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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Ricavato dall'omonimo best-seller di Delia Owens, il film restituisce il fascino degli scenari paludosi della Louisiana (benché nel film ci venga ripetutamente fatto credere siano quelli della Carolina del Nord) preoccupandosi di ricamare sulle immagini e azzeccandone spesso di ottimo effetto, lasciando che il giallo relativo a un delitto che nemmeno sembra potersi con certezza definirsi tale (non c'è prova evidente che la vittima sia stata spinta giù dalla torre-osservatorio e che non sia invece caduta incidentalmente) si faccia strada sullo sfondo. Perché al centro c'è lei, Kya (Edgar-Jones), che tutti conoscono semplicemente come “la ragazza della...Leggi tutto palude”. Vicino a quegli specchi d'acqua ci vive dall'infanzia e, da quando era ancora una bambina, in totale solitudine. Suo padre, violento e dispotico, ha fatti fuggire prima la madre, poi i fratelli e le sorelle. Solo Kya è rimasta con lui, fino a quando l'uomo non è scomparso a sua volta, senza lasciare scritto nulla.

Kya racconta la propria storia, dagli Anni Cinquanta fino alla fine dei Sessanta, quando adolescente incontra due ragazzi che sembrano finalmente non considerarla un'emarginata come quasi tutti in paese, cogliendone l'intima dolcezza: Tate (Smith) è il compagno di giochi cresciuto con lei, l'amore vero, Chase (Dickinson) lo smargiasso ricco e di città. Sarà lui a cadere dalla torre morendo, lui la causa del processo che vede Kya imputata di omicidio: hanno trovato dei fili rossi del suo cappello rosso sul cadavere, e questo basta ad accusarla. Difesa da un anziano avvocato (Milton) che la conosce da tempo, Kya è chiusa in sé, ma una volta messa a suo agio decide di aprirsi raccontando all'uomo come ha vissuto, da quando abitava nella casupola nel verde col padre a quando ha incontrato Chase. Per questo fin da subito capiamo che il centro di gravità unico è lei, una naturalezza sposata a un'attitudine selvaggia garantite da una Edgar Jones perfettamente calatasi nella parte. Sulle sue spalle poggia l'intero film, costruito in modo da interrompere i ricordi di Kya con le diverse fasi del processo lasciando che il dubbio si insinui nella giuria come in noi: è possibile che Kya abbia ucciso? E se non lei chi? Perché?

Lentamente la figure della vittima si fa strada in tutte le sue contraddizioni, nei racconti di Kya, accompagnando la giovane verso un abisso di tristezza difficile da combattere. Si rifugia nel disegno: ritrae la flora e la fauna della palude dimostrando grande conoscenza in materia e competenza nella realizzazione. Al punto che Tate la spinge a contattare qualche casa editrice che possa apprezzare il suo lavoro. Il canovaccio è piuttosto elementare (colpi di scena compresi), ma su questo insiste il desiderio di incantare con le immagini della regista Olivia Newman, che si muove in ambiti raffinati incappando in qualche didascalismo e banalità di troppo. Si punta alla tenerezza quando Kya è ancora una bambina, poi a tratti quasi alle lacrime quando cresciuta sbatte la testa ingenuamente contro chi non la tratta col rispetto che meriterebbe. Le resta l'amicizia di Jumpin' (Macer jr.) e sua moglie (Hyatt), proprietari dell'emporio a cui Kya vende le cozze che pesca e che le si affezionano da subito.

 Il processo procede, le arringhe e gli interrogatori ai teste si susseguono alternati ai flashback (in buona parte relativi ai Sessanta, anni in cui si svolge la vicenda, per poter sfruttare al massimo il talento della Edgar-Jones), che per una volta linearmente descrivono la crescita di Kya. Contemplativo, riflessivo, in alcuni tratti fiacco, il film mantiene tuttavia una grande dignità che segue i canoni del cinema di più ampio consumo dosandone gli ingredienti tipici, puntando a soddisfare il grande pubblico senza osare in nulla, cercando di riempire i cuori e di farci affezionare a Kya sottolineandone la timidezza, l'introversione, la predisposizione a un'esistenza condotta ai confini del mondo "esterno". Una spruzzata di sesso, buoni sentimenti sparsi a piene mani per un film realizzato bene ma poco coraggioso.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 7/09/22 DAL BENEMERITO HERRKINSKI POI DAVINOTTATO IL GIORNO 23/10/22
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Herrkinski 7/09/22 14:28 - 8109 commenti

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Di "ragazze delle paludi" nel cinema americano se ne son viste diverse, da Swamp girl a 'Gator bait; in questo caso la storia si muove a cavallo tra dramma sociale e noir, con momenti sentimentali e altri da legal-thriller. Un film dalla struttura a flashback ambientato negli anni '50 e '60 che riesce a mantenere alta l'attenzione, nonostante qualche buonismo/clichè e un twist finale forse discutibile; le location tra i bayou della Louisiana sono sempre suggestive, la ricostruzione storica discreta e il cast decoroso. Un po' troppo lungo ma nel complesso una visione la può meritare.

Markus 23/10/22 12:59 - 3687 commenti

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Delitto in laguna tra acquitrini, uccelli di varie specie e piante dall'aria un po' selvaggia alla Frogs. Il racconto dal quale il film è tratto viene così sviscerato attraverso la buona interpretazione di Daisy Edgar-Jones, trasportando lo spettatore nella umida Louisiana degli Anni '60. Un quadro suggestivo e ben confezionato per un film che non lascia però troppo il segno, anche se nel complesso degnissimo di visione. Il messaggio "subliminale", volendo guardare, non è però troppo felice.

Kinodrop 5/11/22 19:45 - 2948 commenti

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Il ritrovamento del cadavere di un ragazzo ai margini della grande palude innesca uno scialbo noir sulla colpevolezza di una ragazza solitaria e ai margini della comunità. Ne viene fuori un ritratto psicologico di una vita difficile, con famiglia disastrata, isolamento e fortuiti legami che concentra tutti i luoghi comuni sentimentali e pseudo-sociologici su un processo di emancipazione fatto apposta per un target facilmente emozionabile, dato il tasso di melassa (anche ambientale) che avvolge la vicenda di Kya, da bambina abbandonata a illustratrice di successo. Approssimativo.

Daniela 12/12/22 01:54 - 12660 commenti

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Cresciuta in solitudine ed emarginata dalla comunità, la "ragazza della palude" finisce sotto accusa per la morte forse accidentale del rampollo di una ricca famiglia con il quale aveva avuto una relazione... Uno di quei film in cui la cornice vale più del quadro: l'ambientazione è affascinante ma la trama gialla è debole, i flashback sulla povera bimba abbandonata suonano ricattatori, la parte processuale risulta noiosa nonostante la presenza suadente di Strathaim come avvocato difensore, gli intrecci amorosi si sviluppano in modo banale, la ost non aiuta ad evitare il tedio.

Galbo 16/04/23 08:38 - 12392 commenti

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Tra thriller e dramma esistenziale, un film tratto da un celebre best seller che punta le sue carte su una lussureggiante ambientazione - con riprese davvero eccellenti e una resa visiva complessivamente ottima - e sulla figura del personaggio principale, ben caratterizzato e più ricco di sfumature rispetto alle attese, con una buona prova dell’attrice protagonista. La storia è abbastanza intrigante, anche se mostra qualche cedimento nel ritmo nella parte centrale. Buono il finale.

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