Gestarsh99 • 9/08/11 16:31
Scrivano - 21542 interventi DEGLI INSETTI E DELLE PENE - ETOLOGIA DI UNA CATENAMario Bava può essere a buon diritto ritenuto il
Leonardo Da Vinci del cinema italiano e la cosa è risaputa.
Parlando di generi nostrani ha inventato quasi tutto lui: l'horror gotico con
La maschera del demonio (il pur precedente
I vampiri possedeva difatti ancora alcune venature giallo/poliziesche), il thriller in bianco e nero con
La ragazza che sapeva troppo, il thriller a colori con
Sei donne per l'assassino e con questo
Reazione a catena anche lo slasher.
La trama di quest'opera è presto riassunta: una nutrita schiera di sciacalleschi ereditieri coinvolti in una serie di faide e lotte intestine per l'accaparramento e lo sfruttamento delle bellezze naturali attorno a una baia.
Il tutto a suon di morti e ammazzamenti (ecco spiegato il sardonico titolo alternativo
Ecologia del delitto).
Ciò che in questo film sembra contare realmente per l'autore sanremese non è il "cosa" ma piuttosto il "come", il "fino a che punto":
Bava architetta con moralistico sadismo un intreccio dall'incedere cartesiano causa-effetto, una storia dai deliranti risvolti da tragedia elisabettiana.
Nonostante l'illustre presenza di attrici celebrate e impegnate come
Isa Miranda e
Laura Betti, il Nostro continuava sempre ostinatamente a considerare gli interpreti come elementi/oggetti del film rigorosamente intercambiabili. Di volta in volta i personaggi delle sue pellicole divenivano ora topi in gabbia, ora pedine di una macabra scacchiera, ora persino burattini di un teatrino dell'assurdo che lui, in prima persona, si divertiva misantropicamente a manovrare, spostare e destinare alle fini più atroci e orrende.
In questo film gli umani sono visti come insetti, da osservare, infilzare (come fa
Leopoldo Trieste coi suoi scarafaggi) e di cui studiare impietosamente i comportamenti dinanzi a situazioni limite e disperate. Un'umanità svilita e colta nelle sue peggiori manifestazioni di cupidigia, bramosia di denaro e bieco arrivismo. E a farne le spese sarà persino la spregiudicatezza di una comitiva di hippies.
Come suo solito,
Bava coordina il tutto senza spocchia autoriale ma comportandosi da puro cine-artificiere, facendo di necessità virtù. In barba ai dettami dell'ovvietà, egli si prodiga da un lato in stroboscopici giochi di zoom e fuori fuoco squisitamente extra-contestuali e stranianti (vedasi ad esempio il sole sfocato che, al contrario, risulta poi essere un occhio che spia), dall'altro in ardite successioni analogiche che nemmeno
Ejzenstejn (la fulminea decapitazione repentinamente seguita da un salvadanaio che, cadendo a terra, va in mille frantumi). Cosa più importante, condisce l'insieme delle vicende di un umorismo tanto nero ed efferato da turbare per la sua spietatezza.
Come già accennato,
Reazione a catena è largamente ritenuto il padre di tutti gli slasher ottantiani made in USA, a partire proprio dall'acclamato
Halloween di
Carpenter, proseguendo con la lunga serie dei
Venerdì 13 di
Cunningham e soci (saga che, da par suo, riprenderà sfacciatamente sia l'ambientazione lacustre che addirittura uno degli omicidi più genialmente congegnati dal maestro: quello dei due amanti trafitti nell'atto dell'accoppiamento).
Questa è altresì l'opera più splatter ed estrema della filmografia baviana e si avvale degli ottimi effetti sanguinosi del fidato
Carlo Rambaldi, al quale va senza dubbio una menzione ad honorem per la violentissima roncolata in pieno viso riservata a uno degli hippies:

A un'ultima analisi, in
Reazione a catena fa capolino anche il tema ricorrente di tante sceneggiature del soggettista
Dardano Sacchetti, quello della cattiveria innata dei bambini (
SPOILER Alla fine la natura si reimpadronirà del proprio spazio e i due bimbi, unici superstiti della mattanza e vindici di tutto il sangue sparso, correranno liberi tra i prati, senza adulti tra i piedi...!
SPOILER).
Come non citare però, dulcis in fundo, la scena che vede
Brigitte Skay denudarsi e calarsi nelle acque della baia, col cadavere in ammollo che, cullato dalle onde, giunge quatto quatto a sfiorare col suo freddo e rigido dito le natiche eburnee della procace tedescona...
Come avrebbe detto quel pugliese:
"MARIO, SEI PROPRIO UN FIGLIO DI PUTTENA!"
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