival rock forse migliore al mondo, l’SXSW di Austin, e quindi in santuari dell’indie come la Knitting Factory, a Downtown. Va talmente bene che fanno venire dall’Iran i Free Keys, una delle band con cui condividevano la clandestinità a Teheran.

    QUATTRO MORTI - E al basso dei Free Keys c’è Ali Rafie, detto Ak. che conosce i colleghi degli Yellow da una vita. Ma , dopo i primi concerti, all’improvviso i rapporti si guastano: Ak viene mandato via , perché sembra abbia venduto delle attrezzature senza il permesso degli altri e si sia intascato i soldi, e viene sostituito nel maggio scorso. «Motivi futili» dirà il manager di entrambe le band, Ali Salehezadeh, iraniano pure lui. Ma tant’è, Ak inizia covare un rancore sordo e implacabile,: a un passo dal sogno, è convinto gli sia stato negato. Passata mezzanotte, con una pistola automatica si reca nell’ex deposito trasformato in abitazione dove vivono gli Yellow Dogs con il loro collega Ali Eskandarian: entra sparando dalla finestra, ferisce un giovane artista al braccio, il 22enne Sasan Sadeghpourosko, che si trova lì per caso. Poi sale al secondo piano e uccide nella stanza da letto, colpendolo al petto, il primo dei due fratelli, Soroush, sale al terzo e ammazza Arash e Eskandarian. Poi s’inerpica sulla terrazza e si spara un colpo in testa. Così lo troveranno i poliziotti, con un fucile accanto al corpo. «Perchè mi avete fatto venire fino a qui dall’Iran per poi cacciarmi via?» pare siano state le sue ultime parole. E quella che era una bellissima storia si trasforma in una stupidissima tragedia.