Rassegna THICK AS A BRICK – Livello 13
Palermo oder Wolfsburg di Werner Schroeter (2 ore 53 minuti)
Entrato in rassegna all'ultimo momento per cause di forza maggiore, un film decisamente bizzarro, almeno quanto bizzarro può suonare un tedesco che gira un film su un siciliano (di Canicattì, non di Palermo) che emigra in Germania, a Wolfsbourg, sede della Wolkswagen. Bizzarro almeno per me, che ancora non avevo sfogliato il curriculum di Schroeter, regista che già in altre occasioni si era dedicato all'Italia del sud.
Tre ore per tre atti come nel
Cacciatore di Cimino, qui introdotti da brevi scene da teatro popolare sulla vita di Cristo, dall'ultima cena alla passione. Abbiamo la vita in Sicilia, la vita in Germania e un'ultima parte di genere differente che non spoilererò ma che mi è parsa nettamente la migliore del film, quella che, per così dire, salva la baracca e dà un senso al tutto. O meglio, sublima nel grottesco il senso un po' ambiguo di tutto il girato fino a quell'ultima macrosequenza. Sì, perché è vero, o almeno pare, che il regista amasse la Sicilia, così come appare chiaro che il Cristo degli intermezzi rappresenti proprio il protagonista (un classico esempio di non-attore con faccia giusta e buona espressività), ma raramente come in questo film l'italiano è apparso tanto ignorante e troglodita (forse giusto nei film di Ciprì e Maresco), nemmeno salvato dai rari flash intellettivi del segmento siciliano (il prete, il musicista e il vecchio) né dal monologo scontato e vittimista del personaggio (quello di Ida de Benedetto, bravissima tra l'altro) unico nostro connazionale che un minimo si allontana dall'età della pietra, mentre l'atteggiamento del protagonista ricorda più la passione di Fantozzi che quella di Cristo. Allo stesso tempo, i tedeschi sono rappresentati come un branco di iene ciniche e opportuniste, dipinti con tocchi di un'esagerazione che è né più né meno proporzionale a quella del ritratto dei primitivi italici.
Questi eccessi, misti ad un'indubbia lentezza narrativa (interminabili sia la preparazione al viaggio che il viaggio) e a qualche sospetto di vittimismo gratuito rendono perplessi e talvolta indispongono, tanto che, arrivati al citato monologo del personaggio italiano (saremo a 2 ore e un quarto di film) forte era la tentazione di scendere sotto i ** voto. Poi qualcosa impazzisce, la vena grottesca esce allo scoperto e il film diventa cupo e allucinato, con varie soluzioni che ricordano certi Fassbinder più o meno di quell'epoca. Poi quel finale astruso ma geniale, che riecheggia con toni ancor più grotteschi quello dell'
Indagine di Petri. Una pellicola dunque sorprendente, indubbiamente pesante, di cui consiglio visione ricordando ancora una volta come il film di dischiuda completamente soltanto nell'ultima parte.
Voto:**!
Peso specifico: **!