Christmas bloody Christmas - Film (2022)

Di Babbi Natale killer se ne è visti tanti a partire dal modello Natale di sangue, ma stavolta si tratta di un androide impazzito, in un crossover con la fantascienza che omaggia Terminator (in particolare la parte finale) e Hardware. Niente di originale quindi, ma Begos riprende lo stile del precedente in termini di fotografia, luci al neon e ost carpenteriana, riportandoci dritti nei migliori anni '80 e senza quella sensazione di posticcio comune a tanti altri che ci hanno provato; le scene d'azione sono girate benissimo, lo splatter colpisce e il nostalgico del grindhouse esulta.

È ormai assodato che della retroilluminazione Begos non ha solo il pallino, ma anche tutte le bocce e bisbocce: non gli sorride il fondoschiena se non intonaca l'intero metraggio d'ipercromie esasperate neanche dovesse brevettare nuovi colori e come se la storia servisse la fotografia e non viceversa: stavolta ci mura vivi di coloresemprevivo lasciando che Mandynator speroni l'intera crimestmaspedia, con la differenza che dopo i primi screditanti 15' spara grosso anche tutto il resto, dando ultrafeedback al ritmo, overgain allo splatter, chorus all'ost tangerinedreamy. Entusiasmo!

Progettato per scopi militari e poi riciclato come Babbo Natale robotico, una volta piazzato dentro un centro commerciale un androide comincia a far strage di umani... Poteva essere un gustoso antidoto al carico glicemico del concomitante film di Wirkola se non fosse penalizzato da un lunghissimo  prologo dominato dalle chiacchere di una coppia neppure tanto simpatica. Quando finalmente si passa all'azione, il Babbo fa il suo dovere in un tripudio di accettate, scintille e luci al neon che fanno almeno in parte perdonare il suo essere troppo Terminator-derivativo. Godibile a metà.

La storia insegna: mai combinare tecnologia bellica con intrattenimento infantile. Film assolutamente non originale ma dotato di potenzialità (questo truce Freddy Fazbabbo ha decisamente il suo perché), peccato solo per il budget davvero scarno che penalizza la resa; gli effetti speciali vecchia scuola fanno sempre piacere, ma questi sono di fattura un po' troppo economica (e quando subentra la CGI è anche peggio). Lo sviluppo è da slasher e si fa presto ripetitivo, però se non altro i dialoghi della prima parte sono sopra la media. Onesto, ma Silent night era più barbaro e godibile.

Il lungo cammino dal mondo dei robot a Terminator incontra quello che va da Black Christmas a Silent night, partorendo questo slasher natalizio e "vitale" in cui Begos riesce a catturare veramente l'anima di quelle influenze (molto più dei remake), la drammaticità degli '80 con uno spirito sardonico di una prima parte zombiana, ricca di citazionismo cinefilo e rock-metal (sottolineato poi dalla resa dei conti nel negozio di vhs), nonché di dialoghi scorretti e ricchi di sex, drugs & rock'n roll. Tra fluorescenze cyberpunk, OST rock-electro dark wave e neve, ecco il film di Natale.

Quando un Babbo Natale robotico di un negozio di giocattoli va in tilt, nella città si scatenerà un inferno di sangue. Bellissimo horror ricco di rimandi ad altre pellicole, con una fotografia dai colori accesi e splendidi effetti speciali. Chiaramente l’originalità non è il punto di forza, ma la pellicola di Begos offre comunque uno spettacolo più che piacevole. E se la prima parte si perde un po’ troppo in chiacchiere fine a se stesse, nella seconda tranche il divertimento sale esponenzialmente, tra fucilate, accettate ed esplosioni. Brava la final girl Riley Dandy.

Come Joe Dante insegna, pupazzi e industria bellica costituiscono un connubio rovinoso: in questo caso un Babbo Natale animatronico, originariamente progettato come arma di difesa nazionale, se ne va in giro ad affettare a colpi di ascia un mucchio di gente. La trama è sintetizzabile in due righe, ma il tono registico over-the-top, la cattiveria delle sequenze splatter e il feeling ottantiano che avvolge la messinscena (luci al neon in ogni angolo, OST carpenteriana di grande impatto, effetti speciali "vecchio stampo" e citazionismo a fiotti) compensano la magrezza concettuale. Fun!

Un piccolo passo in avanti per Joe Begos, che da un horror presuntuosamente psicologico passa a uno slasher sovrabbondante, stralunato e felicemente anti-emotivo. Resta ovviamente tutto confinato nel puro esercizio di stile, con un abuso distorto della colorimetria e una seducente attitudine splatter, ma il film inanella stravaganze a iosa, dirotta l'attenzione solo ed esclusivamente sullo sfacelo del villain per poi solidificarsi in un furibondo, psichedelico finale anni 80.

Venti minuti di sboccato sproloquio su sesso droga & rock n roll (se l’intento era erodere la naturale empatia per i “buoni”, l’obiettivo è stato centrato) e poi Begos cala dentro il suo microcosmo neon un Terminator in tilt conciato per le feste, procedendo a tutta manetta con accettate e spappolamenti e chiudendo la vigilia con un lungo (troppo?) 1 vs 1 dentro un negozio di vinili, VHS e memorabilia che è un orgasmo multiplo per il fan analogico. Tutto bello, tutto cool, ma con un difettuccio: non c’è in fondo nulla di sorprendente. Ruggisce ma poltrisce.