Note: Terza trasposizione dell'opera teatrale "La morte in vacanza" (1923) di Alberto Casella, dopo l'omonimo film del 1934 e il film televisivo "Death Takes a Holiday" del 1971.
Che dire di questo film... L'idea è buona: la morte che si materializza sotto forma di agente del fisco (la battuta "Morte e tasse" è azzeccata) per portare via un infartuando. Cosa rovina il film: un Brad Pitt che se la cava ma che esagera nel crogiolarsi in quell'unica espressione facciale che stufa dopo un minuto. E poi la pettinatura: come se gli si fosse rotto un cocomero in testa. C'è anche il cattivo arrivista visto e stravisto. Si salva Hopkins.
Forse non sono riuscito ad "entrare" nel film, ma l'ho trovato francamente noioso. L'inizio era promettente, peccato poi che la trama si ingarbugli un po' troppo e che si sia dato troppo peso all'improbabile storia d'amore tra la Forlani e Pitt, che sarà anche bello e bravo ma qui è talmente fuori parte da rasentare il ridicolo involontario. Lo stesso finale mi è sembrato un po' improvvisato... Insomma, una delusione.
Film promettente sulla carta grazie all'introduzione della figura di un angelo della morte discretamente interpretato da Pitt che fa da contrappunto alla figura del miliardario Hopkins al quale deve portare via la vita ma con cui nel contempo instaura un rapporto simbiotico (con reminiscenze della sindrome di Stoccolma vittima-carnefice). Il limite del film è una sceneggiatura troppo articolata con parecchi tempi morti che si riflettono in una durata eccessiva di un film che, benchè curato nei particolari, non riesce ad avvincere.
Brad Pitt sarà anche bello, ma io il film l'ho trovato francamente noioso ed eccessivamente lungo; meglio l'interpretazione di Hopkins; l'unico salto l'ho fatto all'inizio nella nota scena, poi mi sono persa nella trama, abbastanza priva di senso e condita delle immancabili scene d'amore (per contratto Pitt deve mostrare la schiena nuda); ma alla fine Pitt era un agente delle tasse, o no? Tanto ti succhiano la vita...
I pregi del film: scenografie impeccabili e un Anthony Hopkins che, praticamente da solo, tiene in piedi la baracca. I limiti del film: la lunga, eccessiva durata. Tre ore per un film di questo livello sono francamente troppe e in qualche caso scade nel ridicolo e nella noia. Comunque merita sopratutto per Hopkins, che surclassa facilmente Pitt.
La morte prende le fattezze di un bell’uomo e si intrattiene per un po’ sulla terra prima di compiere il suo dovere. Trama sul filo del rasoio: stuzzicante paradosso oppure boiata pazzesca. Il regista rimane in bilico, seminando qualche intrigante spunto (il rapporto tra morte e morituro) in mezzo a sublimi banalità (che arrivano al culmine con il ‘signor Morte’ che scopre il sesso). Se togliamo il trucco di Pitt da fotomodello (ma dopo un po’ stanca) e la bravura sovrumana di Hopkins, il resto è routine hollywoodiana di livello medio-basso.
Inutile. Come sprecare un bravo attore come Anthony Hopkins in una produzione mediocre, con il bamboccio Pitt nel ruolo della morte che si innamora della figlia del suo prossimo cliente. Confezione bruttarella, attori che non convincono, finale penoso. Orrido oltre ogni limite.
A un industriale che sta per compiere 65 anni viene a far visita la morte; che però, prima di fargli fare il "grande balzo", si "prende una vacanza" e si presenta in carne e ossa nei panni di un giovane. Film di Martin Brest incompreso in patria ma che ha avuto un discreto successo da noi grazie a un Brad Pitt innamorato di Claire Forlani, sia come ragazzo normale che subisce un incidente mortale, sia in quelli (volutamente?) inespressivi della morte. Apprezzabili le prove di Anthony Hopkins, il co-protagonista e Marcia Gay Harden.
Un film pomicione come pochi altri. Si utilizzano tutti i clichè del caso per questa storiella d'amore e si finisce per renderla banale e fastidiosetta. Hopkins gigioneggia come spesso, d'altra parte, ha fatto negli ultimi anni e Brad finisce per fare la ruota come un pavone. Ancorchè bellissimi gli interpreti non dicon molto. E così il finale s'intuisce già dalla terza scena. Un bel filmone per teen-ager innamorate e nulla più. Perdibile.
Io trovo questo film delizioso e intelligente. Delizioso nel costruire una storia d'amore originale, ben interpretata da Brad Pitt e Claire Forlani e intelligente e di atmosfera nel raccontare come addirittura la morte rimanga affascinata dalla bellezza della vita. Anthony Hopkins che dire; ogni suo sguardo, ogni sua parola è capace di suscitare grandi emozioni. Tutto è splendido, trama, cast e colonna sonora. Un film dove non stona davvero nulla.
MEMORABILE: L'amore è passione, ossessione. Qualcuno senza cui non vivi.
Filmetto tutto sommato godibile. Nucleo del film veramente curioso, quasi simpatico; non convince molto il concetto della "vacanza della morte" o il suo soggiorno tra i comuni mortali. Finale scontato. Brad Pitt forse inadatto per questa parte, bravo Hopkins e bellissima la Forlani.
L'unica cosa che mi rimase impressa di questo terrificante film, dopo averlo visto a scuola, è la faccia da fessa della Forlani. Costei intrattiene un rapporto amoroso con la morte, impersonata nientepopodimenoche da uno scialbissimo Pitt. Hopkins è l'unico che salva la barca e il punto e mezzo è proprio per lui. Questo tipo di film a Hollywood riusciva bene una sessantina di anni fa, ormai siamo nella mediocrità più assoluta. Il difetto peggiore? Piacque a tutte le mie compagne di classe. Aiuto.
Splendido. Un ottimo cast che viene ben diretto all'interno di una sceneggiatura di velata filosofia. Amore e morte i temi principali, ma a fronte di varie ingiustizie vien da chiedersi: vale la pena attaccarsi tanto alla vita? Poteva diventare un qualcosa di nichilistico, ma poi vien scelta la strada del buonismo. Forzato e sbrigativo nella conclusione, ma non per questo mal strutturato.
Il terribile Angelo della morte viene interpretato, sfidando le idee dell'immaginario collettivo, da un bellissimo e giovane Brad Pitt, che entra nella vita del miliardario Parrish conquistandosi la fiducia e l'amore di tutti coloro che ne fanno parte (prima fra tutti, sua figlia Susan). Avvincente nella prima parte, diventa quasi noioso nella seconda, in cui i colpi di scena spariscono e il finale dell'amore che vince sulla morte sembra abbastanza scontato.
MEMORABILE: Che male c'è a prendersi cura di una donna? Lei si prende cura di te.
Un cast di prestigio per un film che sulla carta sembrerebbe curioso e anche accattivante e inizialmente parrebbe mantenere la promessa, salvo poi dilungarsi incredibilmente per raggiungere una durata da melodrammone di una volta. Gli attori non se la cavano male, ma la durata eccessiva penalizza non poco, Anthony Hopkins a tratti sembra svogliato e di sicuro la sceneggiatura pesante e a volte forzata non aiuta. Peccato, perché poteva risultare un prodotto dignitoso e godibile.
MEMORABILE: La "rivelazione" dell'identità di Pitt davanti a tutti.
Una pellicola che trova molti estimatori sia per le citazioni che per il notevole sentimentalismo. Francamente denoto una durata smisurata che offre numerosi tempi morti di cui si poteva fare a meno; al tempo stesso si assiste a un monumentale Hopkins che consente al film di reggere fino alla fine. Pitt, nonostante il fascino scontato, appare troppo patinato mentre la Forlani non buca più di tanto. Sopravvalutato.
Film adatto a una visione dopo una cena sostanziosa, ma con possibile duplice risultato: o vi godrete un film che consente una digestione serafica oppure vi farete una profonda dormita. Per assorbire una pellicola così corposa occorre forza e perseveranza, oltre a una buona dose di predisposizione per i film molto lenti. Ma, personalmente, ho trovato sufficientemente affascinante trama, svolgimento e credo pure che gli attori siano, tutto sommato, quelli giusti. Di solito guardo altri generi, ma, almeno qualche volta, gradisco "smaltire" in "santa pace".
Poteva essere davvero una visione faticosa, vuoi per la massiccia durata vuoi per la presenza oggettiva di scene abbastanza inutili; fortunatamente sono entrato nella pellicola soprattutto per la curiosità scaturita dalla gestione del rapporto fra Pitt e Hopkins con dialoghi (davvero niente male) generatori di riflessioni sul senso della vita e sulla gestione del tempo che l'uomo ha a disposizione e su come farlo fruttare. La regia di Brest, nonostante non risulti particolarmente personale, bene si confà al genere. Pitt all'apice della bellezza.
MEMORABILE: L'incontro al locale di colazioni; La festa di compleanno; I fuochi d'artificio.
Partenza promettente e scoppiettante per un film che, dopo una mezz'ora, va in stasi senza mai più decollare. La sceneggiatura è deludente, tra momenti prevedibili, tempi morti e dialoghi eccessivamente irrealistici o melensi. A gravare ancora di più sul risultato la pessima performance di Pitt, fuori parte e imbarazzante, bilanciato per fortuna dall'ottimo Hopkins e dalla sorprendente Forlani. Troppe digressioni sul lavoro di Hopkins, durata eccessiva e fotografia troppo patinata. Nel finale vorrebbe commuovere ma ormai l'interesse è andato.
Le premesse non erano affatto malvagie, sia a livello di plot sia di cast e di produzione, ma ben presto il film si rivela come il polpettone di tre ore (e novanta minuti buoni sono assolutamente inutili per la storia) che in realtà è. Melenso, sciatto, ricco di sequenze che vorrebbero intenerire o magari spingere a qualche riflessione filosofica, o persino far sorridere e finiscono invece in uno sconfinato piattume. Brad Pitt non convince, la noia impera sovrana e il finale (overdramatic) si accoglie come una vera liberazione. Evitabilissimo.
L'inizio è sfolgorante, la fine è pure molto azzeccata; tutto il resto è improbabile e improponibile. Peccato perché l'idea non era male, se fosse stata gestita magari con maggiore spavalderia come nell'originale del '34. Tutti invece assumono il comune denominatore di mancanza di carattere e determinazione. Il ruolo meglio gestito e definito alla fine pare essere quello di Jeffrey Tambor.
Visto solo ora a piú di vent'anni dall'uscita resta vedibile ma con difetti evidenti. La premessa poteva essere interessante se non calata in una storia amorosa. Il film andava accorciato e spogliato dei numerosi momenti esornativi. Il finale pare poco riuscito: non commuove e diventa poco comprensibile quando la Forlani, non si sa in virtù di cosa, capisce l'inghippo. Un Brad Pitt tirato a lucido offre una prestazione scialba, così come la Forlani, bene Hopkins, elegante la confezione complessiva. Trascurabile.
MEMORABILE: L'imbarazzante scena di sesso tra Brad e la Forlani.
Visto con fisiologica disillusione il film riduce molto del suo fascino; per onestà però bisogna ammettere che in periodi da farfalle nello stomaco può far presa. Dipende dunque dalla predisposizione dello spettatore coglierne il presunto valore. Sempre col cuore in mano è d'obbligo riconoscere che se non fosse per (quello di) Hopkins la pellicola subirebbe maggiore critica, le agiatezze della Forlani cozzano con la sua purezza e di base non è chiaro come "un'entità" opposta e vecchia quanto la vita avverta il bisogno di scoprire cos'è l'amore. Pitt fa il bambolotto imbambolato.
MEMORABILE: E pensare che esistono i semafori, anche per i pedoni.
La morte, sottoforma di giovane uomo, si presenta dinanzi a un anziano benestante. Sentimentalismo à gogo, prolisso ma paradossalmente non noioso. Non si capisce il perché di una simile durata (quasi tre ore!): si potevano evitare alcuni momenti insignificanti. Il finale forzato e mieloso rovina un po' tutto: peccato. Hopkins più che convincente, discreta la colonna sonora.
Classica epopea holliwoodiana anni 90 in cui le aspettative da trailer vengono regolarmente deluse. Se Hopkins persevera nel non deludere interpretando, comunque, il ruolo comune del ricco uomo d’affari, padre di famiglia, Pitt che dovrebbe apparire più interessante (essendo il bel signor morte) risulta meno incisivo. La sceneggiatura è piuttosto banale e prevedibile, scivolando fin troppo nel mieloso. Con quel budget e certi attori si poteva osare - e fare - molto molto di più. Un’occasione mancata.
Bill, un realizzato uomo di successo, riceve nel giorno del suo sessantacinquesimo compleanno una visita inaspettata che gli cambia la vita. Lo spunto di base è fantasioso ma comunque accattivante, al punto da rendere soggetto e sceneggiatura originali. Il cast in buona forma e una confezione accurata, dilatata nei tempi ma non noiosa, lo hanno fatto diventare un esponente del cinema d'autore adatto al grande pubblico.
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All'epoca dell'uscita nelle sale il film fu il piu' costoso dell'epoca,senza l'ausilio di effetti speciali (quindi presumo che gli attori si siano fatti pagare molto bene,nonostante il risultato...).