Nonostante la sceneggiatura di John Steinbeck e la straordinaria forza emotiva che caratterizza il racconto, quello di "Viva Zapata!" è un Kazan minore rispetto ai suoi soliti standard; sicuramente tra storia e leggenda Kazan opta per la seconda ma al di là dell'inattendibilità storica è la scarsa messa a fuoco del versante più strettamente politico a colpire; in tal modo il film si limita ad essere una requisitoria contro il potere.
Nel realizzare Viva Zapata l'intento di Elia Kazan era probabilmente quello di realizzare un grande affresco su potere e corruzione dimostrando la forte fragilità degli ideali rivluzionari. Benchè animato dalle migliori intenzioni e realizzato in modo tecnicamente pregevole però, Viva Zapata (sceneggiato dal grande scrittore Steinbeck) non colpisce il berdaglio dal punto di vista storico con una ricostruzione piuttosto confusa ed imprecisa. Si tratta comunque di uno spettacolo godibile grazie anche all'ottimo cast.
Viva Zapata ci mostra i pro e i contro della rivoluzione messicana. Ovviamente è difficile fare un film storico ed attenersi ai fatti realmente accaduti. Ed anche se il film è bello da vedere, sia per quanto riguarda la bravura degli attori (Brando su tutti), sia per quanto riguarda la regia; sono rimasto deluso dall'"americanizzazione" della storia, che rende l'eroe troppo buonista. Comunque da vedere.
Storia di un rivoluzionario messicano, Zapata, in cui non tutte le vicende corrispondono alla realtà; tuttavia è opportuno evidenziare il lato introspettivo della pellicola e del personaggio stesso. Marlon Brando è superlativo. Kazan come sempre infallibile alla regia.
Considerato uno dei più deboli di Elia Kazan, è in realtà un valido film sulla tragedia del potere e sulla sua capacità di corrompere le anime dei più deboli. Non è così per Zapata (grandiosamente interpretato da Brando), ma sarà così per suo fratello (interpretato dall'altrettanto grande Anthony Quinn). Forse, la pecca è quella di dare un'immagine di Zapata troppo positiva; sarebbe stato più vicino alla realtà renderlo maggiormente ambiguo.
Visivamente appagante con una serie di quadri in movimento esaltati dallo splendido bn contrastato, meno convincente sul piano del racconto e non solo per le solite libertà storiche. Per la sua parabola sul potere che corrompe, Kazan estremizza i due poli: da un lato Zapata nella statuaria interpretazione di Brando, descritto come alfabeta per rafforzarne la "purezza" popolare, dall'altro l'intellettuale sostenitore della rivoluzione reso spietato dall'adesione ad un'ideologia astratta, interpretato da Wiseman. Così il più convincente finisce per risultare Quinn, umano nelle sue debolezze.
Il Zapata di Kazan e di Steinbeck si erge come unico protagonista onesto e idealista nella rivoluzione messicana, dove tutti sono fagocitati dall'ebbrezza del potere e della conseguente ricchezza. Zapata, a differenza di Madero, onesto ma troppo debole, unisce alla rettitudine morale, la capacità di saper combattere, ma anche la pervicacia di credere troppo in se stesso. Brando e Quinn danno un'interpretazione convincente dei due fratelli, ma Quinn sa essere ancor più naturale (premio Oscar) di un Brando senza dubbio bravo ma troppo costruito.
MEMORABILE: La nera figura di Fernando (Joseph Wiseman).
La rivolta di Zapata come paradigma di ogni rivoluzione, in una sorta di dramma didattico in cui si confrontano e scontrano ideologie e metodologie dietro i volti e le azioni di contadini, governanti e militari coinvolti nella grande saga di inizio 900. Splendida fotografia che esalta composizioni visive di grande fascino. Sceneggiatura di Steinbeck interessata non alla verità storica ma a una metastorica riflessione politica. Regia salda ed esemplare che nel ribollente clima messicano ci fa respirare il fronte di un nuovo e diverso Far West.
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