Il film si prefigge di trattare il periodo di qualche anno antecedente a quello in cui Pasolini si accingeva a scrivere il suo libro "Ragazzi di vita". Presenta contenuti forti (il regista toppa solo nell'usare un linguaggio troppo attuale) ed è incorniciato da un bianco e nero che lo rende ancora più suggestivo. Al centro l'incriminazione per corruzione di minorenni e tutta la via crucis a cui Pasolini andrà incontro dopo l'accusa. Si ha l'impressione che il regista abbia voluto riscattarsi da Nerolio e per me c'è riuscito. Struggente.
Diversamente dai precedenti (compreso il proprio) e dai successivi, Grimaldi mette in scena un Pasolini sconosciuto, ancora giovane, esitante, timoroso, privo di ogni cliché (ambiguità, sicurezza di sé stesso e fascino maudit). Non il regista che si compiace di scandalizzare, ma l'intellettuale curioso che appena giunto a Roma non trova lavoro neanche come comparsa. Il lavoro per sottrazione (Pasolini parla pochissimo) salva anche l'interpretazione di Paglia e il B/N non è pretestuoso come altrove. Un omaggio rischioso e (stranamente) riuscito.
MEMORABILE: L'interrogatorio iniziale col maresciallo; Il viaggio in treno.
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