Discreto poliziesco francese ambientato a Rouen. Non è certamente tra i migliori film di Ventura, che interpreta un ruolo a lui abbastanza congeniale come quello del comissario. Film che si inserice in un filone (il poliziesco-politico) che in Francia era in auge negli anni 70. Il contrasto tra la politica, i vertici giudiziari e la polizia è abbastanza bene rappresentato. Peccato che la trama, seppur incalzante, risulti un po' lenta.
Ottimo come sempre il Lino d'Oltralpe, Non eccelle il soggetto, seppure sia ottimo lo stratagemma adottato dal commissario per prolungare il servizio a Parigi al fine di compiere una giustizia che invece verrà da sé quando ormai a lui non importerà più nulla. Anche Dewaere, a noi noto per La stanza del vescovo, se la cava bene, solo che questo è il più classico esempio degli antipodi del poliziottesco italiano: chi ama i film d'azione rischia di trovarlo poco incisivo nella conclusione e troppo cervellotico nel suo svolgersi. Per me è salvabile.
MEMORABILE: Quando scaccia gli Hare-Krishna dal commissariato lanciandoli come fantocci giù dalla scalinata; Le performance con l'altoparlante, specie la prima.
Poliziesco un po' trito e di scarsa tensione che vive esclusivamente sul duetto degli attori: il grande Lino Ventura, ovviamente, un blocco di granito con la cravatta, simbolo del vecchio ordine "onore e lealtà" e la promessa Dewaere, concitato e disilluso, antesignano del detective che non crede più a nulla. Il resto è contorno: un piattino né carne né pesce che non soddisfa deciso alcun palato.
Buon prodotto che oscilla tra il poliziesco e il cinema di denuncia (si parte da un duplice omicidio che funesta la campagna elettorale). La regia di Granier-Deferre è a tratti legnosa, ma garantisce un buon ritmo e la storia si segue con interesse sino al giustamente beffardo epilogo. Sempre grande Ventura nei panni del commissario brusco e inflessibile, bei personaggi di contorno l'ispettore tra il serio e la macchietta di Dewaere, il politico arrampicatore di Lanoux, l'accomodante questore di Guiomar, il giudice zelante ma ingenuo di Rich.
Robusto polar di Granier-Deferre che contiene alla perfezione la maschera del grande Lino Ventura. La trama noir a sfondo politico non è grande cosa ma una sceneggiatura essenziale contribuisce a tenere alta la tensione. Ritmo non esaltante come da tradizione nei polizieschi d'oltralpe ma l'azione non manca, soprattutto nella seconda parte. Regia attenta e quadrata che lascia pochi spazi ai salti di fantasia, cast in buona forma dominato da un Ventura sontuoso. Si lascia guardare ma siamo comunque lontani dai grandi esempi del genere.
MEMORABILE: "Verjeat è a Montpellier. Ciao sbirro!" (Ventura).
Non lasciatevi ingannare dal titolo all'italiana, perché trattasi di un solido poliziesco con implicazioni politiche da seguire attentamente, vista la sceneggiatura complessa e il ritmo dei suoi snodi. Un mostro sacro come Lino Ventura è vis-à-vis con l'eclettismo di Patrick Dewaere e così l'ennesimo contrasto caratteriologico si profila come carta vincente dell'intera operazione. Piatto sostanzioso per palati raffinati.
Durante la campagna elettorale, un pregiudicato al soldo di uno dei candidati uccide a sprangate un avversario politico e ferisce a morte un poliziotto. Il commissario cerca di dimostrare le responsabilità dell'uomo politico che non esita a servirsi di metodi criminali ma trova molti ostacoli nei suoi stessi superiori. Poliziesco con una connotazione polemica contro i "poteri forti" più marcata del consueto che trova nel roccioso Ventura l'interprete ideale, mentre il mercuriale Dewaere funziona come controcanto ironico. Epilogo all'insegna di un cinismo frutto della perdita delle illusioni.
MEMORABILE: All'affermazione che i teppisti sono una cosa e i politici un'altra, il commissario replica "Spero che prima o poi qualcuno mi spieghi la differenza".
Buon polar di Deferre, nel quale si percepiscono inizialmente echi di Costa-Gavras ma che però vira presto verso il poliziesco più puro. Il regista non rinuncia alla caratterizzazione psicologica dei personaggi, suo marchio di fabbrica: se Lino Ventura, la solita garanzia nei panni dello "sbirro" disincantato e corrosivo, rappresenta la mente, Dewaere ne è un degnissimo braccio, impulsivo e scanzonato. Non mancano le secche scene d'azione ed importante risulta anche l'apporto dei vari caratteristi francesi, fra i quali si ricordano Guiomar, Lanoux e Rispal.
Polar di stampo politico, poca azione, soliti poteri forti da contrastare. La trama è semplice, ma le dinamiche di svolgimento sono troppo macchinose, se rapportate all'esigua durata, quindi a tratti risulta confuso. Ventura sempre ottimo, è lui l'asso del film, mentre il suo braccio destro scade spesso nella macchietta (il letto elettrico nell'incipit al bordello). Qualche sciocchezza di troppo per essere un polar d'oltralpe anni 70 (il lancio degli Hare Krishna dalla scala è una buffonata degna di Bud & Terence). L'atipico e riuscito finale lo risolleva un po'. Discreto, poco più.
Pierre Granier-Deferre HA DIRETTO ANCHE...
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Il film è tratto dal romanzo di Raf Vallet (pseudonimo del giornalista Jean Laborde), "Adieu poulet!" (1974). L'opera fu tradotta due anni dopo per i tipi della Mondadori col titolo "Addio, poliziotto!".
CuriositàDaniela • 7/01/20 12:00 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Il titolo originale del film, che riprende quello del romanzo da cui è tratto il soggetto, è "Adieu poulet".
"Poulet" significa letteralmente pollo ma nell'argot della malavita francese viene usato per indicare "policier", ossia poliziotto, unitamente a altri termini più o meno dispregiativi come blue, flic, pandore, bignolon, coyotte ed altri ancora.