Il film - come prevedibile - è inferiore alla statura del personaggio. Veltroni riesce ad evitare la trappola della santificazione e dell'agiografia, coglie qualche aspetto interessante e svolge in maniera diligente la sua corretta lezione di storia. Tutto questo senza nulla aggiungere. Forse, francamente, era difficile fare di meglio, perché le cose salienti sono quelle che non vanno neppure commentate, come il famoso strappo moscovita o lo straziante finale del discorso patavino. Ovviamente si vede Almirante che esce dalle Botteghe Oscure, lodando onestà e coerenza del rivale politico.
Un documentario è un documentario! Ma qui più che altro siamo alla presenza di un pot-pourri di filmati di repertorio, il più delle volte estemporanei, che non hanno nemmeno una sequenza logica che possa tracciare un filo conduttore ben definito. Veltroni più che fare il regista - e come potrebbe?! - fa semplicemente il montatore di immagini scegliendone la sequenza secondo i suoi gusti. E così si passa, come se niente fosse, da immagini di un comizio di Lama ad altre di Moro tratte forse da un TG dell'epoca. Decisamente pessimo.
Ricchezza di contenuti per quantità e qualità per descrivere al meglio il lato umanista del politico. Interventi di spicco quali Gorbaciof e Napolitano e immagini di repertorio precise a descrivere gli umori del periodo. Veltroni ce la mette tutta per rovinare l’insieme tra sviolinate e autocitazioni come a voler far parte dello stesso quadro. Anche qualche sforbiciata avrebbe giovato. Un documento che ai più giovani può servire come una rinfrescata.
MEMORABILE: P.zza Loggia; Via Fani; La faccia di Biagi quando parla Sindona; In antitesi il pugno chiuso della vecchina ai funerali e quello di Giuliano Ferrara.
Un collage di momenti nella vita politica e sociale del leader politico sardo. Immagini abbastanza note inframmezzate da testimonianze attuali che ricordano l'uomo, alcune interessanti altre troppo pompate. I momenti salienti sono lo strappo moscovita e il drammatico comizio patavino. Mi aspettavo qualcosa di più interessante, vista la grande enfasi veltroniana.
Difficile dare un giudizio a un documentario, il documentario per definizione è una raccolta di documenti. La chiave di lettura e valutazione non può essere quella di un film. Resta il fatto che Veltroni vuole dare un'idea del Berlinguer uomo ancora prima che politico e ci riesce in maniera egregia senza scadere nel banale. Uno sguardo sull'Italia che fu, che avrebbe potuto essere e su quella che non è. Da far vedere ai giovani di oggi.
Un Walter Veltroni inaspettatamente regista (almeno per me) dirige un documentario sulla vita di uno degli uomini politici più famosi del Novecento italiano, il tutto attraverso immagini di repertorio e interviste a chi lo ha conosciuto e "vissuto". Un documentario non male, da guardare lasciando da parte le idee politiche, con il solo obiettivo di farsi una cultura riguardo a problemi che ciclicamente ritornano nelle società moderne.
Walter Veltroni realizza questo documentario dedicato al leader del partito comunista Berlinguer e lo fa in modo piuttosto sobrio e asciutto, senza cadere troppo nella ruffianeria. Tante immagini di repertorio dove spiccano le concitate e drammatiche immagini del malore che stroncò la vita a Berlinguer; curiose le interviste (e le risposte) ai ragazzi d'oggi. Il tutto si segue abbastanza bene.
L’omaggio alla grande scaltrezza politica di Berlinguer da parte di un suo discepolo (o fan che dir si voglia). La cosa finisce qui, giacché l’operazione-nostalgia ci rifila il concetto dei giovani che non sanno chi sia il leader del PCI morto nell’84; ecco dunque che Veltroni glielo spiega attraverso delle immagini di repertorio e lagnose interviste (le lacrime di Napolitano). Al termine l’irriverente - e per certi versi scandaloso - giudizio su Occhetto, considerato come colui che ha annientato il Partito. Si poteva e doveva fare di meglio.
Nei momenti maggiori di degrado politico è utile ricordare la statura morale e lo spessore intellettuale di un uomo di un passato non tanto lontano. Veltroni si improvvisa regista e riesce tutto sommato a portare a casa un risultato non disprezzabile grazie alla mole di materiale d'archivio a disposizione, con sequenze indiscutibilmente toccanti. Si tratta infatti di un film "di montaggio", che poco fa trasparire della personalità dell'autore e mostra alcuni limiti nella scelta di alcuni personaggi che portano la propria testimonianza.
Raccontare la figura di Berlinguer e, di riflesso, il ruolo del PCI negli anni della sua dirigenza, richiede una notevole documentazione e un forte senso critico. Proprio quest'ultimo manca a Veltroni regista, col risultato di far cadere il documentario nell'oleografia: un'accozzaglia di filmati di repertorio, interviste e considerazioni che vorrebbero essere profonde ma si rivelano schematiche (Berlinguer santo laico, i comunisti dell'est antiquati e maligni) o banali (il rapporto con Almirante, il caso Moro). Nulla di nuovo.
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