(BABY VINTAGE COLLECTION) Riassumere in due ore una delle più complesse vicende politiche del nostro paese era impresa proibitiva, e infatti il regista si limita a inquadrare pochi sprazzi, delle gloriose inchieste del giudice siciliano. Cerca la visione oggettiva dei fatti ma finisce spesso per cadere nella retorica, complice un Michele Placido il quale, seppur bravissimo e avvezzo da anni a interpretazioni "impegnate" (e non dimentichiamo l'esperienza-tv ne LA PIOVRA, sceneggiato celeberrimo), sembra essere immune da difetti, fossilizzando l'immagine di un personaggio che in realtà appariva, perlomeno in pubblico,...Leggi tutto più gioviale e magari per certi versi quasi ingenuo. Perfetto invece Giannini nella parte di Borsellino (al quale peraltro rassomiglia fisicamente non poco) e con lui tutti i colleghi della "parata di sosia". Il film per il resto si incanala immediatamente in un filone ben preciso, lo stesso de IL GIUDICE RAGAZZINO, UN EROE BORGHESE e altre opere non direttamente collegate a storie realmente accadute, come ad esempio LA SCORTA: il tipo di fotografia, la scelta del cast, le musiche, i dialoghi sono i medesimi. Qui però si ha la presunzione di voler abbracciare una serie di accadimenti troppo importanti e non facilmente spiegabili in quattro battute, finendo per semplificare in eccesso e dare allo spettatore mediamente conoscitore della storia di mafia la sensazione di un riassuntino raffazzonato, tendente a un'inutile spettacolarizzazione dell'omicidio. Un compendio comunque utile.
Realizzato circa un'anno dopo la morte del magistrato siciliano, Giovanni Falcone è un utile riepilogo di dieci anni di misteri italiani legati all'attività criminosa della mafia in Sicili e nel resto d'Italia. Ferrara come già in altre occasioni si dimostra abile nel racconto dei fatti italiani, ed utilizza un gruppo di attori molto carismatici (Giannini in testa). Il limite del film è la concentrazione dei fatti rispetto alla durata del film, che fa si che molti eventi siano appena accennati e i personaggi non sufficientemente approfonditi.
Girato un buon anno dopo le stragi che costarono la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e agli uomini e alle donne che componevano la loro scorta, si tratta di un buon instant-movie, realizzato da un autentico specialista del genere. Ben approfonditi i personaggi e buon ritmo. Grandi prove d'attore. Di Placido nel ruolo del protagonista e, sopratutto, di uno straordinario, intenso Giancarlo Giannini nel ruolo di Borsellino. Degli altri, memorabile Barra. Da riscoprire.
Ennesimo e bel film di Ferrara contro la mafia e certe connivenze politiche. Il film tenta di ricostruire diversi fatti di mafia (megaprocesso del 1984, pentitismo, omicidi eccellenti) che porteranno alla morte dei magistrati Falcone e Borsellino. Ottimo e recitato bene (del resto Placido e Giannini sono sempre una garanzia).
Solito film di Ferrara girato col suo stile piatto e privo di nerbo ed interesse ma in compenso (si fa per dire) pieno di luoghi comuni e di fastidiose frasi fatte. Personaggi come quello di Falcone meriterebbero miglior sorte ma in Italia ormai il cinema d’impegno civile è così. Registi e sceneggiatori credono basti affrontare un argomento serio o un personaggio importante per fare buoni film. Nessuna inventiva, nessuna denuncia, coraggio assente. Meglio leggere un buon libro.
Consueto film riassuntivo di Ferrara, che qui può avvalersi delle ottime interpretazioni di Placido e Giannini; ma è la materia ad essere troppo densa di fatti, gesti, storie e chi non conosce i veri avvenimenti si trova davanti ad una serie vorticosa di attentati, intrighi in Tribunale, pentiti e arresti. Un po' poco, perché si ricordano solo le facce somiglianti e la gobba di Andreotti visto da dietro. Non completamente inutile, intendiamoci, ma queste storie andrebbero studiate a scuola.
MEMORABILE: U' Dutturi, simbolo perfetto ma troppo schematico (non era uno).
Instant-movie all'italiana sul versante del cinema impegnato, firmato da un veterano del genere come Ferrara. Le buone prove d'attore (specie Giannini e Barra, Placido rifa il commissario Cattani) e i dialoghi curati non coprono del tutto la pecca maggiore: lo sforzo di condensare oltre un decennio di lotta alla mafia in due orette è vano. Ne viene fuori un bignamino denso di ammazzamenti e trame oscure che procede un po' piatto e non si impenna neanche nel finale. Ricostruzione storica rigorosa, ma 17 anni e tante inchieste dopo appare datata.
Girato a ridosso delle stragi e in tutta fretta, non si salvano né le stanche interpretazioni dei protagonisti né la regia documentaristica di Ferrara. Errori grossolani di messa in scena (le Fiat Tipo nel 1980 non esistevano ancora, solo per citarne uno) così come riprendere l'uccisione di Dalla Chiesa da Cento giorni a Palermo fa capire i limiti strutturali della pellicola e soprattutto del budget a disposizione. Visto in versione integrale prima di alcuni tagli eseguiti successivamente.
Ferrara narra le vicende di un eroe italico abbandonato dalle istituzioni colluse. Le vicende si susseguono, talvolta in maniera spiccia e raccontano le azioni e la personalità del protagonista e del suo alter ego. Placido e Giannini sono appropriati e regalano buone situazioni.
Racchiudere una storia così importante come quella di Falcone e Borsellino e la loro lotta alla mafia in un film di sole due ore non è cosa semplice, e infatti il risultato dà l'impressione di essere un collage di avvenimenti (soprattutto all'inizio), che spiazzano lo spettatore per la loro freneticità e opprimente insistenza. Gli attori sono comunque bravi, soprattutto Placido, ma la sensazione di una pellicola comunque frettolosa e una sceneggiatura troppo tagliuzzata rimane. Ambigue alcune scelte registiche.
Dall'omicidio di Stefano Bontate alle stragi di Capaci e via D'Amelio, passando attraverso la stagione dei delitti eccellenti e dei pentiti, il maxiprocesso, successi e delusioni del pool di Palermo... Un periodo troppo tragico e complesso per essere efficacemente sintetizzato in un film e infatti il rischio semplificazione è costantemente dietro l'angolo. Tuttavia si arriva in fondo senza troppi problemi, grazie alla collaudata professionalità di Ferrara e alla bravura degli attori. Non esaltante, ma vederlo (e ricordare) non fa certo male.
L'ossessione documentaristica di Giuseppe Ferrara, unita alla tendenza a rappresentare gli eventi nella immediatezza dei fatti, lo induce inevitabilmente a una fretta semplificativa che finisce per penalizzare il racconto, lo svolgimento e l'esito delle vicende qui realizzate in forma stilizzata e perciò assai precarie sotto il profilo storico-narrativo.
Bella ricostruzione degli attentati di mafia che hanno insanguinato la Sicilia negli anni '80 e primi anni '90, con un occhio di riguardo ai due giudici Falcone e Borsellino, la cui morte chiude la pellicola in maniera un po' frettolosa. Un difetto del film è infatti il fatto che alcuni momenti vengano sviscerati mentre altri, molto importanti, vengano appena accennati. Il taglio televisivo non piace. Resta però un'altra bella, coraggiosa prova di Ferrara. Non sempre convincente il cast.
MEMORABILE: Il parallelismo tra la morte de Il Settimo Sigillo e la morte, purtroppo vera, che attende Falcone.
Quasi un instant-movie di Ferrara, che racconta alla sua maniera la storia dell'eroico magistrato palermitano stando bene attento a non uscire dai binari televisivi del politicamente corretto. Gli sviluppi successivi gli daranno ragione su molti punti, ma toglieranno vigore alla vicenda che esita proprio dove sarebbe stato il caso di osare. Superba prova attoriale di Placido e Giannini, che hanno evidentemente una marcia in più rispetto al resto del cast e confezione tutto sommato buona grazie anche al budget istituzionale. Un film ben fatto e storicamente attendibile ma nulla di più.
Ferrara traccia per sommi capi gli ultimi anni di vita del giudice Falcone (e Borsellino). Lo fa a un anno giusto dal tragico evento di Capaci, quasi assicurandosi quella che oggi definiremmo fiction, ma che allora era solo una di sorta instant-movie. Si tratta di una sterile carrellata di eventi, volti e frasi costruite ad hoc per lasciare un facile imprinting sullo spettatore; non si va oltre al quasi documentaristico di facciata, dal bigino sull'argomento. Il regista è capace ma non va oltre al "banale" racconto dei fatti: bastava allora un'inchiesta televisiva. Placido arranca.
Compendio a livello cronologico di dieci anni di mafia in Sicilia. Il perno è la figura del giudice Falcone, ma dato che venne creato il pool antimafia qualche spazio lo trovano anche i somiglianti comprimari. Ferrara gira un film civile col grosso limite di dover sintetizzare i numerosi accadimenti e di necessitare di immagini di repertorio per l’imponenza delle varie stragi. La denuncia verso i "poteri forti" è debole (la talpa) e la citazione di Bergman didascalica. Diversi dialoghi sembrano artefatti, ma sono stati estrapolati da dichiarazioni dello stesso Falcone.
MEMORABILE: La figura del “Dottore” che si aggira per i tribunali; La fotocopiatrice nuova.
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DiscussioneGugly • 22/07/10 18:17 Archivista in seconda - 4712 interventi
Nuove sconvolgenti rivelazioni su "l'attentatuni": chi ha voluto la morte di Falcone? Solo la mafia, o pezzi di Stato deviati? Il film accenna qualcosa, e quello che sembra solo finzione, purtroppo tanto finzione non è.
All'epoca del fallito attentato all'Addaura il solito prudente magistrato parlò di "menti raffinatissime"; pare che l'attentato sia stato sventato da due poliziotti affiliati a quella parte dei Servizi segreti che proteggeva Falcone, mentre un altro pezzo....
Va beh, questi due poliziotti si chiamavano Antonino Agostino ed Emanuele Piazza; sono stati entrambi uccisi poco tempo dopo, il secondo è stato addirittura oggetto di "lupara bianca".
Perchè ne discuto? Perchè a descrivere il tutto sembra un'avvincente film di spie, mistery, e quant'altro, invece si tratta di persone che sono esistite.
E poi quale sceneggiatore avrebbe mai immaginato un pezzo di autostrada imbottito di tritolo?
DiscussioneGugly • 22/07/10 18:37 Archivista in seconda - 4712 interventi
Stranamente, ma forse si tratta solo di questioni di tempo, il film non accenna per nulla alla famosa polemica su " i professionisti dell'antimafia" lanciata dallo scrittore Leonardo Sciascia; in sostanza il famoso romanziere affermava che questo gruppo di magistrati con la lotta alla mafia,più parlata che agita, ci guadagnava in termini di visibilità e prestigio.
In ogni caso, pur nella sua didascalicità, questo film contiene molti elementi validi, che consiglio poi di approfondire, se interessati, con l'abbondante bibliografia sul tema in circolazione.
CuriositàGugly • 25/07/10 12:38 Archivista in seconda - 4712 interventi
La sequenza iniziale del giuramento mafioso (contrapposta al giuramento di Falcone al momento di entrare in magistratura)è ripresa, ridoppiata, dal film Il sasso in bocca, sempre di Giuseppe Ferrara
CuriositàColumbo • 23/03/11 14:25 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Uscita ritardata di qualche settimana per polemiche e diffide di varia provenienza.
Il produttore Giovanni Di Clemente operò un taglio di 5 minuti circa (viaggio di Falcone negli USA, incontro con Buscetta).
Ricordo che di una scena dove vi era una telefonata tra Giannini e Placido dove ad un certo punto si sente un "bip" di censura (...giudice BIP). Al cinema non c'era. Ricordo che la scena dell'inseguimento in Vespa da parte dei poliziotti era più lungo. Sono passati diversi anni dalla mia prima visione e qualche ricordo e' svanito.
Il film mi è piaciuto parecchio.Molto interessante la scena degli uomini che rubano le carte dalla cassaforte di Dalla Chiesa,chiaro riferimento al fatto che il generale Dalla Chiesa abbia potuto visionare in versione integrale il Memoriale Moro,più ampia di quelle nota dopo i ritrovamenti del 1978 e 1990 nel covo delle Brigate Rosse di via Monte Nevoso a Milano.
Vito ebbe a dire: Il film mi è piaciuto parecchio.Molto interessante la scena degli uomini che rubano le carte dalla cassaforte di Dalla Chiesa,chiaro riferimento al fatto che il generale Dalla Chiesa abbia potuto visionare in versione integrale il Memoriale Moro,più ampia di quelle nota dopo i ritrovamenti del 1978 e 1990 nel covo delle Brigate Rosse di via Monte Nevoso a Milano.
Si, anche io sono convinto di questa cosa. Sembra che non sia stato l'unico, così come meglio descritto nel documentario di Minoli di qualche anno fa.