Ennesimo film di Matarazzo con la coppia Nazzari/Sanson. Per la prima volta la pellicola è a colori e la commozione e le cattiverie sono pane quotidiano. Fabrizi interpreta la parte del tapino e menzognero salvo riabilitarsi nel drammatico finale sempre prodigo di colpi di scena. La Sanson subisce come da copione mentre Nazzari è più autoritario del solito.
Melodrammone che, dopo una prima parte tutto sommato sobria, sfocia in un susseguirsi di vendette amorose, menzogne ed esagerazioni di vario tipo mentre i fotogrammi traboccano passione, onore e follia, il tutto con un ottimo senso del ritmo e, al tempo stesso, una splendida mancanza di senso della misura (si pensi al sequestro verso la fine, totalmente slegato dal resto). Yvonne Sanson incide meno dei due rivali in amore: un Otello ancora più cocciuto e uno Iago ancor più viscido. Ridicolo spesso dietro l'angolo, ma spasso assoluto.
Melodramma gustosamente sopra le righe (particolarmente nella seconda parte) di Matarazzo, che si dimostra ancora una volta maestro in cattiveria e miele millefiori, garbugli sentimentali, intrigo con odio e climax ascendente di passioni tormentate. Ci sono Sanson e Nazzari (suoi attori cardine e feticcio) e c'è Fabrizi (in una parte di meschino debosciato, infine pentito delle sue malefatte). Si deve stare al gioco matarazziano per godersi questo oggetto che sta in bilico sul precipizio dell'eccesso, dove poi cade; senza, però, sfracellarsi.
Insopportabile lacrima-movie nel quale si salva solo la coppia protagonista. La trama segue il solito iter (felicità iniziale- sequela di disgrazie-ritrovata felicità) e il regista non guarda al finale necessariamente tragico come in altri film con protagonista Nazzari (qui nell'antipatico ruolo di un uomo che riversa tutta la rabbia sulla figlioletta non appena crede di non esserne il padre), anche se il motivo che spinge il cattivo a pentirsi è semplicemente ridicolo.
Fiammeggiante melodramma matarazziano ambientato in una Napoli dove nessuno ha il benché minimo accento partenopeo, con un terzetto di protagonisti perfettamente in parte e uno svolgimento classico. Quantomeno fino a tre quarti, perché nel segmento finale le cose si complicano: come se il torbido dramma in famiglia non fosse abbastanza, Matarazzo e De Benedetti aggiungono una frana e una mater dolorosa impazzita che rapisce la piccola Lidia, credendola la sua bambina, morta anni addietro. Non mancano alcuni momenti topici del genere, tra i quali la confessione in punto di morte.
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Io lo ricordo a colori tramite il procedimento del Ferraniacolor e nonostante su youtube vi sia una versione in bianco e nero tutti i siti cinematografici lo indicano a colori.
Nando ebbe a dire: Io lo ricordo a colori tramite il procedimento del Ferraniacolor e nonostante su youtube vi sia una versione in bianco e nero tutti i siti cinematografici lo indicano a colori.
Potrebbe essere uno di quei film dei quali furono proiettate sia copie a colori che in b&n (come ad esempio "Il dottor Cyclops " del quale vidi al cinema una copia sicuramente b&n, mentre fu girato a colori)
DiscussioneDaniela • 9/04/20 12:00 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Quindi la location postata in bn è corretta. E come avevo ipotizzato, esistono due versioni. Secondo me in origine è stato realmente girato a colori e poi ne so o anche state distribuite alcune copie in bn.