Belllissima trasposizione da Pratolini da parte di Zurlini, che riesce a raccontare una storia di amore fraterno con levità e pudore, evitando gli eccessi melodrammatici e morbosi che il finale potrebbe indurre, anche se la dinamica tra i due fratelli è resa con partecipazione. Notevole anche l'ambientazione fiorentina non oleografica e quasi irrisconoscibile.
Fedele al romanzo autobiografico di Pratolini (cambiano solo i nomi di alcuni personaggi), ne rispecchia i dialoghi e l’intensità emotiva, accentuata dall’uso di un paesaggio essenziale, solitario e dolente come l’animo dei due fratelli, interpretati in modo magistrale da Mastroianni e Perrin. Perfetti pure Louise Sylvie nel ruolo della nonna anziana ed affettuosa e Randone in quello del caustico “babbo”. Finale struggente e dilatato come in un lacrima-movie.
Straordinario, poco da aggiungere. Con un minimalismo formale di questo tipo il rischio di firmare una pellicola fredda, calligrafica ed un po' noiosa era alto; invece Zurlini ha girato un grandissimo film, che dà realmente la percezione del dolore interiore che provano i protagonisti. Eccezionale Mastroianni, come se fosse una notizia, ma anche Sylvie -nel ruolo della nonna- lascia meravigliati. Da segnalare anche l'ottimo lavoro di Giuseppe Rotunno sulle luci.
MEMORABILE: Lorenzo al fratello: "Scaccerai le mosche anche dal mio viso?"
Il semplice soggetto tratto dal romanzo di Pratolini (la rievocazione della vita familiare di due fratelli) viene trasformato in un ottimo film dalla massima attenzione stilistica alla regia, che sa conferire alle immagini il senso di decadenza adatto al clima di tristezza della pellicola. Con lentezza meditatativa il rapporto tra i due fratelli viene immerso nella riflessione malinconica delle amarezze della vita, facendo diventare protagonisti, più che i personaggi, i sentimenti familiari. ***!
Enrico e Lorenzo, due fratelli, due figli unici, stessi genitori, ma cresciuti da due padri diversi, in due case diverse, con valori diversi. Nell'Italia dagli anni '30 alla guerra; nella vita dalla lieta, inconsapevole adolescenza di Lorenzo ai suoi ultimi giorni, prima che una malattia misteriosa ne spenga la giovinezza. Enrico, il fratello maggiore (un immenso Mastroianni) è la memoria di Lorenzo, la "cronaca familiare" di un'infanzia dimenticata, di una madre mai conosciuta. Nella nitida fotografia di Rotunno, un melò commosso, ma senza lacrime, una raffinata elegia.
MEMORABILE: L'ultima condivisione di ricordi tra i due fratelli prima della fine.
Struggente film di Zurlini, con quattro interpreti eccellenti (Mastroianni, Perrin, Randone e Sylvie, la maestra anziana in Don Camillo). Ambientazione, come risaputo, in una Firenze alla Ottone Rosai e azzeccatissima fotografia di Rotunno. Forse un po' troppo lunga la parte ospedaliera conclusiva, ma forse discende dal desiderio di evitare la lacrimuccia. Cinema italiano dei tempi d'oro.
Leone d'oro alla Mostra di Venezia: è il minimo che si potesse dare come premio a questo film di Zurlini (uno dei migliori registi italiani). Dramma che non cade mai nel piagnisteo e che anzi fa riflettere. Interpretazione magistrale della coppia Mastroianni-Perrin (da non dimenticare Randone).
Marcello Mastroianni è stato un attore unico e probabilmente irripetibile: lo dimostra la straordinaria performance in un film che viene "nobilitato" dalla sua presenza. La regia di Zurlini valorizza sia la prova degli attori (tra gli altri un ottimo Salvo Randone) che l'ambientazione, sottolineata da una suggestiva fotografia. Un film che porta avanti il tema dell'amore e della solidarietà fraterna in maniera sincera e mai stucchevole nonostante il finale amaro. Da vedere.
Bella trasposizione del romanzo di Pratolini, ne conserva la forma di rievocazione attraverso il colloquio con il fratello perduto e soprattutto il tono, malinconico e sommesso, che si fa struggente nel finale. Decisive le interpretazioni di Mastroianni, intenso e con un sottofondo di inconfessabile risentimento, e di Perrin, condannato ad una eterna adolescenza, ma vanno ricordati anche la commovente Sylvie, nonna dolcissima, e Randone, in un ruolo di viscida ambiguità. Delicata e preziosa la fotografia di Rotunno.
MEMORABILE: Il dialogo fra i due fratelli per strada, dopo la morte della nonna
Il lacrima-movie nasce in serie A, ma con le cartucce già carichissime: location (Firenze e Roma) mai così cimiteriali, una fotografia di un crepuscolare che scorre nelle vene, una vittima designata che sprizza bontà e tenerezza da tutti i pori (nonostante arrivi a varcare la soglia dell'età adulta), un segmento ospedaliero tanto compiaciuto (frasi a effetto comprese) e prolungato che in confronti i tour de force cestieiani sembrano visite di routine, nessuna concezione all'ironia, un Mastroianni impeccabile. Invecchiato molto bene.
MEMORABILE: Il rientro all'ospizio, con quel crepuscolo sullo sfondo: scena ben più potente di tutta l'ondata lacrimosa in arrivo.
Una storia triste ambientata in un'Italia sofferente. Zurlini caratterizza bene il testo di Pratolini conferendogli grazie alla buona fotografia e alle azzeccate ambientazioni credibilità e sostanza. Mastroianni e Perrin ottimi. Il mitico Salvo Randone, tanto apprezzato da Zurlini, rende perfettamente il suo ruolo. Buon film da vedere.
Fratello maggiore ripenserà al rapporto col minore defunto. Basato sul narrato di Pratolini (ottimo nei fuori campo), è la difficile rappresentazione di complessi rapporti fraterni. Mastroianni riesce a cambiare registro emotivo a piacimento ed è importante anche il ruolo della nonna. Nella fase ospedaliera viene dilatato troppo il tempo del declino fisico ed emotivamente perde in termini di struggimento. Fotografia eccellente che dà quell'impronta di cartolina ingiallita dal tempo.
MEMORABILE: La stanza in solitaria all'ospedale; La visita insieme dalla nonna; Al ping pong; Il cambio del nome da Dino a Lorenzo.
Dolente è dolente, dal primo all'ultimo minuto, lo testimonia la faccia bitumata di Mastroianni. Però Zurlini ha tatto, sa distribuire il malessere nelle mezze verità sottovoce, in qualche ricordo affettuoso, tra le mute lacrime dei due fratelli separati. Sorretto dalle pagine di Pratolini, il quadro si stampa nel gusto di regia e si raccoglie intorno all'intesa dei protagonisti (l'altro è Perrin, attore feticcio per Zurlini). C'è anche Randone, infallibile, in una Firenze privata ad arte dei colori.
Se il romanzo di Pratolini resta un caposaldo del neorealismo letterario la trasposizione di Zurlini si presenta come un definitivo superamento del neorealismo cinematografico: pur lasciandone intatta la struttura diegetica a flashback (con la voce off di Mastroianni che a tratti riprende fedelmente interi brani) infatti a dominare è soprattutto la ricostruzione ambientale scarna ma efficace, ben valorizzata da una fotografia fredda e malinconica (si stenta a credere che il direttore sia lo stesso di Visconti e Fellini). Consacrazione definitiva per Mastroianni, dimesso e struggente.
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