Negli anni Settanta, nel quartiere di Harlem, una ragazza rimasta incinta deve cercare di scagionare il proprio partner dall'accusa di stupro. Meraviglioso, romantico film diretto superbamente da Jenkins e interpretato da attori in grande spolvero, capaci di rendere al meglio nei rispettivi ruoli (menzione d'onore per la Layne). Il ritmo non è dei più vivaci, ma ciò viene compensato da una storia che riesce a tener desta l’attenzione, con momenti dove è impossibile non commuoversi. Quando la blaxploitation incontra il cinema d’autore. Ottimo!
Tratto da un romanzo di James Baldwin, il film rimane fedele alle idee di fondo di questo scrittore rappresentante dell'ala "pacifista" del movimento per i diritti dei neri. Una poesia in movimento, in cui trova posto l'amore come filo conduttore, la disillusione sulla possibilità di una reale uguaglianza, l'impotenza della povertà materiale davanti al potere, ma anche la potenza della ricchezza dei sentimenti che tiene unita la comunità a partire dalla famiglia. Attori e musiche notevoli.
Lavoro di qualità che riesce a comporre momenti toccanti e magistralmente orchestrati a livello di musiche, fotografia e prestazioni attoriali (stessi capisaldi di In the mood for love, per intendersi). Nell'insieme non risulta altrettanto incisivo e la storia non mette a fuoco quanto poteva ma la scelta di evitare banali drammatizzazioni a favore di primi piani, cromatismi e sfumature rimane la peculiarità di un film che qualcosa di vivido ti lascia per forza.
Ambientata ad Harlem negli anni 70, la storia di un giovane nero accusato di aver stuprato una donna bianca. Mentre lui è in prigione, la sua ragazza scopre di essere incita... Nel trasporre il celebre romanzo di Baldwin, Jenkins si concentra sul forte legame fra i due ragazzi innamorati e sulle reazioni delle rispettive famiglie, lasciando sullo sfondo il contesto socio-ambientale, affidato soprattutto a foto d'epoca. Una scelta intimista impaginata con molta eleganza formale e sorretta dalle belle prove del cast, ma che rischia di apparire a tratti troppo soffocante, quasi accademica.
Un solido dramma ambientato negli anni 70, quando ancora il rigurgito razzista era notevole. Due giovanissimi ragazzi di colore invischiati in una vicenda forse più grande di loro. Dialoghi di buon livello, talvolta lievemente teatrali, ma il desiderio di denunciare l'ingiustizia appare importante, nonostante un finale che lascia l'amaro in bocca e non approfondisce ma appare solo speranzoso. Cast di buon livello.
MEMORABILE: Il funesto incontro tra i genitori dei due ragazzi.
Come nel suo film precedente, il regista Barry Jenkins adotta un tono intimistico, con aspetti quasi da rappresentazione teatrale per un dramma ad alto impatto emotivo ambientato nella New York degli anni '70, ancora profondamente razzista. Stilisticamente assai curato, il film tratto da un romanzo di Baldwin, si segnala per le toccanti interpretazioni di un ottimo gruppo di attori e per una narrazione che "cresce" progressivamente in tensione per sfociare in un finale dai toni amari. Buono il doppiaggio italiano.
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CuriositàZender • 25/02/19 16:44 Capo scrivano - 47778 interventi
Premio Oscar 2019 per:
Miglior attrice non protagonista (Regina King)
CuriositàDaniela • 28/07/19 15:05 Gran Burattinaio - 5926 interventi
Soggetto dal romanzo "If Beale Street Could Talk" scritto dallo scrittore statunitense James Baldwin, pubblicato nel 1974.
Beale Street è una strada di Memphis nel Tennessee indissolubilmente legata alla storia del blues.
CuriositàDaniela • 28/07/19 15:53 Gran Burattinaio - 5926 interventi
Il film, ambientato ad Harlem negli anni Settanta, è inframmezzato da foto relative alla condizione degli afro-americani nella società statunitense, scattate da vari fotografi citati nei titoli di coda.
Una foto in particolare è molto famosa, perché apparsa sulla copertina della rivista Life nel 1968. La foto, che ritrae una bambina in lacrime, fa parte del reportage "A Harlem Family" di uno dei principali collaboratori della rivista, Gordon Parks.
Grandissimo fotograto, Gordon Parks si è cimentato anche con il cinema. La sua regia più famosa è Shaft il detective del 1971, prima produzione di una major ad essere diretta da un afro-americano.