Commedia nera di Monicelli, con questa ricca famiglia che si riunisce per il funerale della nonna. Ovviamente tutti sono lì soltanto per l'eredità, ma inizieranno ben presto le sorprese. Ogni tanto il film offre qualche buon momento (la seduta spiritica, ad esempio) ed il cast è interessante, ma alla fine si ha l'impressione di un gioco tirato un po' per le lunghe. Alias e Marrocco sono pure accreditati (il secondo come Marrocu), anche se fanno solo la loro solita comparsata.
MEMORABILE: "Se fossi tua moglie, ti metterei il veleno nel caffé!"
"Se fossi tuo marito, lo berrei..."
Ai tempi fu snobbato come il patetico tentativo di un autore superato di riciclarsi con i temi del cinema contestatario. Peccato che quel "vecchio" abbia gloriosamente tenuto duro per altri quarant'anni mentre i giovani leoni di quel periodo sono finiti rapidamente nel dimenticatoio. Certo, il film è tutt'altro che perfetto, lo svolgimento è approssimativo e molti snodi restano irrisolti, ma resta il tentativo coraggioso di misurarsi con il nuovo, rischiando anche l'insuccesso commerciale. Grandiosi la Cortese e Tofano, bravi tutti gli altri.
MEMORABILE: I titoli di testa e di coda con le riprese ravvicinate degli insetti e un'incredibile accoppiata di aiuto registi: Ivan Della Mea e Carlo Vanzina.
Curioso, ma malriuscito grottesco di Monicelli, che non riesce a far decollare un film senza protagonista (la coralità riuscirà, su tema non troppo dissimile, con Parenti serpenti), imparentato per certi versi con Dieci piccoli indiani. Gustosi gli aspetti di invidie reciproche, grande la Cortese (quando ha il personaggio giusto non sbaglia mai), ma trama che sobbalza male, con un finale incredibilmente sfilacciato, addirittura dimenticando per strada la riapparizione del personaggio di Pino Patti. L'aspetto rivoluzionario è un po' patetico. *½
Grottesco quanto basta e con un pizzico di perfidia e di avidità: questi gli ingredienti del film, girato in una villa strutturalmente fredda e poco accogliente adeguata ad ospitare una sceneggiatura povera e minimalista. Troppa confusione, ma mette le figure determinanti e dominanti in scena. La Cortese è "diabolica" dentro un allestimento funerario surreale e suggestivo. Difficile dare un giudizio; è un film "sui generis, liberatore e contestatore" il cui filo conduttore è la morte. Morte ben travestita da fatalismo e da crudeltà. Muto Lovelock.
Agli italiani il genere "black comedy", a parte qualche eccezione, non è mai venuto bene e questo film, confuso da molti punti di vista, non alza certo la media. Da un regista come Monicelli ci si aspetterebbe qualcosa di più e in effetti qualcosa di buono c'è, per esempio la location insolita, o l'interpretazione di alcuni attori (una grande Valentina Cortese su tutti). Ma i personaggi sono troppi e non tutti ben gestiti, lo svolgimento non imprevedibile e alla lunga tedioso, il sottotesto politico molto, troppo esplicito e oggi datatissimo.
Visivamente siamo alle prese col miglior Monicelli: fotografia squisitamente pop, azzeccate suggestioni ambientali, inquadrature ingegnose, gustoso décor degli interni. Purtroppo il film non riesce comunque a ingranare: umorismo spesso difficilmente decifrabile, tocchi gialli mal gestiti con una scontata base contestataria, lentezze assortite. Il giovane Lovelock e i suoi (unici) dialoghi con la nonna defunta sono forse l'elemento migliore del film. La sufficienza c'è, ma siamo dalle parti dell'occasione sprecata.
Uno dei divertimenti di Monicelli, un film decisamente pop (basti vedere l'oggettistica spesa qua e là) senza attori famosi ma con una sorta di raduno di vecchie glorie (Cortese, Tofano, Capodaglio) contrapposte ai giovani pseudo alternativi. Lo humour nero è molto (troppo?) raffinato, l'idea di fare un film quasi sperimentale girato a quadri non paga affatto e il risultato è uno dei pochi insuccessi di Monicelli. Però qua e là ci sono trovate divertenti, e poi a descrivere (e massacrare) i riti familiari come Monicelli non riesce nessuno, neanche Bellocchio.
MEMORABILE: La flemma di Lovelock, il buono (?) del gruppo.
Inaspettata incursione di Monicelli nel grottesco (poco nota al pubblico ma in sospetto di essere invece ben nota agli addetti ai lavori), che realizza il suo film visivamente più ricercato (grandangoli deformanti, inquadrature dall'alto, montaggio serrato, un set di impianto incredibile). Film imperfetto, sia chiaro, che paga lo scotto della politicizzazione totale del suo tempo (i riferimenti al libretto rosso di Mao) e di un umorismo macabro assai più elitario e meno immediato di quello che sarà di Parenti serpenti (dalla tematica simile). Eppure magnetico.
MEMORABILE: Le surreali conversazioni telepatiche fra il nipote hippy (Lovelock) e la nonna morta, sottotitolate allo spettatore.
Mario Monicelli, ottimo regista di commedie, si mostra abile anche nel grottesco realizzando un film piacevole, surreale e con un chiaro richiamo ai "Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie. Lo stuolo di grandi attori sembra tutto trovarsi a suo agio in questo film bizzarro. Numerose le trovate divertenti, ma il prete che va avanti a citazioni forse è la migliore. Monicelli ha senz'altro fatto film migliori, ma anche questo ha il suo perché e il suo valore e merita di essere considerato. Belli i titoli di testa con gli insetti, chiaro riferimento alla famiglia protagonista. Buono.
Mario Monicelli HA DIRETTO ANCHE...
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DiscussioneReeves • 20/09/20 20:47 Contratto a progetto - 789 interventi
E' la prima esperienza di aiuto regista per Carlo Vanzina