Dopo aver concluso la tradizionale rassegna estiva dedicata, quest'anno, al periodo irripetibile della "Golden age" del porno americano (con venti titoli più o meno rappresentativi e assolutamente non davinottabili), in coda, era quasi naturale, metterci un film che raccontasse il "dietro le quinte" (
Boogie nights sarebbe stato l'ideale, ma
Boogie nights l'abbiamo visto tutti) di un mondo non poi tanto dissimile dal cinema "mainstream".
I tempi, però, sono assai cambiati e l'hard viaggia sul web (e le future pornostar postano su Istagram o Tinder, tra commenti poco delicati dei "fan" o attributi, non richiesti, mandati via messenger) e sono finiti i tempi delle Annette Haven, delle Veroniche Hart, delle Giorgine Spelvin, delle Jessie St. James (vera e propria Faye Dunaway del porno) e delle Samanthe Fox (che hanno allietato, anche con dei veri e propri gioiellini, l'Agosto che stà per concludersi),
Visto il cambiamento radicale che ha avuto il porno negli ultimi quarant'anni, forse
Pleasure era il meno indicato (come scritto sopra
Boogie nights era l'ideale pietra tombale, ma
Boogie nights lo abbiamo visto tutti), ma che comunque ha gli stessi meccanismi (cambiano i formati ma non la sostanza) dell'industria dell'hardcore degli anni 70 (anche se non si accenna a droga, mafia e prostituzione).
La Thyberg non è che scopra la corrente elettrica (il mondo del porno fa schifo, così un pò come tutto l'universo dello spettacolo), non ha il coraggio di andare fino in fondo (qualche pene eretto per dare un pò di scandalo, ma gli amplessi sui set sono tutti rigorosamente soft), mettendo in luce il lato femminista (l'uso e abuso del corpo della donna) e femminile (l'amicizia, tradita, tra colleghe che vivono nella stessa casa) con stoccata alla
Eva contro Eva in versione Brazzers (Bella vuole entrare nella scintillante scuderia di Mike Spiegler e scalare il successo, attratta morbosamente dalla diva numero uno, Ava, di cui non riesce a ingraziarsi l'amicizia per via dello snobismo della "diva", che la umilierà su un set durante una scena lesbo, scatenando in Bella i crismi vendicativi previo strap-on).
La Ninja è schifata, ma allo stesso tempo attratta, dal mondo che racconta in tono quasi documentaristico (gran parte del cast è composto da veri professionisti del settore, come il figlio di Lasse Braun, la bellissima attrice hard Evelyn Claire, lo stallone John Strong, e il produttore Mike Spiegler) come lo è la sua "eroina" (un'intensissima Sofia Kappel, nuova Valeria Marini che si destreggia tra drammi esistenziali e pose oscene alla Valentina Nappi) e viene posseduta da refnismo (il glamour di
Neon demon) e vontreierismo (la doppia penetrazione con i due attori di colore alla
Nymphomaniac seconda parte, che nel dolore della congiunzione double, si vede riflessa nell'azzurro del cielo), bazzica i set dei film porno dove era già passata la madamoiselle Breillat di
Sex is comedy, e si divide tra crucci esistenziali, party dove sono presenti quelli che contano, goliardate tra amiche (non manca, letteralmente, il rutto libero), dentro e fuori dai set e festival del porno.
Non esente da momenti spietati (sul set del porno-rape-estremo, tra sberloni, sputi in faccia, brutali fisting orali, umiliazioni sessuali, pianti e consolazioni, per passare al rigger e al video BDSM diretto da una donna), tra selfie allo sperma, clisteri e lavande vaginali per prepararsi alle scene più "strong", fino a piccole ritorsioni, minacce di attori porno dalla lesa maestà e colpi bassi per arrivare alla vetta.
Non racconta nulla di nuovo la Ninja che vien dalla scandinavia, e il dietro le quinte non è poi dissimile dai documentari che
Cielo manda in onda sul mondo del porno e, naturalmente, non c'è quella nostalgia, quella complicità e quella parvenza di family raccontata da P.T. Anderson nel suo capolavoro.
La regista è fredda, distaccata, con la MDP sempre addosso alla sua Bella Cherry, da quando si alza dal letto la mattina presto, al vestiario, alle agenzie del settore, ai set (anch'essi freddi e distaccati), alla rabbia, alla frustrazione, allo schifo di alcune produzioni, alla gente che gravita attorno a quel mondo (ma non tutti sono dei pezzi di m) fino all'ambizione che fagogita pure l'amicizia (toccante lo scambio di sguardi tra una Bella ormai "arrivata" ma pervasa dal senso di colpa e l'ex amica alla festa).
Ben fatto, comunque, con pezzi di suggestiva sonorità sacrale (e quì von Trier torna in "aiuto"), un certo realismo nella messa in scena e la straordinaria aderenza della Kappel, con almeno un momento di culto: l'attore hard che sul set, per eccitarsi e preparasi alla scena, annusa e bacia i piedini di Bella.
Ormai, al cinema, non scandalizza più l'innesto con scene di sesso esplicite con un pene ben attrezzato in primo piano e schizzi di sperma sul viso, quel che rimane è la meccanicità di un settore non poi lontano da quello della musica o del teatro in questa versione 2.0 da Youporn di
E' nata una stella che si divide tra (finta) provocazione, accusa sullo sfruttamento del corpo femminile (che diventa una contraddizione in termini visto che è Bella stessa ad accettare il sesso "estremo"-e quel che ne consegue- pur di scalare la notorietà. Condanna e, allo stesso tempo, compiacimento all'industria a luci rosse? ) e tipico cinema d'autore tutto uterino. Per tacere su un moralismo da rotocalco che lascia un pò il tempo che trova.
Discreto biglietto da visita per un'autrice che comunque la stoffa ce l'ha, già opzionata (da quel che si legge in giro) per il remake di
Le streghe di Eastwick. Altro giro, altro regalo e il diavolo, come sempre, ci mette lo zampino, perchè, come si sa, il diavolo è femmina.