100 tears - Film (2007)

Naso paonazzo, cerone cadaverico, ampio sorriso vermiglio, espressione malinconica perenne e... una enorme e affilatissima mannaia! Non è la prima volta che la figura buffonesca ed inquietante del clown ispira le fantasie horror del Cinema, in questo caso però si tratta di un prodotto girato interamente in digitale. Uno slasher confezionato con poco, sommerso da un fiume in piena di sangue densissimo e corpi affettati e massacrati, sul quale incombe una patina infetta e visionaria. Forse un po' tirato per le lunghe nei passaggi dialogati ma con all'attivo degli sfx superbi.

Dopo il pessimo Rot, Koch dimostra di aver fatto passi da gigante, a livello tecnico e artistico: pur con qualche traccia di approssimazione nel montaggio e nel sonoro, la confezione è infatti rispettabile. Lo splatter domina l'intera opera, fra esplicitissimi smembramenti, interiora a bizzeffe e sangue a fiumi. Sotto quest'aspetto l'intrattenimento è garantito, anche perché gli effetti prostetici sono ben curati. Molto meno riuscito il versante investigativo, risaputo e poco interessante, che rallenta inutilmente una godibilissima festa gore. Meno godibile di quanto ci si aspetti.

Nel farsi le ossa, stavolta Kock ne spezza qualcuna al pubblico, consegnando allo schermo e alla memoria di horrorofago Grudy, afasico serial clowner con l'eccidio a tracolla secondo solo a certi mergoredì da Leone. È ancora distante dall'eidos incubifera aspiratutto a venire, ma quando c'è da scatenare l'inferno non bada a ettolitri di sangue e quintali di frattaglie, forte di f/x spaccamontagne. Le innecessarie diluizioni della detection di contorno e la videoconfezione ammortizzano il colpo e rendono tutto più no che sì. Ma diciamo che quando è sì sono non poche giunture rotte.

Frettoloso ma realistico nella messinscena, con storia campata in aria giusto per allungare il brodo, sfocia e si concretizza in sequenze splatter di grande efferatezza. Nei primi Duemila un certo scalpore nello sguardo del cinefilo “underground” lo aveva gettato, rivisto ora - con l’avvento di colleghi decisamente più caratterizzati - fatica non poco a reggere il passo. È comunque curioso e con un bodycount a regola d’arte.

Sorprendente e divertente indie con notevoli e insistite scene gore e splatter. Il folle pagliaccio sovrappeso non si separa mai da una mannaia oversize che fa sembrare quella di Slaughterhouse un coltellino da campeggio. Assieme alla ragazzaccia schizzata, smembra chiunque capiti a tiro. Particolarmente insistite le decapitazioni (omaggiato un Venerdì 13 con la ragazza sulla sedia a rotelle) e gli sbudellamenti (un tizio cerca di raccogliersele massaccesianamente). Art il clown un'occhiata deve avergliela data.