Taeter city, città dispotica orwelliana di un futuro prossimo venturo, dove il crimine è messo al bando in maniera tanto "semplice" quanto risolutiva.
Grazie a delle apparecchiature situate su una specie di centrale, il cervello di qualsiasi tipo di criminale viene "compromesso" da degli impulsi che lo obbligano a suicidarsi (nelle maniere più truci) e la sua carne servita (in tutte le salse) in una catena di fast food antropofagi, chiamati "Burger taeter", visto che la carne degli animali è severamente bandita è nociva per l'uomo, pena , per chi ne consuma, la morte immediata (ovviamente nel modo più splatter).
Ma le onde di questi "reattori" producono inaspettatamente degli effetti collaterali mutanti su alcuni criminali, come nel caso di Trevor Covalsky (Giulio De Santi), che sfuggono al controllo, dando il via a un parapiglia sanguinoso e inarrestabile.
De Santi omaggia la sf ottantiana, infilandoci gli spot alla
Robocop, le maschere di
Brazil, le operazioni autochirurgiche di
Terminator, i parassiti cronenberghiani, la distopia di
Orwell 1984, gli esecutori del martiniano
2019, le derive anime di
Akira, le esageriazioni gorefeast di certi prodotti Troma e amplificando a dismisura il cannibalismo di
2022 i sopravvissuti (quindi lambendo anche la fanta 70).
Trovate geniali e simpatiche (visto anche la restritezza del budget Necrostorm) come quella del cagnaccio mutante e del fattore che consuma carne animale (per la nuova società un "pervertito" da eliminare) e momenti che sottolineano il talento visivo di De Santi.
Su tutti: lo "zombi" che và al bagno del supermercato (non viene risparmiato l'accostamento consumistico romeriano di
Zombi) e si taglia le dita sul lavandino; la voce femminile del "grande fratello" che riecheggia tra i palazzi della città, la bava acida (alla
Alien) che corrode, la mostruosa e possente figura di Trevor, umanoide deforme con urlo distruttivo alla
L'australiano, con apertura cronenberghiana "vaginale" all'altezza dello stomaco, le fasi devastanti del cancro facciale, la cloaca all'aperto zeppa di mosche e resti umani, l'operazione (o meglio, la vivisezione) a mente viva con il sondino che perfora il fegato di Trevor, i quarti di bue umani appesi in una specie di macelleria.
Ma poi, come marchio di fabbrica desantiano e della Necrostorm, il film svacca in ultramegasplatterate cartoonesche e videoludiche, dove l'eccesso e il grottesco la fanno da padroni.
Quindi via a infinite e tremende esplosioni corporee, a teste spappolate e facce devastate, a arti amputati che svolazzano in geyser di sangue con motoseghe all'opera, toraci aperti e perforati in tutte le maniere, sanguinossimi suicidi di massa, crani "gommosi" spatasciati a scarpate, sparatutto e fontane ematiche, occhi cavati, corpi carbonizzati ancora in vita, e melting a profusione tra poltiglie e ammassi "blobbosi" carnosi semivivineti e sanguinolenti, con aggiunta di mostri umani e pseudozombi.
E come al solito il troppo stroppia, e il divertimento iniziale si trasfroma subito in assuefazione e noia.
Qualche effetto in CG e i gustosi SXF dell'ottimo David Borg Lopez, nel pieno stile delle prime splatterfeast peterjacksoniane.
Le idee ci sono quà e là, come anche delle risoluzioni trashosissime (l'agente femminile Razor, usa una specie di micidiale raggio laser, che le esce dai guanti, per fare a tocchetti i criminali, le uscite delle moto, Travor che ruba una camion è fa un macello schiacciando, spiaccicando e maciullando i corpi delle guardie sotto le ruote, il mefistofelico Caronte che lancia la macabra pubblicità antropofaga, gli inserimenti animati) in una sarabanda di frattaglie e grottesche detonazioni umane che invadono lo schermo.
Il sangue e le budella deflagrano smoderatamente in ogni dove, in mezzo a saluti romani e ad una larvata (quanto risibile) denuncia sociale.
Hotel inferno continua a essere la miglior uscita di De Santi (anche quì c'è un hotel orientale, teatro del massacro finale), che, comunque, al di là dei limiti e dello sproporzionato (e inoffensivo) altissimo tasso gore da videogame, rimane un autore personalissimo, eccentrico, coraggioso e "isolato" nel panorama dell'underground di genere italico.
Sui titoli di coda De Santi ringrazia (oltre ai suoi familiari e il fratello Emanuele):
Takashi Miike
Takeshi Kitano
John Carpenter
Paul Verhoeven
Peter Jackson
Mica bruscolette...