Bliss - Film (2019)

In sostanza una rielaborazione di cose già viste in Night owl o The addiction, con il paragone tra l'abuso di droghe e il vampirismo/cannibalismo della protagonista e i sordidi sobborghi urbani in cui è ambientata la vicenda; si cerca di ottenere un effetto lisergico tra luci al neon e trick di camera e montaggio, mentre la seconda parte più propriamente horror è estremamente splatter. Purtroppo si decide di superare il record di "fuck" e "fucking" pronunciati in un film, con effetti irritanti, ma anche il plot in sé non è gran cosa; immaturo.

Dannato blocco dell'artista! Tutto si farebbe pur di rimediare a quella voragine che prosciuga energie e impedisce di portare a termine i propri progetti: anche provare droghe sconosciute e potentissime, dai particolari effetti collaterali... La partita di Begos si gioca tutta sull'estetica, tra richiami luciferini, vampe splatter da azionismo viennese di terza mano e una bella O.S.T. stoner-doom: peccato solo che la storia sia poca cosa e che gli attori chiamati a interpretarla siano appena sopra la tacca dell'amatorialità. Brutti dialoghi.

Più che un film è un videoclip; sia per l’estetica che per i contenuti. Una prima parte sinuosa, che si trascina tra immagini ammalianti e dialoghi imbarazzanti e una seconda parte invece furiosa, sanguinolenta e frettolosa. Probabilmente per apprezzare a pieno questa opera occorre fare uso delle stesse sostanze di cui abusa la protagonista; lo splatter comunque è generoso e salva la baracca. Bella e brava Dora Madison.

Pittrice in crisi creativa si trasforma in tossicodipendente per ritrovare l'ispirazione, ma la cosa le sfugge di mano e la situazione comincia a precipitare velocemente. Horror nella media che segue la moda del momento di accecare gli occhi dello spettatore con infinite luci al neon (tanto che all'inizio una scritta sconsiglia la visione a chi soffre di epilessia) a cui si aggiungono gli immancabili vampiri. Allucinogena la prima parte e splatter la seconda. Si fa vedere e dimenticare velocemente.

Urticante neanche fosse uno spray al peperoncino. E’ solo un’alternanza ripetuta e indefessa di shottini e sniffate, seni al vento e fuck you declinati in varie forme (con effetto nausea garantito), senza una minima narrazione articolata e una spocchia chissà quanto volontaria che puzza però di artificiale lontano un miglio. Un “qualcosina da salvare” alla fine fa capolino (le scelte cromatiche, lo splatter fulmineo), ma è una di quelle pellicole così fastidiose che sprona la propria perfidia valutativa. Andate pure avanti voi.

Partito in sordina senza particolari emozioni, il film riesce a crescere alla distanza grazie anche alla protagonista Dora Madison, perfettamente "calata" nel ruolo. Una fantastica esplosione di colori che intrattiene e inghiotte lo spettatore, ammaliato dallo stile psichedelico e dai litri di sangue spiattellati ovunque. Sadico, violento, malsano e soprattutto ben girato da Joe Begos.

Comincia male, si raddrizza pian piano sfasciandosi nel finale. L'inizio trendy-coprolalico, martellato a suon di doom metal, è insopportabile; il film quindi si avvia in territori più coinvolgenti (la possessione della droga, l'ammicco al "Ritratto ovale" di Poe per cui l'arte risucchia la vita, l'effettismo psichedelico) seppur esagitati. La chiusa purtroppo esagera, a partire dalla evitabile catfight sin al balletto cruento-Flashdance sparando colpi sensazionali un po' a casaccio. La Madison ce la mette tutta, povera.

Quando Noè si consorzia con Cosmatos per rivisitare Devil's candy ibridato Driller killer via Starry eyes. Il problema di un'opera simile è, si passi la boutade, il farsi mettere facilmente in quadro. Così sgamata, batte come un tappeto i soli digiuni di 3/4 dei titoli chiasmati. Per tutti gli altri son mazzi di vaffa che volan di bocca. Stranamente è proprio Begos a dirci che quando eccesso si sovrappone a eccesso, assuefazione ci cova. E che aggiungere dell'assicurato effetto "meh!" davanti a sovradosaggi d'epigonalità? Spiace non poter spiritosamente chiosare "tantissima roba".

Film piuttosto ridicolo per quanto riguarda pressoché tutti gli aspetti che lo caratterizzano. La sceneggiatura è praticamente inesistente e tutto vorrebbe poggiarsi sulla particolarità fotografica rappresentata da luci stroboscopiche e grana da pellicola vintage. Il risultato è un film perennemente uguale a se stesso, che anche a livello fotografico non presenta grandi picchi di qualità.

Nonostante una prima parte da eutanasia e un frenetico montaggio da videoclip, il film di Joe Begos rivela una fisionomia contemporanea e uno spessore audiovisivo che lo rendono molto più di un semplice trastullo da intrattenimento. Interessante metafora sulla distruzione come mezzo di procreazione, ma l’autorevolezza indie alla lunga finisce per essere ripetitiva e avvolgersi solo su se stessa. Splatter furente e generoso. Emoglobinico.